MUTANDE VERDI, LA SEGRETARIA SMENTISCE COTA
IL VERBALE: “ERA IL GOVERNATORE A DECIDERE COSA FARSI RIMBORSARE”
Non lo fa nemmeno nello studio dell’avvocato Domenico Aiello che la incontra due volte nel corso delle indagini difensive per scagionare il suo cliente: «Generalmente il presidente esclude ogni spesa priva di destinazione istituzionale. Non disponendo di molto tempo, appone prima una croce o un “no” sugli scontrini e le ricevute non rimborsabili, quali spese personali. Così facendo indica chiaramente all’ufficio l’esclusione del relativo costo».
Sembra dire quindi che tutto ciò che è poi finito nella lista dei rimborsi contestati dalla Procura, abbia prima passato il vaglio del presidente Cota.
E che i margini di errore quindi per lei erano pochi.
Il governatore piemontese ieri è tornato sull’argomento: «Si è ironizzato ingiustamente su spese, tipo i boxer verdi, che ho già rimborsato. Ma io in realtà ho ridotto i costi della politica».
Proprio lui che aveva detto ai pm «non posso restare Presidente con l’ombra di un avviso di garanzia », ora ribadisce che non ha alcuna intenzione di dimettersi: «Vado avanti fino al 2015».
E rimarca «Ho fatto spese solo per attività politica».
Gli errori non li ha commessi lui, e in ogni caso Cota ha già rimborsato.
Ma intanto la procura ha chiuso le indagini contestandogli ancora quegli scontrini “sbagliati”: 25 mila euro di peculato.
Davanti alla Guardia di Finanza, Michela Carossa non ammette di essersi sbagliata. Si limita a ricostruire le procedure. Anche adesso, a mesi di distanza dall’ultimo interrogatorio, non si scusa.
«Adesso non ho niente da dire: chi deve intervenire, interverrà – commenta al telefono con Repubblica – Sono a casa in maternità . Con la mia bambina. È un’esperienza importante e purtroppo la sto vivendo così, con tutta questa pressione. Cerco però di essere il più serena possibile per il suo bene».
Non entra nel merito delle ricevute su cui il presidente dice di aver scritto “privato”, nè delle spese, come quelle in Liguria, dove i suoi genitori hanno una casa e che Cota le attribuisce durante gli interrogatori.
Michela è la figlia del capogruppo della Lega nord in Consiglio regionale Mario Carossa, ed era finita già agli onori delle cronache per Parentopoli, quando si fece il conto di quanti tra figli, nipoti e “fidanzati di” lavoravano alle dipendenze dei politici. Le parentele illustri però in questo caso non l’hanno “protetta”.
«Io davo gli scontrini alla mia segretaria – ha infatti detto Cota ai pm – lei li confrontava con la mia agenda e scartava le spese che non avevano a che fare con la mia attività politica. È capitato che mi dicesse di non aver trovato riscontro tra l’agenda e lo scontrino. Io ho sempre detto, in tal caso, di scartare la spesa».
Se poi non l’ha fatto, «è stato un errore ».
Anche se Cota ha spiegato ai magistrati Enrica Gabetta, Giancarlo Avenati Bassi e Andrea Beconi, che «gli errori sono stati pochissimi».
E tra questi ha inserito il dvd Fair Game, i famosi boxer da spiaggia color kiwi, la valigia della Samsonite, e il gelato in riva al mare.
«Ho già restituito le somme» si è giustificato. Circa 2 mila euro, in tutto. Ma alla procura non è bastato, e così il governatore resta indagato.
La segretaria è stata interrogata a gennaio: «Il presidente mi consegnava una cartellina con tutta la documentazione delle sue spese, senza distinzione. Io facevo una prima cernita, togliendo le ricevute relative a spese palesemente non attinenti all’attività istituzionale – e fa l’esempio della farmacia – e non riconducibili all’agenda».
Nel plico finivano anche gli omaggi istituzionali: «Perchè eravamo noi – ha spiegato la Carossa – a occuparci di questi acquisti per il presidente, come la cravatta per il sindaco o la cornice per l’ambasciatore».
La segretaria portava poi tutto al gruppo regionale. E tornava indietro con i contanti per il presidente.
Maria Chiara Giacosa e Sarah Martinenghi
(da “La Repubblica“)
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