Novembre 26th, 2020 admin
CON LE SUE VIRTU’ E I SUOI VIZI E’ STATO L’INSIEME DI TUTTO IL MEGLIO E IL PEGGIO CHE LA MIA TERRA HA GENERATO
Non pensavo fosse mortale, invece mi accorgo solo oggi che era un uomo e non il Dio nel cui culto, da ragazzino vivevo (sono del ‘79, avevo 7 anni quando arrivò il primo scudetto e 10 quando arrivò il secondo).
Ora, come faccio a spiegare ai non-napoletani che cosa è stato Diego Armando Maradona? L’insieme di tutto il meglio e il peggio che la mia terra ha generato.
Come faccio a spiegare che, esattamente come un dio, i vizi, gli errori, i crimini commessi erano solo l’ombra che rendeva il Dio più luminoso ancora?
Esattamente come gli dei, i cui vizi li rendevano così simili a noi eppure nella narrazione, nella loro crudeltà, nel loro errore, stagliavano ancora più grande il loro pregio, la loro qualità.
Diego Armando Maradona è tutto in quel bambino che sta giocando nel fango e quando gli chiedono cosa vorrebbe fare, risponde: giocare un mondiale e vincerlo. Come posso spiegare che Maradona è stato il riscatto? Il riscatto, sì.
Il riscatto perché una squadra del Sud non aveva mai vinto uno scudetto, una squadra del Sud non aveva mai vinto una Coppa Uefa, una squadra del Sud non era mai stata al centro dell’attenzione mondiale. Con Maradona ci temevano in nome di una abilità non di una minaccia o un pregiudizio, con Maradona c’era qualcuno che non ingannava, era li a mantenere unico una promessa di felicità che tutti invece avevano tradito. Diego era lì, non tradiva. Aveva deciso lui, il più grande calciatore della terra, di non giocare nella Juventus. E già questo era per noi motivo di indissolubile legame.
Anzi, a Torino, Maradona compirà la vendetta che i napoletani aspettavano da una vita.
È il 3 a 1 della vittoria fuori casa a Torino contro la Juve (1986), è la punizione dell’1 a 0 al San Paolo (1985), è vedere tutti gli operai campani che lavoravano al Nord e gli emigranti napoletani, sentire che la squadra in quel momento interpretava la loro voglia di vittoria. Diego era perfetto per Napoli, era un argentino-napoletano, sembrava costruito per far innamorare questo popolo.
Correva a giocare in un campo di patate ad Acerra in uno dei suoi continui gesti di generosità. Nell’85 il padre di un ragazzino che ha bisogno di un’operazione per salvarsi la vita chiede a Maradona di poter giocare per raccogliere soldi ad Acerra. Ferlaino, il presidente, non acconsente alla richiesta e Maradona paga una clausola di 12 milioni di lire e gioca in questo campo di patate, fangoso, dicendo: “Si fottessero i Lloyd di Londra, io gioco lo stesso”. Diego era un immortale e come chi è immortale è costretto a vivere sistematicamente di espedienti.
Goicoechea in Spagna gli fa un’entrata assurda sulle gambe e gliele spezza. Lo considerano un giocatore finito. Il Barcellona lo dà via al Napoli, le altre squadre sono diffidenti, il Napoli paga una cifra immensa per i tempi e Maradona rinasce.
Il doping, il vizio in cui lui cade, non gli servì a migliorare le prestazioni, anzi la coca fu un tormento e una dannazione. Diventa immediatamente un dio, un dio perché vince contro le squadre che impedivano sempre la vittoria, un dio perché non diventa lo sponsor delle aziende che in quel momento hanno tutti i più grandi marchi. Lui rappresenterà la Puma mentre tutti gli altri erano Adidas e Nike.
E poi è impossibile raccontare cosa è stato Maradona. Maradona era il calcio e Maradona trascendeva il calcio, come tutto ciò che diventa simbolo; schiacciato completamente da una vita in cui era assediato, dove tutti chiedevano cose, cose, cose… A quel punto lui entra nel vortice. La Camorra ne comprende le debolezze, gli fornisce il veleno, la coca, le escort, lo tiene sotto estorsione.
