SAVOINI E LA STORIA DEI 150.000 DOLLARI FINITI NEL CESSO
IL DENARO RICEVUTO DALL’AMBASCIATA DEL MAROCCO A PARIGI PER AVER FAVORITO CONTATTI CON IMPRENDITORI ITALIANI
È il caso di dire pecunia non olet: il Fatto Quotidiano racconta oggi in un articolo a firma di Thomas Mackinson e Luigi Franco una storia surreale che riguarda Gianluca Savoini e una busta con 150mila dollari datagli all’Hotel Le Mèridien di Parigi che gli viene passata: per contare i soldi va in bagno ma purtroppo l’arrivo di un altro cliente fa sì che i dollari finiscano nello scarico della turca.
E lui a quel punto le ripesca e le pulisce una ad una.
La storia, di per sè già incredibile, viene ulteriormente dettagliata: gli italiani sono due. Gianluca Savoini è seduto in un bistrot di boulevard Pereire, non lontano dall’Arc de Triomphe, con un’altra persona. A un certo punto i due si passano fugacemente un plico alto come un pacchetto di Marlboro, fasciato in fogli di giornale.
Mezz’ora prima — raccontano le fonti — nella sala de Le Mèridien Etoile, a due passi dall’Ambasciata del Marocco, hanno ricevuto il prezioso plico dalle mani di Mohamed Khabbachi, ex direttore generale dell’agenzia di stampa nazionale Map, emissario di re Mohammed VI per le attività di lobby su scala europea, Italia compresa.
Il suo profilo WhatsApp riporta tutt’ora una veduta della stazione centrale dal Pirellone, dove Savoini è stato capo ufficio stampa e oggi è vicepresidente Corecom. Qual era la contropartita di quel denaro? Savoini era a Parigi per un affare privato o per conto della Lega?
Raggiunto sul cellulare della moglie, l’ex portavoce di Salvini riattacca al primo accenno alla vicenda.
Monsieur Khabbachi, che in Marocco ha fama di essere ufficiale di collegamento tra il mondo dei Servizi e la manipolazione dei media a fin di propaganda, nega: “Sono un giornalista, seguo cosa succede nel mondo, ma non dò soldi”.
Chiede poi di essere richiamato dopo un’ora, e invece non risponderà più al telefono e neppure alle domande inviate via WhatsApp che sicuramente ha letto, come dimostra la spunta blu sui messaggi
Le aziende italiane da segnalare in Marocco
L’incontro all’hotel viene organizzato per definire una lista di aziende italiane da segnalare per appalti in Marocco.
Ad aprire la scena c’è una missione leghista nell’ottobre 2015: con Salvini c’è Savoini. A parlarne è Claudio Giordanengo, organizzatore del tour nonchè dentista di Paesana (Cuneo) che si presentava come “responsabile esteri della Lega” e a marzo si è candidato a Saluzzo.
Nella delegazione ci sono anche due figure esterne al partito. Sono Massimo Gerbi, figlio dell’ex patron del Torino calcio Mario Gerbi, e Kamal Raihane, ex agente di leve calcistiche del Maghreb che in quel periodo faceva sfoggio di foto con Salvini e rivendicava: “Gli ho organizzato l’incontro con alcuni esponenti del mondo politico marocchino. S’è parlato di politica e non solo. Un incontro costruttivo”.
Da fine 2017 Raihane è titolare di Eurafricasrl, una società di Torino da 10mila euro di capitale sociale, che si occupa di procacciamento di affari.
Al Fatto non ha risposto sul suo ruolo nella comitiva leghista. Più loquace è Giordanengo: “L’iniziativa era nata con un intento provocatorio: la Lega che va a parlare di immigrati in Marocco”. C’erano altri interessi? “C’era un interesse parallelo, credo legittimo, di unire alla missione politica anche la presentazione di aziende interessate a operare in Marocco. Se poi ci sono stati altri personaggi che hanno stabilito rapporti economici non lo so”.
La fine della storia arriva con la scoperta che l’elenco non serve più. I delegati torneranno via aereo in Italia con il premio di consolazione nascosto nella giacca, nei pantaloni e nelle scarpe. Dal fondo della turca, la parte di Savoini finirà nella cassetta di sicurezza di una banca.
(da “NextQuotidiano”)
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