ULTIMO TENTATIVO RIMPASTO: LETTA VUOLE COINVOLGERE I RENZIANI DOC
DEL RIO AGLI INTERNI E ALTRI TRE SUBENTRI, MA RENZI (CHE NOTORIAMENTE PRIMA PENSA ALL’ITALIA CHE A SE STESSO) PONE IL VETO AI SUOI: “GUAI A VOI”
Il blitz è annunciato da Sochi: “Lunedì, dopo aver consultato il capo dello Stato prenderò un’iniziativa per sbloccare la situazione”.
Sarà l’aria agonistica delle Olimpiadi, sarà che vive la data del 20 febbraio come il vero inizio della fine, per una volta Enrico Letta sceglie di giocare d’anticipo rispetto alla direzione del Pd.
E, di fatto, fa intendere che la prossima settimana ci sarà il “rilancio” su programma di cui si parla da mesi — doveva essere pronto il 21 gennaio — e, soprattutto, il rimpasto.
È il giro di poltrone provando a coinvolgere qualche renziano la “mossa” pensata e studiata da Letta per provare a disinnescare il “manovrone” che porti Renzi a palazzo Chigi. E quantomento per durare qualche altro mese. Non è un caso che Letta potrebbe salire al Colle già martedì, a discussione in corso sulla legge elettorale, per un primo confronto sulla lista di ministri. Per poi tornarci in settimana e “chiudere” il rimpasto.
Un timing pensato non solo in relazione alla direzione del Pd. Ma anche in relazione al calendario della Camera, dove l’Incidente è dietro l’angolo. Su legge elettorale e salva Roma.
In caso di incidente sarebbe ineludibile un nuovo governo che passi attraverso le sue dimissioni. Ma ormai Letta è consapevole che se scende dal Colle dimissionario, non risale più. E allora meglio provare a gestire distribuendo poltrone. Ecco perchè l’operazione rimpasto è già in fase avanzata.
C’è già stato un confronto col Colle, sia pur coperto e “informale”. Quantomeno su quello che a palazzo Chigi chiamano “metodo”. Non è un caso che il punto dell’operazione sia che “non si può superare il numero di 4 ministri da cambiare”.
È questo il responso del confronto tra uffici giuridici di palazzo Chigi e quelli del Quirinale, analizzando i precedenti dal dopoguerra a oggi.
Altrimenti, se la riorganizzazione è più profonda, occorre una “crisi pilotata” che porti a un Letta bis. Ipotesi che a Letta fa venire le “bolle” come a Renzi il “rimpasto”.
È in questa cornice che prende forma il nuovo organigramma. Che ha già delle caselle occupate. Altre soggette ad alcune variabili.
La certezza, se di certezze si può parlare in questi casi, è la promozione agli Interni di Graziano Delrio, l’unico ministro renziano e molto stimato dal Quirinale, per dare l’idea di un coinvolgimento di Renzi nel governo.
Mentre Alfano ha già dato disponibilità a lasciare il Viminale, tenendo solo l’incarico di vicepremier e capo della delegazione di Ncd al governo.
Tra le certezza c’è anche l’intoccabilità dei ministri in quota Colle sin dal primo minuto, come Saccomanni e la Bonino.
Mentre assai meno intoccabile è Anna Maria Cancellieri che potrebbe essere verrebbe sostituita con una figura sempre di “alto profilo”.
È a questo punto che subentrano le variabili su cui Letta si confronterà col Colle per sostituire gli altri posti: quello di Zanonato allo Sviluppo, quello di Giovannini al Lavoro, l’Agricoltura lasciata vacante dalla De Girolamo, gli Affari Regionali liberati dal passaggio di Delrio agli Interni, più il viceministero dell’Economia che fu di Fassina e il viceministero degli Esteri lasciato da Bruno Archi quando Forza Italia uscì dal governo.
Il tentativo che Letta farà fino all’ultimo è quello di convincere ad accettare i renziani puri, da Nardella a Maria Elena Boschi a Simona Bonafè.
Per loro sacrificherebbe chiunque: se entra la Boschi, via Quagliariello. Se entra Nardella via D’Alia. E qualcosa dell’operazione deve essere arrivata anche all’orecchio del sindaco-segretario se tra i suoi si parla di operazione “cavallo di Troia”. Renzi ha già detto “guai a voi”.
La sua linea è: “Il rimpasto è un problema di Letta. Sarà lui ad assumersi la responsabilità delle scelte”.
Perchè basta che uno tra i suoi uomini “simbolo” e il premier si giocherà la carta del coinvolgimento pieno del Pd
Nell’inner circle del segretario aleggia anche il sospetto che Letta già sa che nessuno dei renziani veri entrerà , ma fa circolare i nomi ad arte, “così sui giornali sarà evidente che sta provando a coinvolgere tutti, ma è Matteo che vuole sabotare”.
E allora si capisce su questi presupposti perchè il rimpasto che Letta considera certo non è un “governo Renzi senza Renzi” ma un’operazione molto più soft.
Che consiste nel coinvolgere “personalità di area”.
Già contattato Enrico Morando, uno dei principali collaboratori di Veltroni ai tempi del Lingotto, ora renziano ma soprattutto uno con una decennale consuetudine con Giorgio Napolitano. Sondato Yoram Gutgeld.
Un rimpastino, insomma. E nella partita a scacchi con Renzi al Nazareno c’è già chi scommette che la reazione di Renzi sarà dolcemente perfida: “Bene, abbiamo detto che il rimpasto spettava a Letta. Ha fatto quello che ritiene opportuno per un governo che doveva durare 18 mesi. Ne sono passati dieci… Ora ne mancano otto”.
(da “Huffingtonpost”)
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