‘NDRANGHETA, MAXI RETATA FRA TRENTO E REGGIO CALABRIA: IN MANETTE ANCHE EX ASSESSORE COMUNALE DI AN
19 ARRESTI PER GLI UOMINI DEL CLAN SERRAINO
Da Cardeto, piccolo centro pre-aspromontano della periferia di Reggio Calabria, gli uomini del clan Serraino avevano messo le mani su Trento e stavano estendendo il proprio potere a tutta la regione.
Per questo motivo questa mattina all’alba 19 persone, tutte a vario ritenute affiliate o vicine alla costola del clan che da tempo si era radicata a Lona Lases in Trentino, sono state arrestate a Trento dai carabinieri del Ros, mentre a Reggio Calabria, per ordine della procura antimafia diretta da Giovanni Bombardieri, 5 persone sono state fermate con l’accusa di associazione mafiosa.
Fra loro, c’è anche l’ex assessore e consigliere comunale Sebastiano Vecchio. Di professione poliziotto, attualmente sospeso dal servizio per motivi disciplinari, per lungo tempo ha preferito la politica alla divisa.
Consigliere comunale, quindi assessore dell’ex sindaco di An, Giuseppe Scopelliti, secondo le accuse Vecchio nelle istituzioni rispondeva ad un unico padrone, i Serraino.
Lo hanno svelato le indagini, confermando le dichiarazioni di otto diversi collaboratori di giustizia, che non hanno avuto dubbio alcuno nell’identificarlo come referente politico del clan. “L’abbiamo fatto salire noi, lui è salito grazie a noi” spiega il pentito Vittorio Fregona, che tanto impegno dei Serraino lo riconduce ad un unico obiettivo: “C’era il discorso di mangiare”.
Cioè approfittare della politica e degli appalti, finanziamenti, lavori e assunzioni che un uomo di fiducia infiltrato nelle istituzioni avrebbe potuto procurare.
Ma non era l’unico servizio che, secondo gli inquirenti, il poliziotto prestato alla politica offriva al clan.
Più volte avrebbe aiutato boss e gregari latitanti dei Serraino a sottrarsi a indagini o catture e si sarebbe perfino prestato a fare da prestanome delle attività commerciali dei clan.
In più, all’epoca Vecchio vestiva la divisa, era in servizio a Reggio Calabria, aveva accesso a fascicoli e informative, sapeva di indagini e accertamenti in corso. E secondo gli inquirenti metteva sull’avviso il clan, a cui era legato da rapporti strettissimi che non ha mai esitato a mostrare.
A dispetto del ruolo istituzionale e professionale, l’allora assessore comunale Vecchio si è presentato al funerale di don Mico Serraino, boss dell’omonima famiglia e fratello del “re della montagna” Francesco, per lungo tempo detenuto al 41bis.
“Non sfugga quale simbolica rilevanza possa assumere un simile gesto — sottolineano i magistrati Sara Amerio, Stefano Musolino e Walter Ignazzitto nel fermo – esso vale, coram populo, quale espressione di un legame indissolubile, tanto forte da prevalere persino sul rischio di un probabile coinvolgimento nel monitoraggio”.
Motivo di vanto per il clan, la sua presenza a quel funerale, vietato in forma pubblica e solenne dal questore, per gli inquirenti ha rappresentato anche “una sfida, ancora più sferzante e plateale, da parte di chi, pur di omaggiare il boss deceduto, si mostrava indifferente al provvedimento della massima autorità locale di pubblica sicurezza”.
Ma anche a Trento, gli uomini del clan Serraino erano stati in grado di attrarre nella propria tela politici e rappresentanti istituzionali. Fra gli indagati, ma non destinatari di misure cautelari, ci sono anche l’ex parlamentare autonomista Mauro Ottobre, che nel 2018 si era candidato a presidente della Provincia (mancando però l’elezione) con il movimento Autonomia dinamica, l’ex sindaco di Frassilongo Bruno Groff, e Roberto Dalmonego eletto sindaco di Lona Lases nel 2018. Ai domiciliari invece è finito l’appuntato dei carabinieri Fabrizio De Santis, accusato di essersi messo stabilmente a disposizione della costola trentina del clan, che da Nord stava estendendo i propri interessi anche nella Capitale, dove lui era in servizio.
A capi e sodali, spesso avrebbe fornito informazioni su operazioni delle forze dell’ordine in corso, situazioni giudiziarie di amici e non, “servendosi abusivamente delle banche dati delle forze di polizia”. In cambio, sempre secondo gli investigatori, De Santis sarebbe stato ricompensato anche con un lavoro in nero alle dipendenze di una delle imprese controllate dai Serraino.
(da agenzie)
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