TFR & 80 EURO? L’ITALIA SFIDUCIATA METTE I SOLDI NEL MATERASSO
PROPENSIONE AL RISPARMIO… DE RITA: “LE ELARGIZIONI DI RENZI AVREBBERO BISOGNO DI UN SENSO”
“Il problema degli 80 euro di Renzi è che non hanno un senso”. Giuseppe De Rita, presidente del Censis, al termine di una conversazione su cosa sta accadendo al risparmio degli italiani, commenta così quello che è avvenuto con gli stimoli all’economia ideati dal presidente del Consiglio.
“Visto il contesto in cui ci troviamo quella somma è stata troppo poco ma soprattutto non ha avuto una chiara finalità , qualcosa che motivasse davvero la spesa. Nessuno impegna i pochi soldi a disposizione se non ha un buon motivo per farlo”.
Il giudizio non vuole essere impietoso. Anzi, assomiglia più a un consiglio.
I numeri di cui parla il Censis sono tratti dal Diario della transizione da cui emerge una fotografia sul risparmio degli italiani che ben descrive l’attuale situazione di stallo.
“Negli anni della crisi — si legge — gli italiani hanno preferito tenere i soldi cash o fermi sui conti correnti, a disposizione per ogni evenienza”.
Il punto che Renzi ha sottovalutato è esattamente questo.
Il valore di contanti e depositi bancari è aumentato di 234 miliardi di euro negli ultimi sette anni.
“Le consistenze sono passate dai 975 miliardi di euro del 2007 a una massa finanziaria di 1.209 miliardi nel marzo 2014, con un incremento del 9,2% in termini reali”.
Si tratta del 30% delle attività finanziarie delle famiglie mentre erano solo il 25% nell’anno prima della crisi.
A descrivere il quadro di una incertezza crescente c’è anche il dato sugli investimenti in assicurazioni e fondi pensione aumentati nel periodo preso in esame di 125 miliardi di euro (+7,2%).
Allo stesso tempo si sono azzerati i consumi (-7,6% dal 2007 a oggi), dimezzati gli investimenti immobiliari (dalle 807 mila compravendite di abitazioni del 2007 alle 403mila del 2013), con una frenata complessiva dettata dalla crisi.
L’impatto della crisi è, secondo De Rita, fondamentale.
“Gli italiani non vedono nel risparmio un valore tradizionale, il loro comportamento è legato al periodo storico”.
E l’attuale periodo storico è legato a quella che il sociologo chiama “sobrietà ” . “Torna in auge il ‘genio contadino’, lo stesso che si è messo all’opera subito dopo la guerra. Non si tratta di paura, come crede Renzi, ma di prudenza, cautela, attesa di una prospettiva”.
I dati pubblicati dalla Banca d’Italia confermano questo giudizio.
Su oltre 9 mila miliardi di ricchezza delle famiglie, la parte del leone, oltre 5 mila miliardi, è fatta dalla ricchezza “reale”, per lo più le abitazioni (4.800 miliardi) i cui prezzi però sono scesi.
In aumento, invece, la ricchezza finanziaria che nel 2013 è cresciuta del 2,1% arrivando alla cifra di 3.896 mila miliardi di euro.
Questa “ricchezza” è concentrata nelle attività più liquide: il 27% (dato di fine del 2013 ma la percentuale, come visto, è in salita) in depositi bancari e il 7% in altre voci ancora più liquide come biglietti e monete, conti correnti postali, crediti commerciali. In totale fanno 1.320 miliardi di euro a disposizione degli italiani, tenuti a portata di mano o di bancomat.
Meno liquidi, ma percepiti come molto sicuri, le assicurazioni e i fondi pensione, compresa la la liquidità del Tfr, quella stessa che Renzi vorrebbe mettere direttamente in busta paga: si tratta di oltre 700 miliardi, il 18,2% del totale.
Le obbligazioni, cioè i titoli pubblici, ma non solo, ammontano a 624 miliardi e rappresentano il 18,6% mentre è più alta, anche grazie all’aumento del valore dei titoli in Borsa, la quota di azioni che ammonta a 916 miliardi, il 22,1% del totale.
Più ridotta, anche se in forte crescita, la quota dei fondi comuni: 308 miliardi, il 7%. A questa ricchezza complessiva occorre però detrarre la passività composta dai debiti. Soprattutto quelli bancari che ammontano a 602 miliardi, il 65% del totale di 921 miliardi.
All’interno di questo quadro c’è un alto grado di diseguaglianza.
Come sottolinea il rapporto della Banca d’Italia, nel 2012 — ultimo anno in cui i dati sono disponibili — la ricchezza detenuta dal 10% delle famiglie più ricche ha raggiunto il 46,6% del totale. Era “solo” il 45,7% nel 2010.
I dati non devono trarre in inganno perchè la complessiva propensione al risparmio in Italia è in discesa libera da circa venti anni.
Nel periodo 1992-’96 (dati Istat) la percentuale del risparmio sul reddito disponibile ammontava al 20,7% mentre nel 2012 si è ridotto all’8,2.
Questo in un contesto di contrazione drastica del potere di acquisto delle famiglie che nei cinque anni di crisi, dal 2008 al 2012, è scesa del 9,8%.
“Con gli anni 90 — dice ancora De Rita — è iniziata una fase di ‘galleggiamento’ e di attesa anche per effetto del differente sistema di conteggio monetario dovuto all’euro. Gli italiani si sono pian piano abituati a prezzi che di fatto erano il doppio di prima. A metà degli anni 2000, poi, è cominciata la crisi”.
Tutto diverso da quanto avveniva tra la fine degli anni 60 e la metà degli anni 80 quando la propensione al risparmio, pur alta, si è tradotta in una grande disponibilità a investire.
“Il numero delle imprese industriali, ricorda De Rita, è passato da 480 mila del 1971 a 980 mila nel 1981”. Segno di una “voglia di crescere e di investire”.
Oggi nessuno ha voglia di investire e lo dimostrano gli oltre mille miliardi lasciati su depositi bancari con tassi di interesse quasi nulli.
“Per investirli occorre dare incentivi, costruire finalità efficaci come la spinta alle ristrutturazioni domestiche”.
In fondo, conclude De Rita, il senso complessivo di un Paese è dato dalla somma di tante finalità individuali”. Renzi ha offerto 80 euro e altrettanti si appresta a offrirne con il Tfr in busta paga.
Ma non ha ancora trovato un senso a questa storia.
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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