REGINA COELI, IL CARCERE CHE NON “ARRESTA” GLI SPRECHI
IL CARCERE ROMANO E’ UNA STRUTTURA FATISCENTE, IPERAFFOLLATA E DEGRADATA… SI BUTTANO DECINE DI MILIONI DI EURO PER RISTRUTTURAZIONI STRAORDINARIE INSENSATE… SE SI VENDESSE LA STRUTTURA SI RICAVEREBBERO 180 MILIONI DI EURO E SI POTREBBERO COSTRUIRE TRE CARCERI ULTRAMODERNE
Quando lo Stato deve elargire due euro ai cittadini pare che soldi non ve ne siano mai, ma quando andiamo a vedere come talvolta vengono spesi i quattrini pubblici ci accorgiamo della marea di sprechi e soldi buttati che determinano poi i deficit della pubblica amministrazione.
E quando si va a fondo si prova un profondo disgusto nei confronti della “politica”, incapace di prendere decisioni sensate e di “risparmiare” come in Italia ormai fa il maggior numero di famiglie. Oggi vi parliamo del carcere romano di Regina Coeli, anno di costruzione 1654, ben 34mila metri quadri nella centralissima Trastevere, una struttura fatiscente, sporca e iperaffollata, in cui lo Stato da decenni butta soldi a fondo perduto.
Milioni di euro che lo Stato destina a una struttura irrecuperabile, senza che ciò garantisca il raggiungimento degli obiettivi minimi prefissati.
Solo la manutenzione ordinaria del carcere costa ogni anno allo Stato 14 milioni di euro.
Sono invece 21 i milioni di euro investiti per le ristrutturazioni straordinarie in soli 5 anni: 1 miliardo di lire nel 1999 per l’impianto elettrico, 15 miliardi nel 2000 per la ristrutturazione della prima sezione e della caserma degli agenti, altri 10 miliardi nel 2001, 5 milioni di euro nel 2002, 3,5 milioni nel 2003.
Nel 2006 la Regione Lazio finanzia con 450mila euro l’impianto di riscaldamento della quinta sezione, rimasta poi ugualmente chiusa per via della comparsa di grosse crepe nei muri.
Il mese scorso sempre la Regione Lazio stanzia altri 3 milioni di euro per l’installazione di una piattaforma elevatrice e pedana per i disabili.
Si tappulla un buco, insomma e se ne aprono altri due.
Il seicentesco penitenziario di Regina Coeli era all’origine un monastero.
Diventa carcere nel 1900 e già 30 anni dopo ne viene proposto l’abbattimento. E’ diviso in 8 sezioni più un centro clinico. Chi sconta la pena nella prima e nella seconda sezione è fortunato, perchè quelle zone sono ristrutturate.
Per gli altri detenuti è un incubo. Celle sovraffollate, soprattutto nella terza e sesta sezione.
Muffa ai muri, pavimenti mancanti, impianti elettrici vetusti, lastroni di vetro che non lasciano passare la luce, l’ultimo piano privo di corrente elettrica, latrine indegne.
A ottobre si è parlato di “recrudescenza della sifilide”. Ogni cella è occupata da 4 a 7 detenuti, c’è chi è costretto a dormire a terra nella sala-biliardino.
Tre sezioni sono chiuse per ristrutturazione, mentre sono in corso lavori per rifare l’ingresso del carcere.
Eppure la politica fa finta di nulla, continuando a finanziare lavori eterni che non risolvono il problema, ma lo nascondono.
La soluzione sarebbe semplice, un comune cittadino la avrebbe già messa in atto da anni.
Secondo stime immobiliari, dalla vendita della struttura carceraria, situata in una zona di pregio, si ricaverebbero oltre 180 milioni di euro, una cifra più che sufficiente per lo Stato per realizzare tre nuovi penitenziari ultramoderni con centinaia di posti, celle vivibili, servizi moderni e a norma, spazi per attività ricreative.
Gli stessi detenuti potrebbero tutti trovare sistemazione nelle nuove carceri e si liberebbe a Trastevere un immenso spazio per farne magari un centro artistico e culturale, sulla falsariga del Beauborg parigino.
Ma usare il cervello pare sia vietato ai massimi livelli della politica, meglio continuare a imbiancare i muri per dare “la percezione” del pulito.
E cacciare 5-10 milioni l’anno per chiudere una falla, in attesa che se ne apra un’altra.
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