UN ANNO FA L’INCENDIO DI NOTRE-DAME, IL CORONAVIRUS FERMA IL CANTIERE
“SARA’ RICOSTRUITA IN 5 ANNI”
“Ricostruiremo Notre-Dame in cinque anni, l’ho promesso. Faremo di tutto per rispettare questa scadenza”. Un anno dopo l’incendio che ha devastato la cattedrale di Parigi, Emmanuel Macron ha registrato un breve video nel quale ringrazia “tutti quelli che ieri l’hanno salvata e quelli che oggi la ricostruiscono”.
Secondo Macron, il restauro di Notre-Dame è un “simbolo della resilienza”, tanto più prezioso nell’attuale crisi. Stasera, giorno del primo anniversario del rogo, la grossa campana “Emmanuel” della torre sud suonerà per commemorare l’inizio dell’incendio, ma anche in coincidenza con l’orario che i francesi dedicano agli applausi alle finestre per rendere omaggio al personale medico.
L’emergenza sanitaria e il confinamento hanno bloccato il “cantiere del secolo”. Dal 16 marzo tutto si è fermato, gli oltre duecento operai sono a casa in attesa di capire quando sarà possibile ricominciare. “Già nelle prossime settimane”, annuncia il generale Jean-Louis Georgelin, commissario straordinario per i lavori, in vista della fine del lockdown l’11 maggio. Il cantiere ha già subito pause e ritardi. Dopo 12 mesi non è ancora finita la messa in sicurezza della cattedrale, e della ricostruzione si comincerà a parlare – se tutto va bene – l’anno prossimo.
Il primo stop era arrivato a luglio quando il Prefetto aveva ordinato la sospensione per il rischio di contaminazione da piombo. La guglia ottocentesca che si è fusa nell’incendio ha rilasciato trecento tonnellate di piombo nell’area.
A metà agosto il cantiere ha riaperto con procedure di sicurezza molto più rigide. E una burocrazia che ha rallentato i bandi per affrontare il problema più grosso di questa fase: smantellare la gigantesca impalcatura montata per il restauro della guglia, da dove è partito l’incendio.
Oltre 40mila tubi che si sono fusi nelle fiamme e bisognerà rimuoverli con precauzione per non provocare ulteriori danni sulla struttura del monumento. Finalmente a dicembre è arrivata la gigantesca gru, alta 80 metri: servirà alla delicata missione che doveva cominciare proprio quando è arrivato il coronavirus.
“Notre-Dame è un po’ l’immagine di tante persone che soffrono in questo momento: ferita, e con urgente bisogno di cure” ha ricordato a Repubblica il rettore della cattedrale, Patrick Chauvet.
Insieme all’arcivescovo di Parigi, Chauvet ha partecipato a una cerimonia dentro alla cattedrale qualche giorno fa, in occasione del Venerdì Santo. La montagna di detriti nella navata centrale è stata finalmente portata via, le opere d’arte e reliquie sono al sicuro.
Ci sono ancora l’altare con il crocifisso in oro e la madonnina scoperta miracolosamente intatta dopo l’incendio. Il rettore di Notre-Dame vorrebbe sistemare una copia della Madonnina sul sagrato quando potrà finalmente essere riaperto al pubblico.
Era un altro degli obiettivi di questa primavera: aprire uno spazio davanti al monumento per permettere ai pellegrini di raccogliersi in preghiera.
I tempi del cantiere si calcolano invece in anni. Saranno cinque come dice Macron? Chauvet è realista. Crede al traguardo del 2024 solo per la ricostruzione di tetto e struttura.
“Ho 68 anni e spero di poter riprendere la vita liturgica dentro alla cattedrale prima della pensione che per fortuna nella Chiesa è a 75 anni”. Per ritrovare Notre-Dame nella sua magnificenza, con la nuova guglia, Chauvet è convinto che ci potrebbero volere anche quindici anni.
Intanto, la buona notizia è che il cantiere ha un immenso tesoretto, frutto del record di donazioni dell’anno scorso. Il calcolo finale è di 901,5 milioni di euro, di cui 188,3 milioni già stanziati. I principali donatori sono grandi gruppi francesi: Lvmh, Kering e L’Orèal.
Bisognerà aspettare anche per sapere le cause dell’incendio. L’inchiesta della polizia scientifica sull’incendio di Notre-Dame ha confermato la tesi dell’incidente. Non sono state trovate tracce di carburanti nè altri elementi che possano far pensare al gesto di un piromane. Continua l’analisi dei reperti trovati nel monumento in parte distrutto.
Decisivi saranno anche gli elementi dell’impalcatura smontata. Le due ipotesi degli investigatori continuano a essere un corto-circuito e qualche negligenza da parte delle imprese intorno alla guglia. Scavando tra le macerie, sono stati sequestrati possibili indizi, tra cui mozziconi di sigaretta alcuni operai che avevano fumato sul cantiere in corso. I filmati e le testimonianze hanno smentito che ci fossero stati nelle ore prima del rogo lavori di saldatura.
Sull’origine di un possibile corto-circuito, si guarda all’ascensore installato nell’impalcatura ma anche al sistema dentro al campanile attivato qualche minuto prima delle prime fiamme.
L’indagine ha anche evidenziato gravi disfunzioni della società incaricata del sistema anti-incendio. Il 15 aprile 2019 era presente un solo addetto nei locali di sicurezza, un funzionario nuovo in quel lavoro che non ha saputo leggere il primo messaggio di allarme, arrivato alle 18.13: solo mezz’ora dopo sono stati allertati i pompieri.
(da “La Repubblica”)
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