NELLA LEGA VOLANO GLI STRACCI: A FORZA DI TIRARLO PER LA GIACCA, BOSSI E’ RIMASTO IN CANOTTIERA
CARROCCIO SULL’ORLO DELLA SPACCATURA: CERCHIO MAGICO, MARONIANI E CALDEROLIANI IN LOTTA PER LA LEADERSHIP DEL PARTITO…LA LETTERA PER SOSTITUIRE GIORGETTI CON ROSI MAURO
C’è la lettera per strappare la Lega Lombarda a Giancarlo Giorgetti e affidarla a Rosi Mauro. Però manca ancora la cosa più importante, ovvero la firma di Umberto Bossi. Questa è la situazione a ieri.
Non è escluso che a tarda ora, durante un incontro a Roma, il Senatur si sia convinto a siglare il documento.
Sono ore febbrili nel Carroccio, all’indomani del raduno di Pontida, mentre questa sera la segreteria provinciale di Varese ha convocato un direttivo straordinario per fare il punto della situazione.
Parlamentari, sindaci e amministratori locali lombardi, al solo sentir parlare della cacciata di Giorgetti, diventano iene.
Ieri si sono rivolti direttamente al Senatur, e molti hanno minacciato le dimissioni. Qualcuno si spinge più in là , ipotizzando una manifestazione di protesta in quel di Gemonio, davanti alla casa del ministro per le Riforme.
Non ce l’hanno con lui – spiegano – ma con chi gioca a dividere la Lega.
Bossi è tra due fuochi.
Da una parte il cerchio magico, ovvero il gruppo di dirigenti vicini a sua moglie, che tifa per la vicepresidente del Senato.
Dall’altra i ministri Roberto Calderoli e Roberto Maroni che si sentono sotto attacco. Il primo è coordinatore delle segreterie: commissariare una regione (e per giunta la sua Lombardia!) è un siluro contro di lui.
All’orizzonte si parla anche di Federico Bricolo, capogruppo al Senato, come aspirante timoniere in Veneto.
Lui è un altro esponente del cerchio magico che si contrappone agli uomini di Flavio Tosi (maroniano doc), che però stanno vincendo i congressi provinciali.
Il titolare del Viminale, invece, è in forte ascesa (anche agli occhi dei militanti che lo vorrebbero addirittura premier) e Giorgetti è un suo fedelissimo.
Attaccare il capo della Lega Lombarda è una dichiarazione di guerra a Bobo, che già a Pontida aveva annusato l’ostilità di qualche dirigente.
Proprio Rosi Mauro, a pochi passi da lui, non è sembrata gradire l’intervento del ministro, invocato dalla folla e fatto avvicinare da Bossi in persona nonostante dovesse parlare solo il Senatur.
E infatti proprio la vicepresidente del Senato, sul finire della kermesse, ha conquistato il microfono per pochi minuti creando come minimo un filo di stupore.
Torniamo alla lettera.
Per farla siglare a Bossi non è bastata una riunione, ieri pomeriggio nel fortino di via Bellerio a Milano, che è seguita ad altre chiacchierate più o meno informali tra il leader e i suoi.
La situazione è precipitata negli ultimi giorni, visto che la gestione Giorgetti è scaduta da un anno e non è stato ancora fissato alcun congresso.
Qualche linguaccia immagina che il momento d’oro di Maroni abbia messo in fibrillazione i rivali interni.
Sabato sera, a Cisano Bergamasco, nel ristorante-hotel “La Sosta”, Bossi ha messo a fuoco alcuni dettagli del comizio di Pontida e ha ascoltato il parere dei fedelissimi. Tra i presenti anche il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni (vicino alla Mauro) che poco dopo la mezzanotte ha abbandonato il locale per tornare a Varese e ripresentarsi a Pontida il giorno dopo, di buon’ora.
Proprio sul pratone sono esplosi altri mal di pancia, e non solo perchè alla vigilia s’è parlato di un possibile striscione anti-Giorgetti (invece ne è apparso uno contro il cerchio magico).
Bossi ha accusato: «Qualcuno s’è montato la testa», bacchettando «chi ha un incarico ma non lavora», però «da domani si cambia» ha chiuso il leader.
Di sicuro, sia domenica sera che ieri, Maroni e Calderoli gli hanno parlato per convincerlo a non far fuori Giorgetti, che ieri pomeriggio non s’è fatto vedere nel quartier generale.
Oggi tutti i dirigenti saranno a Roma. Lo scontro è apertissimo, tanto che come ritorsione alcuni parlamentari potrebbero mettere in discussione i due capigruppo. Prima, però, bisogna capire se Giorgetti resterà o no al suo posto.
Chi ha solo certezze è la Padania: nell’edizione di oggi smentisce seccamente i contrasti interni. E dà la colpa ai «giornali nemici».
Matteo Pandini
(da “Libero“)
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