NEL FEUDO DEI LA RUSSA A ZOAGLI: “QUI LE VACANZE NELLE VILLE PRESE ALL’ASTA”
L’ULTIMO ACQUISTO PER LA FAMIGLIA L’HA FATTO GERONIMO
Giornali e caffè in piazzetta, i limoni da raccogliere nel giardino di casa, il profilo del Monte di Portofino a fare da quinta sul mare. Anche in queste settimane di burrasca, passate tra Roma e Milano a seguire i passi dell’inchiesta sul presunto caso di stupro di cui è accusato Leonardo Apache, il terzogenito e più giovane della dinastia, per la famiglia La Russa la piccola Zoagli parrebbe essere rimasta il rifugio dorato di sempre.
Il presidente del Senato ha passato qui lo scorso weekend, «di sicuro — c’è chi garantisce in paese — tornerà per il prossimo». Questo porto sicuro di riviera, meta delle vacanze di altri villeggianti illustri, il sindaco di Milano Beppe Sala tra i tanti, per il clan La Russa rischia però di trasformarsi in paradiso sfiorito.
Con l’inchiesta milanese a fare più ingombrante la famiglia, e i rapporti con la nuova amministrazione comunale a rendere il borgo un po’ meno ospitale. Niente politica di mezzo, però: in ballo ci sarebbe più che altro una vecchia questione di appartamenti e immobili in vendita, che non lo sono più.
Tremila anime che in estate neanche raddoppiano, Zoagli fa da placido buen ritiro della famiglia della seconda carica dello Stato da quasi sessant’anni. Dalla mattonata che sale dalla piazza del municipio sono passate tre generazioni di La Russa: i genitori di Ignazio ci portavano i figli in albergo, oggi “tengono casa” in tre, lui in particolare ne ha fatto un quartier generale per i tempi di ferie e non solo.
Non è un caso, del resto, se un amico fraterno come Augusto Sartori, fedelissimo dai tempi del Fronte della gioventù a Milano e ristoratore di successo a Santa Margherita, a due passi da qui, è diventato il nuovo assessore al Turismo della Regione Liguria. Al governatore Giovanni Toti, si sa in Fdi, «la telefonata è arrivata dal presidente». Del paese, si dice, «La Russa ha fatto un feudo». Un piccolo regno da colonizzare, anche acquistando appartamenti per sistemare una famiglia che nel frattempo si è allargata. E sfruttando, in passato è successo, i buoni rapporti con i sindaci amici.
A far mormorare il paese, anche in questi giorni quasi più della brutta storia che ha coinvolto «il piccolo di famiglia, che qua noi abbiamo visto più che altro bambino» — si sente raccontare di Leonardo al mercato comunale, dove l’imbarazzo per la vicenda si misura in tutte le domande evitate sul tema — è infatti ancora l’ultimo investimento della famiglia, risalente a quasi quattro anni fa.
Un appartamento di cento metri quadrati circa all’ultimo piano di un’antica villetta sulla spiaggia del paese, acquistato dal primogenito Geronimo dal Comune per poco più di 330mila euro. Una cessione tramite asta pubblica, certificata da tutte le perizie tecniche del caso, che però l’attuale vicesindaco Cesare Macciò definisce «quantomeno un ottimo prezzo, se non un regalo, per una casa con la vista più bella della riviera». Un regalo del vecchio sindaco di centrodestra, l’allora primo cittadino Franco Rocca, dicono i maligni. E forse, non l’unico a rientrare tra le ambizioni della famiglia.
A fare gola a molti, a Zoagli, da circa 15 anni sono infatti le decine di “pezzi” del lascito Vicini, ricca eredità lasciata all’amministrazione pubblica da un noto avvocato del paese. Ville, appartamenti, terreni. Un patrimonio di cui faceva parte l’ultimo investimento di Geronimo, e che la gestione Rocca ha utilizzato per anni «evidentemente in modo poco saggio, senza arricchire più di tanto la comunità» — fa notare l’attuale sindaco, Fabio De Ponti, civico di centrosinistra — per coprire i disavanzi del bilancio comunale.
Ma soprattutto, nei confronti del quale la famiglia del presidente del Senato, si fa capire in Comune, aveva dichiarato interesse «in termini di nuove acquisizioni». Dopo l’acquisto a ottimo prezzo della casa in passeggiata, insomma, la tentazione di un bis. Una possibilità, però, che con il passaggio di consegne in municipio non pare più praticabile.
«Non venderemo più nulla delle nostre proprietà», si conferma in Comune. «Una scelta di campo», la definisce il vicesindaco: «gli immobili saranno valorizzati e destinati a spazi e attività di carattere pubblico e sociale». Oppure, come pensano i più, un’ultima forma di resistenza all’idea di un paese fatto feudo di una famiglia. Più o meno ingombrante che sia.
(da La Repubblica)
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