RAI RISCHIATUTTO E IL RITORNO DEGLI ZOMBIE
DOVEVA ESSERE L’ANNO DEL CAMBIAMENTO, SIAMO A UNA FICTION DI SOPRAVISSUTI CON PALINSESTI SCONTATI
Gli esseri umani sono ridotti a quello che mai avrebbero pensato di diventare, cioè una micro collettività che in un anfratto di provincia americana lotta per non estinguersi.
Il quadro storico-fantascientifico è quello del 4032, e l’evento cardine è la mutazione genetica che ha creato la genìa degli Abbie: mostri devastatori del pianeta intero, ora all’assalto della cittadina-fortezza di “Wayward Pines” (da cui il titolo della serie in onda in questi giorni su Fox con la prima stagione, e dal 29 agosto ogni lunedì alle 21 con la seconda).
Dopodichè il discorso frena per assumere doppia forma e sostanza, visto il parallelismo tra quanto accade nel video-dramma scritto da M. Night Shyamalan e le vicende horror che quest’estate ingombrano i corridoi di viale Mazzini.
In Rai, di fatto, la situazione è emergenziale almeno quanto nell’urbe immaginaria dell’Idaho dove i resti della nostra civiltà oppongono resistenza ad antagonisti feroci. Soltanto che qui, nella sede romana della tv di Stato, all’ombra del celebre cavallo ormai esausto, si assiste a un day after senza che ci sia stato il day before.
Doveva essere la stagione del cambiamento, questa, l’apoteosi della meritocrazia e della conversione alle ragioni del Mondo Nuovo (devoto alla multimedialità e al ripensamento del verbo generalista nel rispetto di un pubblico sempre più anziano), ma a fronte di un passato logoro sta arrivando un ulteriore passato: quello riassunto, ad esempio, da Fabio Fazio e il suo “Rischiatutto” zombie.
O dalla riproposta del duo Cuccarini-Parisi come sintesi di un presente in letargo.
O ancora, dal ricollocamento dell’ottantenne Pippo Baudo a “Domenica in” in sostituzione del semi coetaneo Maurizio Costanzo (l’anno scorso a capo della direzione artistica).
Come giustificare il peso delle retribuzioni apicali con le modeste ambizioni dei prossimi palinsesti?
Evitando la noia del dibattito socio-culturale, si può passare direttamente alla constatazione che il modello “Wayward-Rai-Pines” lancia un allarme rosso: ovvero la fatica di costruire un’identità catodica che non sia frutto di schegge e schemi di ieri. Deriva non casuale.
Se nell’accerchiata cittadina su Fox a comandare è la Prima Generazione, costituita da un gruppo di giovani oligarchi, in Rai governa una bella squadra di amici: che se da un lato – ed era ora- non ha la macchia della lottizzazione, dall’altro rischia di finire imbrigliata dalla sua matrice iper omogenea.
Difficile a questo punto prevedere quale sarà il finale: sia della fiction che della Rai. Riusciranno gli uomini di “Wayward Pines” a sconfiggere i mostri sanguinari?
E riuscirà Viale Mazzini a debellare una volta per tutte la mediocrità , stroncando il ciclo dei ricicli e dei format cari e sciapi?
Molto dipenderà dalla capacità di visione del direttore generale Antonio Campo Dall’Orto.
Che, sarà certo un caso, ha lo sguardo più sfuggente d’Italia.
Riccardo Bocca
(da “L’Espresso”)
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