TRUMP RICONOSCE LA VITTORIA DI BIDEN, VIA LIBERA ALLA TRANSIZIONE CON IL TEAM DI BIDEN
ORA SALVINI E LA MELONI POSSONO MANDARE IL TELEGRAMMA DI CONGRATULAZIONI A BIDEN E CAMBIARE MASCHERINA DA BUONI TRASFORMISTI DA AVANSPETTACOLO
Game Over. Dopo che ieri sera anche il Michgan ha certificato ufficialmente la vittoria del rivale Joe Biden, il presidente Donald Trump ammette la sconfitta: o quasi.
“Ho dato ordine alla General Service Administration e al mio team di avviare i protocolli” conferma via Twitter. “Nell’interesse del Paese”, insomma, la transizione può formalmente iniziare. Allo stesso tempo il presidente insiste: “Continueremo la battaglia, vinceremo”.
Sostenendo che la repubblicana Emily Murphy, capo della Gsa che finora ha tenuto in stand-by la certificazione “è stata tormentata, minacciata, molestata e non voglio che accada niente a lei e ai suoi dipendenti”.
Ragazzi, che giornata. Iniziata con indiscrezioni sulla squadra di governo di Biden, e la conferma, in mattinata della scelta di Tony Blinken come segretario di Stato. Un fedelissimo di Biden, la cui filosofia politica si basa su multilateralismo, alleanze, interventismo nelle aree di crisi: “Nessuno dei problemi da affrontare come nazione e come pianeta, dai cambiamenti climatici alla pandemia fino ai pericoli di armi non convenzionali, ha soluzioni unilaterali.
Nemmeno un Paese potente come gli Stati Uniti può cavarsela da solo” aveva detto lui nel corso del Forum dell’americano Hudson Institute, lo scorso luglio. Per Joe Biden è una “superstar capace di fare qualsiasi lavoro”: come lo descrisse al Washington Post nel 2014, quando Obama glielo “scippò” per farne il numero due del Dipartimento di Stato.
La scelta di un veterano che ha maneggiato i principali dossier di politica estera serve d’altronde a dare ai leader mondiali un preciso segnale. Priorità della nuova amministrazione sarà tessere accordi e ricostruire alleanze: “Una nuova squadra per tornare a capotavola nel mondo”, come ha commentato ieri Biden.
Nato a New York nel 1962, figlio dell’economista Donald, ambasciatore in Ungheria fra 1994 e 1998, Blinken è cresciuto a Parigi insieme alla madre Judith e al suo secondo marito, il celebre avvocato Sam Pisar, sopravvissuto all’Olocausto e direttore della Fondation pour la Mèmoire de la Shoah. In Francia, dove ha studiato, ha ancora una fitta rete di contatti culturali e politici. Laureatosi a Columbia, entra al Dipartimento di Stato nel 1995: nel desk degli Affari europei dell’amministrazione Clinton.
Nel 2002, è capo dello staff della commissione Affari esteri del Senato: guidata da Biden. Che nel 2008 lo porta alla Casa Bianca come consigliere alla Sicurezza Nazionale. Finchè nel 2014 Barack Obama lo chiama appunto a Foggy Bottom, dove si occupa di Crimea, Medio Oriente e partecipa agli sforzi per l’accordo sul nucleare iraniano che Biden intende rilanciare.
Ad aiutarlo, in questo, sarà l’amico Jack Sullivan, 43 anni, già guida di quei negoziati, nominato consigliere alla Sicurezza Nazionale. Pure lui vicino a Biden: come tutta la quadra che si occuperà di sicurezza e politica estera. Scelta all’insegna della continuità con le scelte dell’amministrazione Obama. Spicca, in tal senso, il nome dell’ex segretario di Stato John Kerry Inviato speciale sul clima. Avril Haines, ex vicedirettore della Cia, ora prima donna a guidare l’Intelligence. Alla diplomatica afroamericana Linda Thomas-Greenfield va il delicato compito di ambasciatrice alle Nazioni Unite. Il cubano Alejandro Mayorkas, sarà il primo latino alla guida di quell’Homeland Security che si occupa pure d’immigrazione. L’era Biden è ufficialmente iniziata.
(da agenzie)
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