NIENTE PIU’ AFFARI CON L’IRAN? SOLO UN BLUFF, L’AZIENDA ITALIA NON RINUNCIA AL BUSINESS
SIAMO IL PRIMO PARTNER COMMERCIALE DEL REGIME DI TEHERAN: IN PRIMA FILA ENI, FINMECCANICA, FIAT, EDISON, MEDIOBANCA, INTESA…NESSUN RITIRO POLITICO, SOLO CHIACCHERE, SI STANNO FIRMANDO NUOVI CONTRATTI, ALTRO CHE SANZIONI
A livello mediatico il governo italiano sembra la punta di diamante dell’offensiva contro l’Iran: le parole del premier in Israele hanno pure determinato l’assalto virtuale alla nostra ambasciata a Teheran.
Berlusconi ha annunciato sanzioni contro il regime di Ahmajinehad e la fine della presenza italiana in Iran, se pur a scadenza delle opere in corso.
Una presa di posizione più a uso mediatico che reale, visto che poco dopo l’Istituto per il commercio estero ha svelato il bluff di cui siamo maestri, dichiarando che “le aziende italiane sono attive nei settori petrolifero, siderurgico, energetico, petrolchimico, automobilistico e delle costruzioni e le sanzioni internazionali contro l’Iran sono da evitare perchè ostacolano gli investimenti stranieri nel settore dell’energia, limitando la presenza dei gruppi italiani interessati”.
Va considerato che anche nel 2009, secondo la Camera di commercio italo-iraniana, ci siamo confermati il primo partner commerciale del regime di Teheran, con 3,5 miliardi di euro di scambi, superando nuovamente la Germania.
In prima fila ci sono i più bei nomi dell’industria italiana, come Eni, Finmeccanica, Fiat ed Edison.
Non mancano la finanza e il credito, con Mediobanca e IntesaSanpaolo che assistono le circa mille imprese italiane sul posto e a volte prestano pure soldi alle banche pubbliche iraniane.
Nel 2008, l’Eni ha estratto in Iran 28mila barili di petrolio al giorno e ha in corso due rilevanti contratti di estrazione: uno riguarda il giacimento off-shore “South Park 4 e 5” nel Golfo Persico, l’altro il campo di Darquain.
Il gruppo Finmeccanica vanta la presenza ultraventennale dell’Ansaldo Energia, mentre la torinese Fata, specializzata mell’automazione industriale, sta costruendo un impianto per la produzione di alluminio primario a Bandar Abbas del valore di 300 milioni di euro.
Edison nel 2008 ha invece vinto un contratto per l’esplorazione di idrocarburi a Dayyer, nel Golfo Persico, sul quale ha investito 30 milioni.
Anche la Maire Tecnimont ha stretto accordi per l’estrazione di gas per circa 200 milioni.
La Carlo Gavezzi Space starebbe costruendo il satellite Mesbah, la Iveco, gruppo Fiat, è il fornitore di camion per l’esercito, la Seli vende i mezzi di movimentazione terra alla iraniana Ghaem.
E ancora ci sono contratti in essere con la DanieliDuferco, Telecom, Capitalia, Montedison, Falck.
La compagnia statale Nioc ha confermato che “le trattative con Eni per lo sviluppo della terza fase del giacimento di Darkhovin continuano”.
Insomma l’annunciato ritiro politico dal Paese è servito solo a farsi belli di fronte a Israele e Usa per un giorno.
I diritti civili, la democrazia e il rispetto della libertà del popolo iraniano non valgono la rinuncia al business.
Basta saperlo, senza bisogno di raccontare palle.
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