Il gossip vuole qualsiasi informazione su di lui e però c’è qualcosa che lo salva sempre: la voglia di giocare a calcio, un corpo incomprensibilmente unico, che nonostante i vizi, il poco allenamento, quando entra in campo non cade mai, non si ferma.
Maradona non ha nulla a che fare con i calciatori del presente, fragili, che come vengono toccati vanno giù, che cercano la punizione; diverso anche dalla fisicità da body builder che ormai costruisce i calciatori.
Maradona non era un calciatore moderno, aveva la fisicità dei grandi calciatori del passato, del connazionale Sivori. Maradona giovane poteva assomigliare più a Garrincha che a Van Basten o Gullit.
Maradona fu imperdonabile nel suo cedere alla frequentazione di boss e trafficanti, con agenti come Guillermo Coppola, ma era anche un uomo solo, il più solo del mondo, solo con quel talento che sempre lo salvava e sempre lo faceva riconciliare con la sua gente.
Cosa è stato per me Maradona? Beh, la prima risposta è: quello che starà provando mio padre. Non l’ho neanche chiamato. Il dolore che mio padre starà provando è infinito, come se fosse morto suo padre, come se fosse morto suo figlio, come se fosse morto l’amico più vicino.
Maradona l’ha fatto stare bene. Maradona era finalmente qualcosa che non lo faceva sentire sconfitto, inefficiente, come ci si sentiva (e spesso ci si sente ancora) quando si nasce in una delle province più difficili del sud Italia. Ecco cos’è Maradona per me. È stato formazione. Provate a chiedere a tutti quei ragazzi che marinavano la scuola per andare a vedere i suoi allenamenti il mercoledì.
Cos’è stato Maradona? E chi lo dimentica. Stadio San Paolo, Italia-Argentina. I tifosi napoletani tifano ovviamente per l’Italia, applaudono quando c’è il gol di Schillaci sull’1 a 0. Ma dopo il pareggio di Caniggia, la parte non napoletana del tifo inizia a insultare Maradona, null’altro che fischiare e insultarlo.
Ma la curva non poteva permettere che si offendesse Maradona e così le aste smisero di sventolare il tricolore. Si intonò solo una parola: “Diego. Diego”. È il mondiale che gli fu portato via, Italia ‘90, regalando un rigore inesistente alla Germania. Era un mondiale che stava vincendo da solo. Come vinse da solo quello in Messico e come quello degli Stati Uniti quando stava portando l’Argentina a grandi risultati.
Si tifava Maradona, si difendeva Maradona perché in quel momento la nazione era Maradona, la propria patria era Maradona. Non c’entravano più i confini geografici, non la maglietta, la lingua. Contava il fatto che ti identificavi nell’uomo che ti aveva fatto gioire, che ti aveva fatto vincere, e che l’aveva fatto anche con correttezza.
Sì, la mano di Dio: la mano di Dio vista come una grande scorrettezza sportiva… La grande provocazione di Diego alla guerra inglese delle Falkland, ma soprattutto il dileggio. Non potevo certo perdermi quel gol per qualche centimetro che Dio non mi ha dato. Nella stessa partita, la furberia del gol fatto con la mano e il genio assoluto del secondo gol magnifico, unico.
Maradona non poteva che essere grande a Napoli, non nonostante Napoli, ma proprio a Napoli e proprio perché aveva quello spirito di riscatto e di slancio, di melodramma, che lo faceva riconoscere figlio di quella terra.
Maradona, che era indisciplinato ovunque, in campo era disciplinatissimo. Maradona rispettò sempre il gioco del calcio, e quindi gli avversari. Giocava sempre, non cercava l’infortunio, non cercava di fuggire dalla partita, non cercava lo scontro. Il gol più bello che sia stato realizzato? Quello a Città del Messico, con la maglia dell’Argentina.
Cosa significa rispettare l’arte che si sta praticando? Poteva farsi toccare da qualsiasi difensore, prendere una punizione, o al contrario i difensori potevano buttarlo giù e invece Maradona, uno a uno li salta, impedendo persino al cronista di pronunciare i nomi dei difensori che sta scartando, perché va troppo veloce.
