TRATTATIVE FARSA, CONSULTAZIONI AL BUIO, SI ATTENDE IL VOTO DELLE REGIONALI
NESSUN PASSO IN AVANTI, SI PROCEDE CON ACCUSE RECIPROCHE, NESSUNO VUOLE UN INCARICO PER IL TIMORE-CERTEZZA DI ANDARE A SBATTERE
La pausa di riflessione del weekend, seguìta al primo giro di consultazioni dei partiti con Sergio Mattarella, non produce passi in avanti.
Buio pesto sul ‘governo che verrà ‘, mentre inizia la settimana del secondo giro di consultazioni. Tutto fermo, tanto che dal Colle ancora non hanno decidono quando inizia questo secondo round e non escludono di convocare i leader solo venerdì e sabato e non giovedì e venerdì come ipotizzato inizialmente.
Sulla crisi istituzionale piomba anche la campagna elettorale per le regionali: oggi Matteo Salvini si è concentrato sulla corsa elettorale in Friuli (al voto il 29 aprile), Luigi Di Maio ha fatto lo stesso in Molise (al voto il 22 aprile). Il puzzle è complicato, anche dal punto di vista del Colle.
Salvini in Friuli, Di Maio in Molise: distanza fisica e verbale.
Oggi il leader leghista e il pentastellato si sono solo scontrati: si appanna l’idea di vedersi prima di risalire al Colle. Lo chiede Salvini, con forza: “Abbiamo il 51 per cento di possibilità di farcela”. Ma da casa cinquestelle oggi è il giorno del no: “Zero per cento se c’è anche Berlusconi”, non ci sono le condizioni per un incontro.
Salvini insiste sulla formula dell’accordo con tutto il centrodestra, vuole evitare che si realizzi l’alternativa proposta da Giorgia Meloni: farsi dare un pre-incarico come coalizione e cercare i voti in Parlamento.
Antonio Tajani addirittura dice che Di Maio dovrebbe chiedere “scusa” per tutte le offese di questi anni a Silvio Berlusconi. Come chiedere la luna. Nulla da fare: mentre incombe il secondo giro di consultazioni al Quirinale, le posizioni si allontanano invece di avvicinarsi.
Di Maio aspetta risposte anche dall’altro ‘forno’ attrezzato in questa crisi istituzionale: quello col Pd. O meglio: con i non-renziani del Pd.
Il fronte pro-dialogo – da Franceschini a Martina – si è rafforzato in questi ultimi giorni e domani si farà sentire nell’assemblea dei gruppi parlamentari. Ma oggi anche il mite Graziano Delrio ferma tutto: “Non c’è nessuna possibilità di un governo M5S-Pd. Le distanze sono talmente tante e profonde che sarebbe difficile immaginare il contrario”.
Il ministro parla a ‘Otto e mezzo’ dopo un incontro con Renzi nel suo ufficio di Palazzo Giustiniani. Lì l’ex segretario ha dato la linea – per lo meno la sua – in vista della riunione di domani, nonchè dell’assemblea nazionale che il 21 aprile deciderà la futura leadership del partito (Martina) oppure avvierà il congresso con le primarie (Richetti è già in pista per questa ipotesi).
Ogni giorno i più ortodossi tra i renziani vanno a caccia di motivi per dire no ad un accordo con i pentastellati. E anche oggi lo trovano nelle parole del capogruppo M5s al Senato Danilo Toninelli: “Penso che il Pd nei prossimi giorni cambi idea perchè gli stiamo dando un’importante possibilità di riscattarsi per i fallimenti degli ultimi anni”. Apriti cielo. “Ha già un modello per l’abjura?”, gli risponde l’omologo renziano Andrea Marcucci. “Questo sarebbe confronto. Lessico da Inquisizione modello Torquemada: parlamento italiano nel 2018 o caccia agli eretici in Spagna nel 500?”, twitta il renziano Michele Anzaldi.
Ecco, ma ciò non toglie che domani l’assemblea Dem potrebbe prendere una decisione sull’incontro proposto da Di Maio a Martina prima del secondo giro di consultazioni. “Non dobbiamo andarci: sarebbe un incontro finto, ci direbbe sì a tutto pur di andare a Palazzo Chigi – ci dice una fonte renziana – L’unica cosa su cui Di Maio potrebbe dirci di no è se gli chiediamo di mollare sulla premiership…”.
E questa è la carta che potrebbe complicare ulteriormente le cose anche tra cinquestelle e Pd: perchè chiedere il passo indietro di Di Maio è un’opzione che si fa strada anche tra i dialoganti del Pd, che restano comunque frenati dai renziani.
Nessuna schiarita sul governo. I bookmaker di palazzo scommettono che anche questa settimana passerà inutilmente e forse tutto il mese di aprile non darà frutto.
(da “Huffingtonpost”)
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