SCONTRO TRA CENTRODESTRA E PD SUL RITORNO AL MATTARELLUM
UN AMPIO FRONTE FAVOREVOLE A RITORNARE ALL’ANTICO, MA A BERLUSCONI CONVIENE MANTENERE IL VITUPERATO PORCELLUM
La bomba sta per esplodere, il timer è regolato su 7 giorni.
Se entro questa settimana la maggioranza non avrà trovato un accordo sulla legge elettorale, il cammino di Enrico Letta rischia di essere segnato.
L’allarme è talmente alto da aver suggerito al premier la convocazione di un vertice la prossima settimana con i sei capigruppo di maggioranza durante il quale, insieme ai ministri Dario Franceschini e Gaetano Quagliariello, cercare di trovare un’intesa prima che tutto precipiti.
La ragione di tanta fibrillazione è semplice: Berlusconi non ha nessuna intenzione di rinunciare al Porcellum.
«Non mi fido – ha spiegato il Cavaliere ai suoi – temo che questa storia delle riforme sia solo un pretesto per tornare a votare con il vecchio Mattarellum».
Una legge invisa al centrodestra, che ha sempre faticato a battere i candidati avversari nello scontro diretto nei collegi uninominali.
Quando si dovrà tornare a votare, Berlusconi vuole essere certo di poter giocare la campagna a modo suo, nell’unica maniera che lo avvantaggia: il plebiscito sulla sua persona.
«O ci danno l’elezione diretta del capo dello Stato o resta il Porcellum», è la linea del Piave stabilita apalazzo Grazioli.
Il negoziato riguarda quella che lo stesso Letta a Spineto ha definito una «safety net», una rete di sicurezza da stendere nel caso accada l’imprevisto e si debba tornare d’improvviso alle urne. Ma come superare il Porcellum?
Per Quagliariello e Franceschini, d’accordo in questo con il Pdl, potrebbe bastare un’operazione di «manutenzione» della vecchia legge Calderoli.
In attesa che la Convenzione partorisca una riforma elettorale definitiva e coerente con la forma di governo che verrà scelta.
Visto che la Corte costituzionale per ben due volte ha “consigliato” al Parlamento di introdurre almeno una soglia minima per far scattare il premio di maggioranza, la «manutenzione» del Porcellum avrebbe per oggetto proprio questo punto.
Verrebbe stabilito che la coalizione vincente deve aver ottenuto più del 40% dei voti per guadagnarsi il diritto ad avere il 55% dei seggi.
Inoltre sarebbe introdotto un premio nazionale al Senato, in modo da scongiurare per quanto possibile l’ipotesidi due Camere con maggioranze diverse.
E forse anche le preferenze.
Il problema che sta per terremotare la maggioranza è che gran parte del Pd non la pensa affatto così.
E ritiene, come ha spiegato Anna Finocchiaro, che sia molto meglio cancellare con un tratto di penna il Porcellum e semplicemente resuscitare il vecchio maggioritario uninominale, ripulendolo dal famigerato scorporo (un meccanismo infernale che favoriva soltanto il proliferare le liste civetta).
Finocchiaro ha parlato sapendo di avere il partito dietro di sè, compresi i renziani, e la stragrande maggioranza dei gruppi parlamentari.
Anche Guglielmo Epifani l’ha incoraggiata a tener duro.
«Il mio pensiero – ha detto ai suoi il neo segretario – coincide con quello di Anna: meglio tornare subito al Mattarellum».
Per una volta il vertice del partito sembra in sintonia con la base parlamentare. Un pungolo per far presto è rappresentato dalla raccolta firme che il vicepresidente della Camera, il Pd Roberto Giachetti, sta promuovendo da un paio di giorni.
Punta a un’autoconvocazione del Parlamento con all’ordine del giorno proprio il ritorno al Mattarellum.
La mozione Giachetti ha già ottenuto più di cinquanta firme in poche ore.
Ma nel frattempo si sono aggiunte altre due novità importanti.
Beppe Grillo ha infatti esternato la sua preferenza per il Mattarellum e persino l’inventore della “porcata”, il leghista Calderoli, ha battuto tutti sul tempo presentando un disegno di legge per tornare al Mattarellum.
Insomma, si sta consolidando un fronte ampio per far fuori subito il Porcellum e sostituirlo con i vecchi collegi.
Una maggioranza spuria che comprende il Pd, il M5S, Sel, Grandi autonomie e, appunto, il Carroccio.
Un’insidia concreta per il Pdl. Che potrebbe indurre il Cavaliere a far saltare il banco prima di ritrovarsi con una legge che lo penalizza fortemente nella corsa elettorale.
Per questo Enrico Letta è stato costretto ad alzare la testa da Imu e Cig per provare a spegnare l’incendio.
Il vertice di maggioranza della prossima settimana si preannuncia tutto in salita.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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