ROMA E’ IL CENTRO GEOGRAFICO MA NON POLITICO
LA TELEFONATA DI MELONI A URSULA CHE LE CONFERMA L’IMPOSSIBILITA’ DI TENERE A ROMA IL SUMMIT CON TRUMP… GELO CON L’ELISEO
Una telefonata. Di cortesia, visto che sabato mattina Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen si erano salutate solo fugacemente in piazza San Pietro. Per discutere delle «questioni di interesse comune, tra cui il sostegno all’Ucraina e i temi commerciali». Vale a dire: cessate il fuoco e dazi. Il progetto italiano dichiarato durante la missione alla Casa Bianca, d’altra parte, era organizzare un vertice tra Europa e Stati Uniti, ospitandolo a Roma.
L’idea suggerita resta in piedi, perché la presidente della Commissione – deliberatamente ignorata dal tycoon nei primi cento giorni della sua amministrazione – preme molto per organizzare il summit. Quasi certamente, hanno però preso atto, non si terrà a Roma.
A pesare sono alcuni dati di realtà, che la politica tedesca non ha nascosto alla premier nel corso di tutti i recenti contatti. Il primo: sono già in programma una serie di summit internazionali a cui potrebbe agganciarsi un’eventuale visita di Trump: il vertice Nato all’Aja o un summit a Bruxelles (senza trascurare l’ipotesi che sia Ursula a recarsi a Washington). Inoltre, esistono forti
resistenze, come riportato in più occasioni da Repubblica, da parte di diverse altre cancellerie continentali. Quelle della Spagna di Pedro Sanchez e della Polonia di Donald Tusk. Ma soprattutto, quella di Emmanuel Macron.
La battaglia diplomatica tra Roma e Parigi, culminata l’altro ieri nel caso della fotografia in Vaticano senza Meloni, dura da un paio di mesi. E il solco si è allargato attorno all’idea dei “volenterosi” anglo-francesi di inviare truppe sul terreno. Scegliendo di contestare pubblicamente quella impostazione, la premier ha sostanzialmente abbandonato il gruppo di lavoro che continua a riunirsi tra Parigi e Londra.
L’opzione elaborata da Macron e Starmer continua ovviamente a camminare sulle proprie gambe. Ma ha parzialmente ridefinito alcuni obiettivi, creando un terreno di potenziale convergenza futura con i più scettici. Adesso, ad esempio, i “volenterosi” progettano l’invio di istruttori militari per formare l’esercito ucraino. Un dettaglio su cui Palazzo Chigi faticherebbe in futuro a dire no. E le strade tra Roma e Parigi potrebbero riavvicinarsi, anche grazie alla relazione che Meloni mantiene con Starmer, attorno a un’altra richiesta presente nella controproposta ucraina: quella di una qualche forma di garanzia di sicurezza degli americani. Kiev sostiene che dovrebbe servire a rassicurare l’eventuale missione di pace solo europea, su cui il governo ha sempre frenato. Ma in prospettiva, anche questo scenario potrebbe coinvolgere Roma. La sfida, per Meloni, è semmai quella di costruire un percorso per rientrare in questo gioco diplomatico, dopo la rottura netta con gli anglofrancesi. È questione delle prossime settimane. E soprattutto, è una prospettiva appesa all’estrema incertezza nel teatro ucraino. Di Kiev discuterà domani con il presidente turco Recep Erdogan.
(da Repubblica)
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