PANICO DA BREXIT IN GRAN BRETAGNA; ECCO LE SETTE INCOGNITE SULL’ADDIO ALLA UE
RISCHIO SVALUTAZIONE DELLA STERLINA E FUGA DI CAPITALI ALL’ESTERO
Allacciatevi le cinture. L’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Ue porta con sè incognite enormi.
Il problema non sono le conseguenze misurabili, ma quelle di lungo periodo, che mettono in discussione l’intera costruzione europea.
Eccone alcune.
PORTATE PAZIENZA
Quel referendum non ha alcun valore legale: è una consultazione che il parlamento inglese sarà chiamato a ratificare. Westiminster dovrà votare sì all’uscita, ma il tempo necessario a completare il processo previsto dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona potrebbe durare anni.
Lo scenario è presto fatto: in caso di sì alla Brexit David Cameron sarà costretto alle dimissioni, obbligando la Regina a indire nuove elezioni non prima dell’autunno. Discutere i dettagli della Brexit nel 2017 sarà a dir poco impervio, visto che le decisioni le dovrà prendere il Consiglio europeo – in cui siedono i capi di Stato – nei mesi in cui andranno alle urne tedeschi, francesi e olandesi.
Un’agonia che alimenterà le tentazioni secessioniste della Scozia (dalla Gran Bretagna) e dei Paesi Ue più inclini a imitare Londra, come la Svezia e la Danimarca.
UN DISASTROSO BATTITO D’ALI
In tutte le istituzioni finanziarie, dalle banche centrali al più piccolo dei gestori, ci si prepara ad un terremoto epocale sui mercati. Secondo Axioma il comparto azionario perderebbe il 24 per cento.
C’è poi da calcolare le conseguenze sui cambi: alla Banca centrale europea temono un crollo della domanda di sterline a favore di dollari e di euro. Difficile pronosticare gli effetti di medio periodo sul valore dell’euro, ma se dovesse rafforzarsi deprimerebbe l’export italiano.
Il pericolo più insidioso sono le conseguenze della Brexit sui tassi inglesi.
La svalutazione della sterlina aumenterebbe l’inflazione, spingendo la Bank of England ad aumentare i tassi; a sua volta la Federal Reserve sarebbe costretta ad accelerare l’aumento dei tassi americani. A quel punto la Bce si troverebbe in difficoltà a tenere il punto: oggi tiene i tassi bassi per combattere deflazione e bassa crescita.
BOND PER TUTTI
Una delle conseguenze già visibili della Brexit è l’aumento della domanda di beni rifugio, dall’oro ai titoli di Stato. Nonostante i rendimenti bassissimi oggi i bond più richiesti sono americani, giapponesi e tedeschi a danno di quelli dei Paesi con conti pubblici più fragili come l’Italia.
Se il «Leave» prevarrà , e la domanda di titoli tedeschi crescesse ancora, potrebbe risalire lo spread con i Btp. In questo senso il piano di acquisti della Banca centrale europea sarà essenziale per evitare scenari come quelli del 2011.
FUGA DA LONDRA
La Brexit provocherà una fuga di capitali e di persone dalla Gran Bretagna verso l’Europa continentale: l’hanno annunciato quasi tutte le banche d’affari. Morgan Stanley ad esempio ha pronto il trasloco di mille persone, un sesto della sua forza lavoro nel Regno Unito.
Una buona notizia, solo se isolata dal contesto e tenuto comunque conto che l’Italia non è fra le destinazioni preferite: in cima alle preferenze di banche e investitori ci sono Francoforte, Dublino Amsterdam e Parigi.
CHI E’? DOVE VA? UN FIORINO!
L’Italia oggi ha un saldo commerciale con la Gran Bretagna pari a dodici miliardi di euro, lo 0,8 per cento della ricchezza nazionale: niente se confrontato con i numeri che ci legano alla Germania. La Gran Bretagna esporta verso l’Italia il 2,8% della ricchezza ed importa il 3,7.
Numeri che però sarebbero intaccati dall’introduzione di barriere tariffarie e non tariffarie.
CONTO SALATO A BRUXELLES
Londra oggi contribuisce al bilancio comunitario con 9 miliardi di euro all’anno. Se verranno meno, quei fondi dovranno essere compensati dagli altri Paesi membri sulla base delle attuali quote. All’Italia spetta alimentare quel bilancio per il 15%: ciò significa che per compensare l’uscita di Londra l’Italia dovrà versare 1,5 miliardi in più di oggi.
ADDIO, SWINGING LONDON
L’ambasciatore italiano a Londra Pasquale Terracciano ha tranquillizzato i seicentomila italiani che risiedono in Gran Bretagna: «Per loro nell’immediato non cambia nulla».
Ma cosa accadrà a chi aspirasse a vivere in Gran Bretagna dopo la Brexit? E cosa accadrà ai cinquemila che ogni anno si iscrivono nelle università inglesi?
Le regole diventeranno più severe, con buona pace di chi oggi varca la Manica con lo zaino pieno di ambizioni.
Alessandro Barbera
(da “La Stampa“)
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