VIAGGIO NELLA TERRA DEGLI INDECISI: “VORREMMO CAMBIARE L’ITALIA MA NON SAPPIAMO COME”
UNA PERCENTUALE CHE OSCILLA TRA IL 13% E IL 25% SARA’ DECISIVA IL 4 DICEMBRE
Il popolo degli indecisi sarà l’ago della bilancia nel referendum del prossimo 4 dicembre. Che siano il 13% (nella valutazione Ipsos) o il 25% (Demos e Demopolis) spetterà a loro decidere se la Costituzione deve essere cambiata.
Sono tanti, diversi per formazione, idee politiche, età . Tormentati dalla scelta.
C’è Luigi Silvestrini, ristoratore, 68 anni, che ha sempre votato a destra ma che adesso voterà «cercando di fare il bene del nostro paese».
Cioè? «Non voglio votare contro qualcuno, come farà il 90 per cento delle persone che conosco, ma in maniera positiva, immaginando che si vada a stare meglio. Che ci sia un ricambio di classe politica. Non sono sicuro però di questa riforma, io il Senato lo avrei abolito del tutto e non mi piace che sia composto da sindaci e consiglieri regionali». Opposto l’atteggiamento di Anton Giulio Grande, stilista che vorrebbe votare contro Renzi, «ma non è deciso perchè capisco che il paese ha bisogno di un cambiamento e di un leader che sia tale, con maggiori poteri».
Giovanna Palmieri, architetto, 49 anni, dice che gli verrebbe «da votare no».
«Poi però penso che forse è sbagliato opporsi a un inizio di cambiamento. E penso che forse sarebbe più giusto il Sì. In più vedo alcuni politici che voteranno No e non mi piacciono affatto. Ma proprio non riesco a decidermi per il Sì».
A Gianni Grimaldi, pensionato, «non convince per niente il Senato come Camera regionale». «E poi ho paura di una deriva autoritaria se rimane l’Italicum, e del fatto che si accentri ancora più potere a Roma, ma non credo che sia un bene neanche rimanere immobili. Mi sento chiuso all’angolo e non so come uscirne, vorrei scegliere per il meglio e per i nipoti e i figli».
Tra chi considera come scelta la possibilità di rimanere a casa c’è Alessandra De Monte: «perchè veramente ho difficoltà a decidere, anche se non è corretto delegare la scelta agli altri. Rischiamo l’immobilismo, ma questa è una riforma in cui non mi riconosco. Finchè c’è Renzi mi sento tranquilla, ma metti che domani il potere lo prende Salvini siamo fritti. E poi – aggiunge – che razza di idea mettere in Senato i sindaci, gli assessori, quando abbiamo tutti i comuni inquisiti?».
Michela Zaffarana, ostetrica vuole andare a votare «nella speranza che cambi qualcosa». «Del Sì mi convince il taglio alle spese della politica, la diminuzione del numero dei parlamentari, ma non basta per cambiare 47 articoli della nostra bella Costituzione. Seguo i politici nei loro dibattiti, ma alla fine mi confondono di più le idee. Ci sono ragioni da tutte e due le parti dello schieramento. Certo, la tentazione di provare a cambiare qualcosa nel paese è forte. Ma è forte anche la paura che si cambi in peggio».
Edoardo De Giorgio, esperto di comunicazione dice che è «più portato a votare No, «ma poi sento Renzi e mi convince. Una spinta verso il Sì me la da anche il fatto che Veltroni si sia schierato, ma poi tornano le paure perchè la nostra Costituzione è bellissima e mi dà sicurezza, garantisce la democrazia. Come anche il bicameralismo. Non voglio che sia un voto contro qualcuno, sono confuso».
Manfredi Latini, studente di legge, 21 anni, vorrebbe votare «Sì», anche se il suo «cuore giuridico« gli suggerisce il «No».
«Non sono d’accordo sul Senato, sul fatto che i senatori non vengano eletti direttamente: e poi perchè 21 sindaci devono eleggere 2 giudici della corte costituzionale?».
Ed è in questa terra di nessuno, popolata da dubbi e domande, tra elettori in cerca di rassicurazioni, che i due schieramenti dovranno lavorare per portarsi a casa il risultato.
Maria Corbi
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