VECCHI RIVALI E NUOVI AMICI: INSIEME NELLA RESISTENZA CONTRO I TALEBANI
SU CHI PUO’ CONTARE IL COMANDANTE MASSUD
Ahmad Massud, il figlio del comandante Ahmad Shah, sta guadagnando in popolarità da diversi mesi, sin da prima del collasso della Repubblica Islamica.
Rimane tuttavia un leader non testato, specie sul piano militare. Le sue milizie hanno fatto poco in maggio-agosto, anche perché i talebani non hanno raggiunto il Panshir prima della caduta di Kabul.
In Panshir, Ahmad e i suoi alleati (tra cui l’ex presidente Saleh e l’ex ministro della difesa Mohammadi) possono mobilitare fino a 3.000 seguaci e sfruttare la complessa geografia della provincia per resistere ai talebani. Possono contare anche su vaste scorte di armi e munizioni accumulate nella provincia, originariamente per essere nelle condizioni di resistere ai governi di Karzai e di Ghani.
Ma al contrario di suo padre negli anni ’80 e ’90, Ahmad almeno inizialmente non può contare su molto aiuto delle regioni vicine. La rivolta nei giorni scorsi di alcune milizie in Andarab, una regione confinante con Panshir, gli offre però qualche speranza, specie considerato che gli andarabi sono tradizionali alleati dei panshiri e potrebbero mobilitare migliaia di uomini. Per sopravvivere ed espandere la resistenza, però, Ahmad ed i suoi alleati devono convincere altri gruppi nelle regioni circostanti ad unirsi a loro.
Dato che i talebani non hanno disarmato le varie milizie che dominano gran parte delle aree rurali afghane, una rivolta potrebbe in linea di principio diffondersi rapidamente. Candidati di primo piano ad unirsi ai panshiri sono le milizie di Kapisa, altra provincia confinante col Panshir, specie i nijrabi. Sebbene negli ultimi tempi non siano andati molto d’accordo con i panshiri, i nijrabi in giugno-agosto hanno combattuto i talebani più aspramente di qualsiasi altra milizia. Sono circa 800 uomini.
Decisivo nel lungo periodo sarà comunque l’atteggiamento delle forze di Salahuddin Rabbani nel Nord-est (diverse migliaia) ed altri gruppi minori, tutti tagichi e come i panshiri con radici nella “Jami’at Islami” del padre di Rabbani. Senza queste forze una resistenza non sarà sostenibile. Rabbani, però, è stato uno dei primi a mettersi d’accordo con i talebani ed ha rapporti stretti con gli iraniani, che non vogliono che si allontani da loro.
Gli altri attori di un qualche peso che si sono messi in contatto con Ahmad Massud sono quel che rimane degli Uzbeki del generale Dostum, alcuni dei quali sono riusciti a raggiungere il Panshir, e Alipoor, il comandante hazara che negli anni passati aveva sfidato il governo di Kabul nella regione centrale dell’Hazarajat. Tra gli uomini di Massud e quelli di Rabbani c’è di mezzo la regione di Mazar-i Sharif, in passato controllata da Atta Mohammad Noor, un altro uomo forte della vecchia “Jami’at”, attualmente rifugiato in Uzbekistan. La prestazione di Atta sul campo di battaglia in maggio-agosto è stata deludente, ma lui sostiene di volersi unire alla resistenza. Pochi sono disposti però a fare affidamento su di lui.
Tra gli uomini di Alipoor (un migliaio) e quelli di Massud ci sono i gangster e i comandanti di Parwan, molti dei quali si sono messi d’accordo con i talebani. Anche loro legati alla “Jami’at”, potrebbero considerare la resistenza se rimanessero delusi dal nuovo regime. Potenzialmente, ci sono alcune migliaia di miliziani in Parwan, ma questi gangsters non sono mai andati d’accordo gli uni con gli altri e difficilmente lo faranno in futuro.
Come si vede, far partire una resistenza anche solo tra i non-pashtun (tagiki, hazara ed uzbechi) non è così semplice: gli interessi divergono. A ciò si aggiunge il fatto che ben pochi tra i leader pashtun vogliono avere a che fare con i panshiri e mai accetterebbero di partecipare a un movimento guidato da loro. Dostum e Alipoor sono altre ossessioni (negative) fisse di molti pashtun. Pertanto, un movimento d’opposizione con tali pedigree non potrebbe estendersi all’Est e al Sud.
In realtà, Ahmad Massud è conscio dei problemi che la “seconda resistenza” deve affrontare. Al contrario di Dostum e Saleh, che non hanno nulla da perdere (avendo già perso tutto), Ahmad Massud deve pensare anche agli interessi della sua comunità, la valle del Panshir. Chiaramente, i talebani metterebbero la valle sotto assedio se la resistenza dovesse spiccare il volo. Di recente Ahmad ha accettato la mediazione di Abdullah per trattative con i talebani. Secondo fonti vicine ad Abdullah, negli ultimi giorni i talebani avrebbero accettato di incrementare la loro offerta originaria di un 15% del “bottino” al 30%. I talebani hanno anche “riabilitato” il padre di Ahmad, Ahmad Shah, che fu assassinato da Al Qaeda nel 2001.
Ahmad continua a negoziare, anche se ha rifiutato l’offerta del 30% come insufficiente. Secondo la fonte, ha dato la propria disponibilità ad un accordo se i talebani offriranno una quota del 50% di tutte le posizioni di potere ai vecchi “azionisti” della Repubblica Islamica.
I negoziati formali cominceranno solo ora con l’arrivo di Baradar, capo negoziatore dei talebani a Doha, accreditato come prossimo presidente della Repubblica, a Kabul. Per i talebani, comunque, il 50% è una soglia alta perché devono anche soddisfare tutti i raggruppamenti interni. I talebani dell’Est controllano Kabul e non potranno non ricevere la loro fetta, ma anche i talebani del Nord (Tagiki ed Uzbechi) reclamano a gran voce una rappresentanza.
L’instaurazione di un regime autocratico appare sempre più una chimera per i talebani, che oltretutto hanno bisogno di soldi per riattivare la macchina dello Stato afgano, ed uno spauracchio per i loro avversari. E se guardando al futuro il rischio reale fosse il caos?
(da agenzie)
Leave a Reply