Veloce ed estroso, senza mai guardare la palla. La forza di Maradona era questa, riuscire a tenere la palla incollata tenendo lo sguardo alto, cosa che lo rendeva elegantissimo. Ma come posso spiegare ai non napoletani che Maradona aveva sposato completamente lo spirito della città e dei suoi abitanti… Era un’alleanza naturale, un ritrovarsi. Quando arrivò allo stadio per la prima volta, il San Paolo era pieno, come se ci fosse stata una finale. Non accadrà mai più a nessun giocatore, in nessun’altra parte d’Europa una cosa del genere. Un intero stadio pieno.
E ora che non c’è più, sento di essere davvero invecchiato di colpo. Maradona è stato la mia infanzia. È stato la fortuna di poter avere un cugino juventino esattamente quando nel Napoli c’era Diego. Immaginate la soddisfazione, il godimento.
Maradona è stato il sogno che dissipava tutto il peso che vedevo su mio padre, su mio nonno Stefano, sui miei zii; tutta la loro fatica, tutto l’impegno, la difficoltà svaniva nel vedere quest’uomo giocare. E giocare sempre con un piglio ribelle. Anche la sua infatuazione per i dittatori marxisti faceva parte del suo, come definirlo?, “delirio ribellistico”.
Diego Armando Maradona è stato un uomo che non ha messo mai il suo talento al servizio di qualcosa. L’uomo si è venduto, il suo talento mai. Ed è il suo talento che aveva donato a Napoli. Poteva andare ovunque e invece è stato nella città che lo ha reso Dio e lo ha difeso.
Maradona, in qualche modo, voleva che non vincesse la negoziazione dello sport, ma lo sport stesso, non la strategia dello sport ma l’abilità, la capacità, voleva che il calcio rimanesse calcio.
Maradona come tutti voleva guadagnare e star bene, ma in vita ha dovuto subire un’infinita quantità di ingiustizie perché non voleva partecipare alla strategia degli scambi, alla furbizia di uno sport determinato dagli accordi. E non perché fosse un giusto, ma perché voleva giocare a pallone, voleva che solo il pallone contasse.
E come potrò spiegare a chi non è di Napoli cosa è stato Maradona? Non posso spiegarlo. Stavolta il dolore ce lo teniamo noi e solo noi, così grande… perché solo noi l’abbiamo avuto così vicino, così unico, così ferito, così spavaldo, così folle, così in grado di interpretare la gioia di tanti facendolo in un gioco, in un gioco semplice che tutti possono capire e che tutti possono giocare. Una palla in mezzo al campo, due porte, l’intelligenza, il talento, la lealtà, la bravura. Tutto quello che è fuori dal campo lo potevi ottenere grazie a mediazione, con compromessi, ma in campo no. In campo le regole di fuori non valevano, altrove avevi bisogno d’aiuto, ma in campo no: in campo con le tue forze potevi farcela.
La magia di Maradona è stata questa, far sognare tutti e far pensare a tutti che il sogno si può realizzare. Che essere veramente un Dio si può perché quando lo guardavi, quando tifavi, ti faceva sentire immortale.
E ora che lui è morto noi ci accorgiamo che Dio, che Diego era mortale. Ci accorgiamo che noi siamo mortali.
Con la sua morte, mortali lo siamo diventati tutti.
Addio Diego ora potrò dire come una leggenda “ho visto Maradona”. Gran parte dei momenti felici della mia infanzia passati con mio padre li devo a te.
Roberto Saviano
(da “La Repubblica”)
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Novembre 25th, 2020 admin
ERA IL 3 NOVEMBRE DEL 1985
Era la Napoli del colera, della guerra di camorra. Era la Napoli che non poteva competere con il
nord, quella dei “colerosi terremotati che con il sapone non si erano mai lavati”. Era la Napoli che l’Avvocato (quello di Torino) frequentava solo quando c’erano le partite degli azzurri, perché troppo “plebea”.
Poi arrivò lui. Il più umano degli dei. Arrivò “scartato” da quello stesso avvocato che non lo reputò all’altezza della sua Juventus. Arrivò nella città degli ultimi per trasformarli in primi.
