L’ULTIMA BOUTADE CAMPATA IN ARIA DEL VIMINALE: RICHIESTE D’ASILO SULLE NAVI STRANIERE
L’ESPERTO: “PROPOSTA IRREALIZZABILE, LE RICHIESTE DI ASILO DEVONO ESSERE RACCOLTE DA PREFETTURE E QUESTURE” … “AGGIRA IL TRATTATO DI DUBLINO, NESSUN PAESE ACCETTEREBBE”
“Un’opzione percorribile ma non ancora valutata”. Così dal Viminale rispondono alle richieste di chiarimento dopo le indiscrezioni diffuse da Repubblica secondo le quali il nuovo ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sta valutando la possibilità di spingere migranti e operatori a bordo delle navi delle ong a favorire le domande di protezione internazionale già a bordo delle imbarcazioni.
In questo modo, la pratica verrebbe avviata formalmente sul territorio dello Stato di bandiera delle navi, alleggerendo il flusso di domande in arrivo nei Paesi costieri, come l’Italia, che così potrebbero offrire i loro porti per uno sbarco rapido e il trasferimento nei Paesi coinvolti. Un’ipotesi, mentre si aggrava la situazione dei naufraghi a bordo delle tre navi al largo delle coste italiane, che aggirerebbe i Trattati di Dublino, penalizzanti per i Paesi di primo approdo, su tutti Italia, Grecia, Malta e Spagna.
Ma secondo l’avvocato Guido Savio, esperto di diritto delle migrazioni e membro dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), “si tratta di una boutade politica perché richiederebbe modifiche delle normative interne dei singoli Stati membri”.
“Mi sento di dire che si tratterebbe più di un’operazione politica con l’obiettivo di lanciare un messaggio forte all’Europa, ma difficilmente realizzabile. La reputo un’idea campata in aria“.
Questo perché, spiega, “è vero che la richiesta è valida dal momento in cui si entra nel territorio di uno Stato estero, ma per renderla effettiva è necessario che venga raccolta da uffici o personale preposto, come Questure, Prefetture o almeno personale di polizia o di organizzazioni internazionali delegate. Ma non credo, viste le posizioni espresse a Bruxelles, che la Germania o altri Paesi abbiano intenzione di fare concessioni di questo tipo”.
Come spiega l’avvocato dell’associazione che ha assistito numerosi casi di richiedenti asilo in Italia, esistono diversi cavilli legali per cui è complicato rendere questa pratica strutturale: “Sarebbero necessarie modifiche alle normative interne dei singoli Paesi – continua – Se bastasse mettere piede su territorio straniero per formalizzare una richiesta di protezione internazionale, non sarebbe necessario intraprendere un viaggio pericoloso e costoso come quello verso la Libia o la Tunisia. Basterebbe recarsi in un consolato o ambasciata straniera e fare richiesta. Ma non è una procedura contemplata, se non in casi eccezionali”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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