L’ULTIMO NATALE DEI MILITARI ITALIANI IN AFGHANISTAN: “VOGLIAMO LASCIARE IL PAESE SENZA BOMBE”
L’ITALIA HA COSTRUITO SCUOLE, PONTI E STRADE
Herat. “Voglio bene a chi gli arriva”. Così recita la scritta su un piccolo alberello di cartoncino che addobba un pino ben più grande, in un angolo della sala intitolata al centocinquantenario della Repubblica su Piazza Italia all’interno della base italiana di Herat in Afghanistan.
Può dunque star certa la piccola Giuliana, che il suo messaggio di affetto è arrivato forte a chiaro. Insieme a quello dei suoi compagni di una scuola elementare di Catania che per il Natale hanno realizzato degli addobbi natalizi inviati poi ai militari italiani impegnati in Afghanistan.
Il messaggio della bimba insieme a pochi altri simboli del Natale aiuta a rompere la monotonia delle mimetiche dei soldati di stanza a Camp Arena, sede del Regional Command West di Isaf, il centro di comando del contingente italiano nel Paese asiatico.
In molti altri uffici della base sono stati anche realizzati dei piccoli presepi, perchè la Natività venisse comunque celebrata.
Qualcosa per sentirsi vicini alle famiglie che in Italia attendono il rientro dei propri cari. Sono forse i parenti in patria, dicono in molti, a soffrire di più l’assenza. Ma tanti dei militari impegnati sono veterani le cui famiglie, conoscono bene l’impegno e i doveri.
Il fatto di poter essere in collegamento con le famiglie con gran facilità , grazie a internet, rende meno dura la vita e il trascorrere dei giorni
Nell’ultimo Natale di impegno delle forze armate italiane in questa terra dunque non c’è tristezza. È raro incontrare qualcuno che si lamenti di non poter essere a casa, pur se con dispiacere. Niente drammi. Solidarietà , un senso di coesione sorprendente e tanta dedizione professionale, bastano a sconfiggere la malinconia.
Il lavoro in quelli che sono gli ultimi mesi della complessa missione che impegna gli oltre 2000 militari del contingente italiano, va avanti infatti alacremente, nonostante il Natale. Tutte le attività proseguono e sono pochissime le modifiche alla vita di tutti i giorni.
Piccole concessioni al protocollo sono state adattate alla presenza delle autorità che hanno voluto manifestare la propria vicinanza ai militari.
Nella base di Shindand, ultima base avanzata del contingente dopo la chiusura graduale di tutti gli altri avamposti, in occasione della visita del ministro della Difesa Mario Mauro e del capo di stato maggiore della difesa Luigi Binelli Mantelli, al normale pranzo, si è aggiunto un buffet di auguri.
La cena del 24 a Herat è stata ritardata di una mezz’ora, seguita dalla Santa Messa, nel tentativo di far partecipare il maggior numero di militari al brindisi finale. Tutto in estrema sobrietà come lo scenario di un teatro di operazione militare impone.
Oltre questi piccoli momenti , per il resto le giornate seguono il loro normale corso.
Sono gli impegni, spesso, a distogliere i soldati dal pensiero del passare distanti dalla famiglia. In particolare quelle attività utili più che mai adesso, a pochissimi mesi dal ritiro completo delle truppe, a lasciare il segno tangibile nel Paese e qualcosa di concreto e utile alla popolazione afghana.
Prima di tutto liberare il territorio dagli ordigni improvvisati, marca dell’azione degli insurgens contro le forze internazionali, ma anche un enorme rischio per i civili, in particolare i bambini.
E poi le attività del Prt, Provincial Reconstrucion Team, che destina fondi italiani e aiuti tecnici alle amministrazioni locali, con le quali stabilisce le priorità di intervento per cercare di offrire un contributo utile, ottimizzando al massimo ed evitando sprechi.
Sul primo fronte sono impegnati in questo periodo e fino a fine missione i militari del quarto reggimento genio guastatori di Palermo al comando del colonnello Bruno Pisciotta.
Il loro lavoro quotidiano è orientato in particolare alla ricerca e disinnesco degli esplosivi e alla bonifica di aree delicate. In particolare le strade più frequentate sia dalle truppe internazionali che dai civili come la Highway 1.
L’attività del genio nello scenario afgano ha visto crescere gli specialisti nella preparazione tecnica, e grazie alla cautela e alle capacità riconosciute agli italiani a livello internazionale, sono numerosissimi gli attentati sventato.
Sul secondo fronte sono gli uomini del colonnello Vincenzo Grasso a gestire le complesse attività di raccordo con le autorità politiche afgane, a Natale e fino a fine missione. In questi mesi il lavoro del Prt non rallenta neanche di fronte alla stretta sui fondi e al minor numero di uomini impiegati.
Pur non essendo una festività riconosciuta in Afghanistan, chi dal Prt ha ricevuto un regalo, sono stati i circa 1200 bambini di una scuola di Herat che, prima degli interventi italiani facevano lezione all’interno di tende montate all’interno del piazzale dell’istituto, e che ora potranno imparare in una vera aula.
Ma tra i lavori in via di ultimazione ci sono anche un’altra scuola, che sarà intitolata a Maria Grazia Cutuli, un centro disabili e un centro per l’assistenza ai tossicodipendenti. Oltre a pozzi, ponti, strade e piccoli altri interventi.
È grazie a tutto questo che l’Italia, con enorme dispendio di risorse economiche e energie umane può dire di aver fatto la sua parte davanti alla comunità internazionale per migliorare le sorti di un Paese come l’Afghanistan.
È forse il popolo afgano quello che più di tutti merita un augurio in questi giorni di Natale.
Quello di potersi risollevarsi, lasciandosi alle spalle diversi decenni di guerra e un’arretratezza che ancora ne condiziona la rinascita.
(da “Huffingtonpost”)
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