Tolse a Napoli e ai napoletani “gli schiaffi da faccia”. Una frase che solo chi è nato (o ha vissuto) da queste parti può capire.
Quel giorno ha una data precisa è il 3 Novembre 1985.
Arriva al San Paolo La Juve di Tacconi, Cabrini, Scirea, Mauro, Serena e Platini. Al 72° Maradona fa una delle cose che lo consegnano alla storia del calcio: punizione a due da dentro l’area, la barriera è troppo vicina, l’arbitro non fa rispettare la distanza, sono momenti concitati, un “umano” avrebbe perso la concentrazione ma lui no, lui si gira verso Bruscolotti e dice: “tanto gli faccio goal lo stesso”, e la mette lì dove Tacconi non può arrivare.
Quella palla che accarezza la rete non è il goal di un dio è il riscatto di una città. È il momento in cui migliaia di persone offese, bistrattate, emarginate si prendono la loro rivincita su un nord (e mi si perdoni la generalizzazione) che non li ha mai amati, anzi. Un nord che dopo il primo scudetto del Napoli espose uno striscione: “Siete i campioni del nord Africa”, al quale replicò, come solo lui sapeva fare, Massimo Troisi (”Meglio essere campioni del nord Africa che fare striscioni da Sud Africa”, riferendosi al regime dell’apartheid che vigeva nel paese).
Per questo oggi Napoli è in lutto, perché perde colui che per lei ha lottato.
Versa le lacrime nei confronti di un uomo che è sempre stato dalla parte degli ultimi perché lassù dove giocano gli dei tutti gli uomini sono uguali.
Grazie Diego per queste lacrime, grazie perché se siamo stati bambini felici lo dobbiamo anche a te.
(da Fanpage)
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Giugno 6th, 2020 admin
GLI ARTIGIANI DELLA STRADA DEI PRESEPI DI NAPOLI: “NON ABBIAMO NULLA DA SPARTIRE CON LA POLITICA, I NOSTRI INTERLOCUTORI SONO LE ISTITUZIONI”
La visita di Matteo Salvini in Campania non è stata un successone soltanto a via Calata
Capodichino: il Mattino racconta oggi che anche i maestri pastorai di San Gregorio Armeno, ovvero gli artigiani della strada dei presepi famosa nel mondo, hanno preferito non presentarsi all’hotel Paradiso dove li attendeva il Capitano: non hanno voluto che qualcuno potesse lasciare il proprio marchio impresso su San Gregorio Armeno «che non ha niente a che spartire con la politica, né di sinistra né di destra ma attende risposte dalle istituzioni», ha spiegato al quotidiano Gabriele Casillo, portavoce dei pastorai.
Lo strappo con Salvini s’è manifestato tramite un comunicato diffuso pochi minuti prima dell’appuntamento. Il documento sottolinea come l’interessamento da parte del mondo della politica, di qualunque colore, meriti un “grazie” da parte degli artigiani dei pastori. «L’Associazione degli artigiani e dei commercianti di via San Gregorio Armeno esprime una chiara e forte condanna alla registrata distorsione mediatica, in atto nei confronti della stessa, e relativa all’incontro chiesto dal senatore Matteo Salvini, leader e segretario della Lega. Nel reiterare che l’Associazione è apolitica ed apartitica, ed ispirata alla sincera democraticità, l’incontro avrebbe visto la stessa, ad oggi ancora in attesa di un auspicato confronto con il presidente della Regione Campania, come uditrice e non attrice”
La fastidiosa interferenza della spettacolarizzazione digitale, realizzata mediante “operazioni di remind”, ha generato un evidente gap tra realtà fenomenica e realtà percepita; il differenziale prodotto rende inopportuno l’incontro.
Nel ringraziare i partiti politici tutti che, ad oggi, hanno mostrato particolare sensibilità e coinvolgimento nelle denunciate problematiche, attendiamo un meeting con il naturale e legittimo contraddittore ovvero con gli organi istituzionali in carica».
