RENZI MODELLO MERKEL
OBIETTIVO VOTO A GIUGNO E LARGA COALIZIONE CON FORZA ITALIA
Modello Merkel. Per chi si chieda se Matteo Renzi abbia ancora ambizioni da premier pur con un sistema proporzionale come quello tratteggiato dalla Corte Costituzionale, la risposta guarda a Berlino.
Palazzo della Cancelleria, lì non lontano dalla porta di Brandeburgo dove Angela Merkel domina incontrastata la ‘Grosse koalition’ di governo tra Cdu e Spd e tutta la politica tedesca. Almeno finora, dal 2005.
Ecco, Renzi si immagina uno scenario del genere in Italia dopo le elezioni che lavorerà per ottenere a giugno. Con se stesso al posto di Angela, a capo di una coalizione di governo che non escluda l’alleanza con Forza Italia, partendo dal presupposto che il Pd faccia il pieno dei voti rispetto agli altri partiti.
“A quel punto, il posto di premier spetta a Matteo”, dicono i renzianissimi.
L’idea di un governo con i berlusconiani è sempre stata presente nelle prospettive del segretario del Pd, anche quando ha lanciato la proposta di tornare al Mattarellum, acclamata da tutta l’assemblea nazionale del partito a dicembre subito dopo la sconfitta referendaria.
Ma la sentenza della Consulta sull’Italicum rompe il tabù di un governo del Pd con Forza Italia, nello stesso momento in cui accelera la corsa al voto anticipato.
I giudici operano da chirurghi lasciando in piedi un sistema proporzionale. Renzi non ha in mano alcun accordo possibile con Forza Italia, che continua a dire no al Mattarellum. Anzi: in questo momento gli fa gioco che non ci sia alcun accordo. Perchè anche un barlume di intesa con Berlusconi su una nuova legge elettorale darebbe fiato a quella parte di Pd che non vuole correre verso il voto.
Dunque niente accordo, se ne parla dopo le urne, se sarà necessario, senza tabù.
Detto questo, all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale, anche Renzi è in attesa.
Aspetta le motivazioni della Consulta, come fa del resto tutta la politica, partendo dalle alte cariche dello Stato.
Molto dipende dalle motivazioni e ancora una volta sarà la Corte a decidere per la politica. I giudici dovrebbero richiamare il Parlamento ad agire per uniformare le leggi elettorali tra Camera e Senato, ma oggi il tam tam dei Palazzi del potere si interroga su come sarà questo richiamo.
La sensazione è che non sarà perentorio, cosa che peraltro la Corte non potrebbe fare. Per cui, dopo le motivazioni molto probabilmente ci sarà da “intervenire” ma lo si potrà fare “in fretta per votare prima dell’estate”, come dice il senatore Dem Franco Mirabelli.
Una dichiarazione che non passa inosservata dalle parti del segretario.
Mirabelli è certo senatore di maggioranza ma innanzitutto è esponente di Areadem, la corrente del ministro Dario Franceschini. “A quelli che parlano di congresso rinviato, ricordo che il congresso ha una scadenza stabilita a ottobre e per anticiparlo serve che venga sfiduciato il segretario. A quelli che vogliono tirare in lungo, dico che si può intervenire dopo la sentenza della Corte per evitare che si scivoli verso proporzionale e ingovernabilità ma non si puo’ tirare a campare o fare melina. Si può e si deve intervenire in fretta e votare prima dell’estate. Ognuno si assuma le proprie responsabilità verso il Paese non guardando ai propri interessi”, sono le parole di Mirabelli su Facebook.
Per Renzi è il segnale pubblico, fuori dai contatti riservati, che Franceschini non si è messo a lavorare contro le urne a giugno.
Forse anche perchè pure dal Quirinale arrivano segnali “incoraggianti” sul voto anticipato, commentano i renziani. Sergio Mattarella non lo ostacolerà . Significa che chi nel Pd frena sul voto non ha sponde nemmeno al Colle
Prima della kermesse di sabato e domenica con gli amministratori locali a Rimini, Renzi varerà la nuova segreteria Dem.
I franceschiniani saranno ben rappresentanti, per quel che conta la squadra al Nazareno nell’ottica renziana. Ad ogni modo, è un fatto che la responsabile Scuola Francesca Puglisi di Areadem resterà al suo posto, segnale non da poco visto che la ‘Buona scuola’ è costata un cambio al vertice del ministero della Pubblica Istruzione, da Stefania Giannini a Valeria Fedeli.
Rimini sarà l’inizio di quella che potrebbe esplodere a breve come campagna elettorale. Tutta punteggiata di tinte rosso-fuoco nei toni con l’Unione Europea: perfetta contro gli euroscettici pentastellati e leghisti, perfetta in una fase in cui l’Ue insiste sulla manovra correttiva e il governo continua a resistere.
E proprio per dare ampia rappresentazione della massima sintonia anche con Gentiloni, lo stesso premier farà il possibile per esserci a Rimini sabato pomeriggio, di ritorno dal vertice con i leader dell’area Mediterranea a Lisbona, altro appuntamento all’insegna del braccio di ferro con Bruxelles con l’immigrazione.
Ma l’emergenza profughi Renzi vuole trattarla diversamente in vista delle elezioni. Non a caso al Viminale è arrivato Marco Minniti con la nuova stretta e i nuovi Cie. Non a caso Minniti parlerà a Rimini domenica mattina. E’ lui la nuova star renziana nella sfida alla destra di Salvini.
Tutto vira verso il voto. Anche le pedine al governo sono preparate per rispondere all’emergenza ‘campagna elettorale’.
Da tutti questi ragionamenti resta fuori la minoranza bersaniana. Renzi lascia trapelare l’intenzione di proporre a Bersani di candidarsi sindaco nella sua città , a Piacenza, per il Pd alla tornata di amministrative di giugno (che il segretario immagina insieme alle politiche). L’ex segretario respinge l’offerta: “Ho già dato”.
Ma l’offerta di Renzi, spiegano dalla sua cerchia, è più un invito a misurarsi con il consenso che una mano tesa. A monte c’è il fatto che Renzi resta convinto che lo sbarramento dell’8 per cento al Senato sia un ottimo deterrente anti-scissione del Pd. Un motivo in più per non cambiare la legge, al di là di ritocchi leggeri, sempre che siano possibili o necessari.
Dunque, traguardo giugno, modello Merkel. Renzi mette nel conto la possibilità di non incassare tutto quello che gli serve per governare da solo.
Da qui l’idea della ‘Grosse koalition’ in salsa italiana. Ma conta di fare meglio del M5s.
La scommessa parte da Roma e dal caos della giunta Raggi dopo l’avviso di garanzia alla ‘sindaca’. Renzi ha commentato con garantismo ma spera nella debacle a cinquestelle.
Proprio alla vigilia delle politiche.
(da “Huffingtonpost”)
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