“SE APRO BOCCA IO…”: LA STORIA DEL RICATTO DI PASQUARETTA ALLA APPENDINO
LE INTERCETTAZIONI DELL’EX CAPO UFFICIO STAMPA DELLA SINDACA DI TORINO ED EX PORTAVOCE DELLA VICEMINISTRA CASTELLI AL CENTRO DELLE INDAGINI
«Finora sono stato zitto. Ma sono stufo. Se aprissi bocca vedi cosa succederebbe…»: in un virgolettato riportato oggi da La Stampa c’è una delle frasi che hanno messo nei guai Luca Pasquaretta, ex capo ufficio stampa del Comune di Torino, ex portavoce della sindaca Chiara Appendino ed ex (da ieri) collaboratore di Laura Castelli, che lo ha cacciato quando è uscita la notizia dell’inchiesta.
Da quello si capisce dai racconti di una storia ancora fumosa nei dettagli Pasquaretta sarebbe stato intercettato al telefono insieme ad Alberto Sacco, suo amico e assessore di Appendino: evidentemente era il suo telefono ad essere intercettato e non quello dell’uomo che ha raccolto i suoi sfoghi senza denunciare nulla ma che poi, parlando con i magistrati, ha ammesso tutto. «Finora sono stato zitto. Ma sono stufo. Se aprissi bocca vedi cosa succederebbe…», diceva Pasquaretta millantando chissà quali verità incontrovertibili da raccontare, come spesso è capitato ai grillini cacciati o traditi.
L’altro ieri i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria gli hanno perquisito casa e sequestrato computer e cellulare. Gli investigatori gli hanno notificato un avviso di garanzia contestandogli quattro ipotesi di reato. Oltre all’estorsione, anche traffico di influenze illecite e turbativa d’asta. «Non ho mai ricattato Chiara Appendino. È tutto un equivoco che chiarirò nelle sedi opportune», ha detto ieri lui in una nota, ribadendo fiducia alla magistratura. «Vorrei ricordare afferma — che siamo tutti innocenti fino a prova contraria».
Certo, il concetto garantista dell’innocenza fino a prova contraria, in bocca a un grillino, assume spesso contorni di curiosità visto che il partito di Grillo è diventato popolare chiedendo la ghigliottina ad ogni avviso di garanzia. Ma si sa, le cose cambiano quando le senti sulla tua pelle.
L’onorevole Castelli, dopo aver saputo che Pasquaretta è indagato, l’ha scaricato con una nota. Specificando anche che «non era il suo portavoce, ma scriveva solo comunicati». Eppure era lui a chiamare in molte occasioni i giornalisti per conto dell’esponente torinese dei 5 Stelle.
Ma c’è anche un’altra ipotesi di reato oltre alle tre elencate sopra.
Secondo gli investigatori, Luca Pasquaretta avrebbe «manipolato» un bando di gara indetto dal Consorzio di Bonifica della Basilicata per conferire un incarico di «consulenza per la realizzazione dell’ufficio comunicazioni istituzionali» da dicembre 2018 a luglio 2019.
Il consorzio, guidato dall’avvocato Giuseppe Musacchio, sarebbe al centro di una accesa polemica per la generosità con cui ha distribuito consulenze. Per pagare l’incarico di un esperto della comunicazione in affidamento diretto, l’ente di Matera ha messo a bilancio 22 mila euro, dichiarando in delibera anche l’urgenza del servizio.
Pasquaretta, originario della Basilicata, si è aggiudicato l’incarico lo scorso 6 dicembre, proponendo il «minor prezzo»: 20 mila euro. Gli investigatori sono convinti che la procedura di selezione sia stata confezionata ad hoc dal Consorzio per accaparrarsi il pitbull torinese, definito in delibera come «professionista di notevole esperienza nel settore della comunicazione pubblica».
L’accusa di traffico di influenze illecite invece riguarda l’imprenditore e amico Divier Togni, ex patron del Palastampa e poi PalaMazda di Torino, che sarebbe stato aiutato a cercare di avviare in tempi rapidi il recupero dell’ex complesso sportivo, a ridosso di un’area non ancora riqualificata della Continassa, nella zona Nord della città .
Pasquaretta avrebbe percepito ottomila euro per stringere i contatti con gli assessori.
Dal giorno delle dimissioni in Comune Pasquaretta era alla ricerca di un nuovo incarico nel MoVimento 5 Stelle.
D’altro canto, essendo passato nel giro di pochi mesi dalla comunicazione del festival “Torino erotica” a diventare l’angelo custode (così si definiva lui) dell’allora neo-sindaca Appendino, eletta nel 2016, doveva essersi reso conto che tutto è possibile nel M5S. Anche prendere come collaboratore un indagato per due reati strettamente legati all’esercizio delle sue funzioni è una scelta ben precisa fatta da chi non sembra tenere in gran conto le indagini della magistratura.
Scrive oggi Matteo Pucciarelli su Repubblica che il Pasquaretta che oggi a Roma tutti assicurano di conoscere di striscio poteva contare sulla stima e l’amicizia di Pietro Dettori, ora nello staff di Giuseppe Conte ma soprattutto uomo-macchina fondamentale di Casaleggio associati e Rousseau.
In un partito dove la comunicazione è tutto, dove portavoce e uffici stampa vengono ampiamente istruiti dall’alto, Pasquaretta si era costruito una sua rete di relazioni nei 5 Stelle al di fuori di Torino.
Si racconta anche di una cena a Torino che risale a pochi giorni fa, per il compleanno della figlia della sindaca, alla quale è stato invitato lo stesso Pasquaretta.
Con gli investigatori che intanto ascoltano le telefonate che arrivano sul cellulare dell’ex portavoce. Una tipica storia grillina. Con un pitbull grintoso elogiato per il suo rigore che qualche tempo dopo si dimostra essere qualcun altro. Capace di portare a suo vantaggio il grido “O-ne-stà ” senza che nessuno di loro se ne accorga.
Come è accaduto a Roma con Marra e Lanzalone e in ogni situazione in cui a un grillino è stata data la possibilità di amministrare qualcosa.
Un caso?
(da “NextQuotidiano”)
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