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 24th, 2020 admin
CON 272 SEZIONI SCRUTINATE IL CANDIDATO DEL CENTROSINISTRA AL 49,22%, SEGUE NAPOLITANO (M5S) AL 24,3%, POI GUANGI (CXD) 21,15%… NELLO STESSO COLLEGIO DUE ANNI FA IL M5S AVEVA IL 53%, , GUANGI IL 22,6%, IL PD IL 16,4%…BASSISSIMA L’AFFLUENZA AL 9,52%
Urne chiuse: comincia alle 23 lo spoglio per eleggere il senatore che rappresentare il collegio
uninominale di Napoli 7 dopo la morte di Franco Ortolani.
In uno scenario quasi spettrale, con i seggi deserti e l’affluenza ferma al 9,52%, meno di un elettore su dieci s’è recato al voto nei quartieri di Arenella, Barra, Miano, Piscinola-Marianella, Poggioreale, Ponticelli, San Carlo, San Giovanni a Teduccio, San Pietro a Patierno, Scampia, Secondigliano, Vicaria e Vomero.
Cinque i candidati in campo: Giuseppe Aragno di Potere al Popolo, l’alfiere del centrodestra Salvatore Guangi, il civico Riccardo Guarino con il suo Rinascimento partenopeo, il portavoce M5S Luigi Napolitano e il giornalista Sandro Ruotolo, sostenuto dal Pd, dal movimento demA che fa capo al sindaco de Magistris e da un pezzo della sinistra.
E proprio Ruotolo è avanti nelle prime proiezioni: con 272 sezioni scrutinati, il candidato della sinistra comanda con il 49,22% davanti a Napolitano (24,3%) e Guangi (21,15%).
CONFRONTO CON IL 2018
Tornando invece al 2018, quando nello stesso collegio venne eletto Ortolani allora il Movimento Cinque Stelle prese il 53,17% dei voti.
Forza Italia con allora candidato sempre Guangi conquistò il 22,61%.
Mentre il Pd che correva con Gioacchino Alfano arrivò appena al 16,39%. Infine Potere al Popolo che ora è in campo alle suppletive con Giuseppe Aragno, prese il 2,29% candidando Patrizia Turchi.
(da agenzie)
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Febbraio 18th, 2020 admin
FUORI DAL TEATRO CONTINUANO AD AFFRONTARSI MANIFESTANTI ANTI-SALVINI E FORZE DELL’ORDINE
Problemi agli impianti elettrici al Teatro Augusteo di Napoli, durante il comizio di Matteo Salvini per la campagna elettorale, oggi, 18 febbraio: mentre il leader della Lega era sul palco col microfono in mano è saltata la corrente elettrica. E il microfono, ovviamente, ha smesso di funzionare.
L’imprevisto è accaduto intorno alle 19:30. Il comizio si è interrotto, lasciando sorpresi per qualche secondo i presenti, che subito dopo si sono resi conto di quello che era successo.
Mentre i presenti nel teatro avevano capito la difficoltà e hanno cercato di sostenerlo, al grido di “Matteo, Matteo” e di “resisti”, dal fondo della sala è arrivato anche un “vaffan…”, che subito è stato coperto da un altro coro che parte dagli attivisti: “C’è solo un capitano”.
Intanto, all’esterno, ai Quartieri Spagnoli, continua il faccia a faccia tra attivisti dei centri sociali e le forze dell’ordine.
Un gruppo di manifestanti si è staccato dal corteo principale, che è partito da largo Berlinguer per arrivare nei pressi del Teatro Augusteo, e ha cercato di raggiungere piazzetta Duca d’Aosta dai Quartieri Spagnoli, aggirando il cordone delle forze dell’ordine; gli attivisti sono stati raggiunti da un gruppo di poliziotti in tenuta antisommossa e sono stati bloccati.
Ci sono stati momenti di tensione, che si sono tradotti in un corpo a corpo con spintoni tra i due gruppi, senza arrivare alla carica di alleggerimento. Al momento, poco dopo le 19:30, i manifestanti sono bloccati nel vicolo e stanno cercando di proseguire oltre, continuando a intonare cori contro Matteo Salvini e contro le forze dell’ordine.
