SUL CASO SALIS L’INVERECONDO ATTEGGIAMENTO DI FRATELLI D’ITALIA
LE BUGIE SOVRANISTE: “CATENE COME IN ITALIA”… SI MUOVE IL GARANTE…LA MELONI SPERAVA DI SILENZIARE LA VICENDA, POI LA FOTO IN CATENE LE HANNO ROVINATO TUTTO…. SOLO RAMPELLI SI SMARCA
È stata la foto di Ilaria Salis in catene a rovinare tutto. Fino a quel momento, Palazzo Chigi progettava di perpetuare il profilo basso scelto fino a quel momento, con l’obiettivo di non disturbare le ottime relazioni tra Giorgia Meloni e Viktor Orbán, il leader di Fidesz che Fratelli d’Italia intende accogliere nei Conservatori europei.
Dopo quelle immagini, però, il governo non ha potuto fare più finta di nulla. Perché l’Ungheria è Europa. E perché l’amicizia sincera tra i due capi di governo, che cantavano assieme ad Atreju “Avanti ragazzi di Buda”, non può coprire lo sdegno dell’opinione pubblica per un’italiana umiliata in un’aula di giustizia magiara. Ecco perché l’esecutivo, finalmente, si è mosso. E l’ambasciata italiana ha battuto un colpo, dopo una cautela che ha irritato la Farnesina.
È sera quando Meloni sente Orbán. E dirama un cautissimo comunicato in cui riferisce del contatto e aggiunge: «Nel pieno rispetto dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura ungherese, ho portato l’attenzione del primo ministro ungherese sul caso della nostra connazionale Salis». I due si ritroveranno forse già stasera a cena a Bruxelles, di certo domani a margine dei lavori del Consiglio europeo straordinario. Cercheranno una via d’uscita per riportare la donna in Italia. Ma proveranno a farlo senza che dalla destra giungano attacchi o critiche al fondatore di Fidesz. Perché Orbán serve a Meloni per rafforzare l’Ecr. E piace a Matteo Salvini, con cui condivide posizioni filorusse.
Meloni, dunque. La leader è consapevole della delicatezza del rapporto con Orbán, ormai giudicato un problema in tutte le Cancellerie europee. Per settimane l’ungherese ha bloccato la revisione del bilancio pluriennale dell’Unione e domani potrebbe dare infine il via libera — assieme ai fondi all’Ucraina — in cambio delle risorse del Pnrr per l’Ungheria. In questo clima la premier deve costruire una via d’uscita nel caso Salis. E farlo senza urtare la suscettibilità dell’amico, che una cosa proprio non tollera: mostrarsi debole o poco nazionalista di fronte al proprio elettorato.
Ecco perché per un giorno intero Palazzo Chigi impone ai parlamentari di FdI una strategia decisa da Meloni: silenzio, se ne occupano i vertici del governo. E soprattutto: nessuno attacchi il magiaro.
Per dirla con il capogruppo Tommaso Foti: «Orbán non c’entra nulla». Si espone, però, la prima fila dei meloniani. A partire da Francesco Lollobrigida: «Non ho visto le immagini di Salis in tribunale, non commento». È tra i pochi in Italia a non aver avuto accesso a quei fotogrammi. Li ha visti Nicola Procaccini, meloniano di punta all’Europarlamento, che sostiene però a proposito delle catene: «In Italia è più o meno uguale».
E quelle foto le ha visionate pure Ignazio La Russa, che promette di incontrare nei prossimi giorni i familiari della ragazza detenuta. Poi però aggiunge: «È una questione che riguarda la dignità dei detenuti, in ogni parte del mondo. Compresa l’Italia, dove ho visto che c’è un sistema non dissimile», almeno per gli uomini, «con il guinzaglio, ma non le manette ai piedi». Roma come Budapest, quindi. Un parallelo che fa infuriare il garante dei detenuti di Milano. E costringe La Russa a precisare: «La nostra legge vieta di esibire il detenuto in condizioni di umiliazione».
Ma c’è di più. È la Lega a scatenarsi. Parla prima Igor Iezzi: «Partire dall’Italia per mettersi nei guai in Ungheria ha delle conseguenze». Poi interviene il vicesegretario Andrea Crippa: «Ogni Paese punisce come vuole e non compete a me giudicare quello che si fa in altri Stati». Infine si espone il deputato leghista Rossano Sasso: «Se fosse colpevole — e non vogliamo nemmeno immaginarlo! — sarà doveroso radiarla dalle graduatorie ministeriali», quelle a cui partecipa in quanto maestra di scuola elementare.
Fin qui, gli attacchi della destra in difesa del sistema giudiziario ungherese. Ma è evidente che la trattativa per riportare in Italia Salis passa soprattutto dall’azione diplomatica.
Al mattino, la Farnesina convoca l’incaricato d’Affari d’Ungheria e chiede di valutare anche misure alternative alla detenzione in carcere. Poi interviene Antonio Tajani. Condanna la linea di Budapest: «Non è in sintonia con la nostra civiltà giuridica». Poi però ridimensiona la portata politica degli eventi: «In punta di diritto, Orbán non c’entra niente. Non è che il governo decide il processo. La magistratura è indipendente». Quanto all’esecutivo italiano, «non possiamo intervenire, l’Ungheria è uno Stato sovrano, possiamo soltanto protestare sulle modalità di trattamento dei detenuti».
In realtà, la stretta allo stato di diritto applicata nel corso degli anni da Orbán è patrimonio comune in tutte le Cancellerie europee ed è finita nel mirino di Bruxelles. Ecco perché l’opposizione si indigna con la destra. Peppe Provenzano chiede a nome del Pd un’informativa urgente dell’esecutivo: «Abbiamo visto Solis in catene, come una bestia, come nel Medioevo. Scene che stanno scandalizzando l’intera Europa, ma non il governo italiano». Ed Elly Schlein aggiunge: «Questa vicenda conferma come Meloni si sia sempre scelta alleati e amici sbagliati, ora spezzi il silenzio».
C’è solo un deputato di Fratelli d’Italia che evita di difendere Orbán e chiede a Palazzo Chigi il massimo sforzo per liberare la ragazza detenuta. È Fabio Rampelli: «Sono certo — dice — che Meloni saprà usare tutto ciò che è in suo potere per ottenere il rientro di Salis in Italia e lo svolgimento di un giusto processo, senza catene. Quelle immagini ci hanno turbati». Un turbamento solitario o quasi, a destra.
(da La Repubblica)
Leave a Reply