ROMEO SI PRENDE LA CONTESTAZIONE, SALVINI VA AL CINEMA
L’OPERAZIONE IPOCRISIA TRA CHI E’ MANDATO A METTERCI LA FACCIA E CHI SI NASCONDE
“Su Putin abbiamo sbagliato. Ma eravamo in buona compagnia. Tutto l’Occidente ha fatto valutazioni sbagliate. Ma ora, il passato è passato”. Il putinismo della Lega si infrange sull’uccisione di Aleksey Navalny. Il partito di Matteo Salvini sceglie di prendere di petto la piazza del Campidoglio dove il sindaco Roberto Gualtieri ospita a nome della città la fiaccolata in onore dell’attivista russo. Una gigantografia ai piedi del Marco Aurelio, un ologramma sulla facciata di palazzo Senatorio, i fiori e le candele, depositati da tanti manifestanti ovviamente senza il rischio di arresti, ma anche senza essere identificati.
Il Carroccio tenta di voltare pagina sulla vicinanza al presidente russo. Ma l’operazione gli riesce a metà. In un primo momento i leghisti avevano deciso di partecipare con una delegazione di pura testimonianza – si sarebbero dovuti immolare i capigruppo nelle commissioni esteri Simone Billi e Andrea Paganella – giusto per mettere a tacere la contestazione che sarebbe arrivata da Carlo Calenda e da Più Europa nel caso in cui avessero disertato la fiaccolata.
Nel pomeriggio hanno maturato il cambio di programma. Così all’ora concordata ecco arrivare in piazza una nutrita squadra, capeggiata da Massimiliano Romeo, presidente dei senatori, l’uomo delle battaglie a viso aperto. Con lui ci sono anche il presidente della commissione attività produttive Alberto Gusmeroli, e poi Davide Bellomo, Nicola Ottaviani, Billi e Paganella. Non c’è Matteo Salvini.
Il segretario, spiegano fonti del Carroccio, ha in programma la presentazione del film di Fabrizio Moro “Martedì e venerdì”, in prima visione al Barberini. La pellicola è prodotta dalla compagna Francesca Verdini.
Quello leghista è un mea culpa a metà. Accompagnato da fischi e contestazioni aperte. Anche perché Romeo non riesce ancora ad attaccare Putin. “Venduti! Dove l’avete lasciato il dittatore?”, le grida più benevole, non appena messo piede in piazza. Il senatore, circondato a testuggine dai suoi, sulle prime finge di non raccogliere. “Va bene, va bene…”. Ma la protesta è tale che non riesce a raggiungere la statua e finisce fuori strada.
Comincia a girare in tondo intorno alla statua. Tanto vale rispondere a tono, riflettono, servirà se non altro a recuperare un po’ di spazio. “Deve essere un’inchiesta internazionale a chiarire le responsabilità”, dice. E giù fischi e contestazioni. “Noi siamo venuti qui e siamo finiti vittime di una strumentalizzazione squallida”, prova a replicare. Ma riconoscete qualche responsabilità del presidente russo sulla morte di Navalny? Nutrite almeno dei sospetti? “Sì possiamo dire che abbiamo dei sospetti, ma non basta. Ci deve essere un’inchiesta internazionale a raccogliere le prove”. E l’accordo tra la Lega e Russia Unita nel 2017, quello in cui si garantivano reciproca collaborazione? “A me non risulta. Non ne so niente”, ribatte. E il Metropol? “Tutte balle, lo ha accertato anche la magistratura”. Intanto in piazza arrivano gli altri leader di partito. Ecco Elly Schlein, con Chiara Braga e Paolo Ciani. Carlo Calenda, Mara Carfagna, Riccardo Magi, tra gli altri. Ci sono anche i Cinque Stelle. Ma tutte le attenzioni sono per i leghisti.
La pattuglia di Romeo riesce a raggiungere il banco delle fiaccole. Le accende – mentre intorno continuano le contestazioni – e si mette in un angolo, lontano dai giornalisti. Avevano in programma anche un’intervista ai tg. “Ma che tg facciamo ormai, qui viene fuori una trasmissione…”, si lamenta Romeo, tentando di non perdere il sorriso. Nella calma c’è modo di fare qualche domanda più composta. Senatore lo ammetta, su Putin avete sbagliato. “Ma noi ci siamo mossi solo per facilitare le imprese, per togliere le sanzioni. E poi le valutazioni sbagliate ci sono state da parte di tutti. Ma ve lo ricordate che Putin per il Time era il personaggio dell’anno?” Correva l’anno 2007. La Lega alla corte dello zar ci è arrivata nel 2013. Con la leadership di Salvini. Nel 2015 il segretario del Carroccio sfoggiava al Parlamento europeo la maglietta col russo in divisa e diceva che avrebbe scambiato due Mattarella per mezzo Putin… “Sì è vero, ma vogliamo dimenticarci che ci sono stati presidenti del consiglio che hanno fatto lucrosi accordi sull’energia?”. Il riferimento è a Romano Prodi, nel 2008. Per Romeo è comunque il sintomo di un atteggiamento ipocrita. “Quando non riguarda la Lega, tutti dimenticano chi era Putin… C’è un’amnesia”. Intanto al centro della piazza parla il sindaco Roberto Gualtieri. Assicura la vicinanza della città a tutti gli oppositori detenuti nelle carceri russe. “Da Roma arriva un grido di indignazione. Putin si deve fermare”. Tatiana, attivista di La Russia del Futuro, il movimento di Navalny, prende la parola tra le lacrime. “Nel mio Paese la situazione è peggio di 1984, il libro di Orwell. Cinquecento persone rischiano la morte in prigione. Per noi è l’ora più buia”. Romeo ascolta serio. Riconoscete la responsabilità di Putin sulla morte di Navalny? “La responsabilità politica ce l’ha tutta. Quando muore il leader dell’opposizione vuol dire che la democrazia è a rischio. In Italia tutti abbiamo aperto gli occhi e la distanza da Mosca accomuna l’intero arco costituzionale. E noi siamo in questa piazza a difendere la libertà e la democrazia. Ma questa strumentalizzazione è vergognosa. Ci aspettavamo la contestazione, ma non così”.
Ad ascoltarlo, fiaccola accesa in mano, c’è anche Andrea Paganella. Il senatore è stato a Mosca nel 2018 con Gianluca Savoini. Anche lui prende le distanze da quella visita. “Erano industriali, mica erano carbonari. E poi era sei anni fa… Guardiamo avanti”, si difende. Chi ha dato ha dato, direbbero a Napoli. Arriva la telefonata di Salvini. Vuole sapere com’è andata. “Ce l’aspettavamo – ripete Romeo – speriamo di non aver detto qualche minchiata”.
(da agenzie)
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