OPERAZIONE MAQUILLAGE: LUPI PIU’ VICINO ALLA POLTRONA DI MINISTRO DELLA GIUSTIZIA LASCIATO LIBERO DA ANGELINO JOLIE
SCARTATI VITO E NORDIO, SI PENSA ANCHE A SCAJOLA MINISTRO DELLE POLITICHE COMUNITARIE…VOCI DI TREMONTI E CALDEROLI VICEPREMIER… NEGLI EX AN C’E’ DISSENSO: GLI ALTRI, IN ATTESA DEGLI EVENTI, SCALDANO I MOTORI PER LA GRANDE FUGA
Tutto è successo così in fretta (la batosta elettorale del Cavaliere, l’incoronazione di Alfano nel Pdl) che solo adesso molti realizzano: oddio, non c’è più il ministro della Giustizia, chi occuperà la poltrona?
Una poltrona scomoda, tra l’altro, perchè in ballo c’è la «riforma epocale» sognata da Berlusconi, chi se la piglia diventa immediatamente un bersaglio.
Pare che Lupi, già vice-presidente della Camera, esponente del mondo ciellino lombardo, un tempo a braccetto con Formigoni oggi non più, è sul punto di farcela. L’ipotesi di promuovere il ministro Vito pare tramontata, e qualcuno molto in alto ora si domanda chi l’avesse messa in circolo e perchè.
L’avvocato Ghedini aveva buttato lì il nome dell’ex magistrato Nordio, amico suo. Ma il Cavaliere pare sia contrario agli esperimenti, dubita dei «tecnici», vorrebbe andare sul sicuro, con Lupi non teme scherzi.
Dovrà parlarne prima con Bossi, l’appuntamento è già fissato per lunedì, e può essere che nell’occasione la Lega lo assilli sui vice-premier. Berlusconi non è pregiudizialmente ostile ad accollarsi due vice, però attende che sia Bossi a chiederglielo. Nel caso uno sarebbe Calderoli, l’altro Tremonti.
In cambio Berlusconi si attenderebbe dal suo ministro la famosa riforma fiscale fin qui rinviata.
«Il primo a saperlo è Tremonti», assicura La Russa nella sua nuova veste di responsabile della propaganda.
Sempre più numerose le voci nel Pdl che rimproverano a Tremonti un surplus di rigore. Nell’ufficio di presidenza Formigoni l’ha preso di petto, «la gente di tasse e di controlli non ne può più», ha protestato il governatore.
«La mia gratitudine a Formigoni è pari alla sua amicizia», gli ha risposto a tono il responsabile del Tesoro.
L’indomani della scalata di Alfano è un grande festival di complimenti al neo-segretario, accompagnati sistematicamente da qualche distinguo.
Si prenda il ministro «responsabile» Romano: «Scelta azzeccata», quella del conterraneo Alfano, «ma ora prioritaria è l’azione di governo, serve impegnarci su fisco e sud».
L’altro «responsabile» Pionati applaude la nomina «ma ora il Pdl va rifondato alla radice», puntualizza.
Fitto, ministro del Sud, scorge nella svolta generazionale «una grande opportunità ma ora», esorta, «rimbocchiamoci le maniche».
La Mussolini non ha peli sulla lingua, «a me Alfano va benissimo», premette, «ma non è possibile sceglierlo di notte a Palazzo Grazioli, serve un congresso». L’irrequieto e scontento Scajola si unisce ai festeggiamenti ma tira un calcione alla palla: «Perchè non cambiare anche nome e simbolo del partito?».
Finisce che il più entusiasta senza riserve di Alfano risulta il «nemico» Bocchino.
Lo definisce in un crescendo «bravo, intelligente, moderato di esperienza democristiana e centrista», addirittura (ma potrebbe essere il bacio della morte) «l’uomo giusto per moderare Berlusconi».
A questo proposito, battuta rivelatrice su Alfano di un gerarca Pdl tra i più autorevoli: «O farà il segretario del partito, o farà il segretario di Berlusconi», dipende da lui.
Una volta rotte le dighe, la democrazia diventa un fiume in piena.
Accade nei Paesi arabi e perfino nel Pdl. Sempre più numerosi quanti dicono «basta con le Minetti, con i nominati dall’alto» e invocano d’ora in avanti le primarie per la scelta dei candidati.
E’ il metodo suggerito sul «Foglio» da Ferrara che però ricorda: il vero grande problema rimane «iddo», cioè Berlusconi.
Quagliariello, capogruppo vicario in Senato, ha già lanciato la proposta di regolare le primarie per legge. Osvaldo Napoli applaude ma sommessamente segnala: «Ciò comporta un sistema elettorale maggioritario», non si venga a chiedere poi di tornare al proporzionale
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