(da Fanpage)
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Febbraio 18th, 2020 admin
DUE DISTINTE MANIFESTAZIONI DI PROTESTA: CENTRI SOCIALI E SARDINE IN PIAZZA, CITTA’ BLINDATA
“No Salvini, no Trump” è una delle scritte sullo striscione – poi rimosso – trovato in piazza
Garibaldi a Napoli nelle prime ore del mattino. Sull’accaduto indaga la Digos.
Il leader della Lega sarà dalle 18,30 nel capoluogo campano, in un teatro del centro. Prevista anche una manifestazione dei centri sociali, con concentramento alle 17,30 a largo Berlinguer, in via Toledo, mentre le Sardine manifesteranno a piazza Dante intorno alle 19,30.
La città è blindata per prevenire eventuali disordini. La Funicolare centrale, la cui stazione principale è proprio in piazzetta Augusteo – accanto al teatro in cui ci sarà il comizio di Matteo Salvini – concluderà le sue corse alle 16, per evitare problemi di ordine pubblico.
Nei giorni scorsi c’era stato un blitz degli attivisti in piazzatta Duca d’Aosta, davanti al teatro Augusteo dove è in programma la tappa della campagna elettorale di Matteo Salvini martedì 18 febbraio.
Il segretario della Lega “utilizzerà questo teatro napoletano per provare a far dimenticare a questa città, non solo gli insulti che in questi quasi trent’anni ha vomitato contro Napoli e tutti il meridione, ma anche le scellerate politiche securitarie portate avanti quando era ministro dell’interno che miravano a criminalizzare i migranti ma che , nei fatti, nulla facevano per la reale sicurezza dei cittadini che vivono questa città è questo paese”, aveva scritto gli attivisti in una nota.
“Chiediamo con forza – proseguivano – che nessuno si renda complice di chi per anni ci ha insultato, facendo solo ed esclusivamente i suoi interessi perché chi ospita, sostiene e accetta Salvini è nemico di partenope. Invitiamo, perciò, i napoletani a non dimenticarsi di tutto questo e a partecipare insieme a noi al No Salvini Day martedì 18 alle 17:30 in largo Berlinguer per ribadirgli che a Napoli il suo messaggio di odio e di intolleranza non è il benvenuto”.
(da agenzie)
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Maggio 17th, 2019 admin
SALVINI INCAPACE DI RISTABILIRE LA LEGALITA’, NON C’ERA NESSUN PRESIDIO DI POLIZIA… I SANITARI: “SIAMO COME IN UNA ZONA DI GUERRA”
Il giorno dopo l’incontro del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal
ministro Salvini a Napoli si torna a sparare. Questa volta nel cortile dell’ospedale Pellegrini.
A pochi giorni dal ferimento della piccola Noemi, in città si torna a parlare della sicurezza degli innocenti messa a repentaglio.
Un ragazzo, armato di pistola e con un casco in testa, ha esploso alcuni colpi di pistola nel cortile del nosocomio dove era arrivato un 22enne con ferite di arma da fuoco alle gambe, vittima di un altro attacco a Piazza Trieste e Trento.
I colpi, come si vede nei video di sorveglianza, sparati verso le scale dello stabile dove c’erano quattro persone, tra cui l’obiettivo dell’agguato, non hanno raggiunto nessuno. La vittima, nota alle forze dell’ordine per reati di lieve entità, adesso è “in condizioni stabili”.
Francesco Emilio Borrelli, consigliere Regione Campania dei Verdi, commenta così l’accaduto: “La camorra è arrivata a sparare anche negli ospedali, cose che non accadono neanche nelle zone di guerra. Solo il caso ha voluto che non si verificasse un nuovo caso Noemi. L’emergenza sicurezza è a un punto di non ritorno, servono i presidi di polizia negli ospedali”.
Chi stanotte presidiava il pronto soccorso racconta di un’azione solitaria “che poteva provocare sicuramente vittime all’interno dell’ospedale”.
Ciro Verdoliva, commissario straordinario dell’Asl Napoli 1 dice provocatoriamente: “Non posso pensare di fornire ad infermieri e dottori un camice antiproiettile”.
In quanto si tratta di “gente che lavora, che è qui a prestare soccorso non può trovarsi all’improvviso come in una zona di guerra. L’episodio è grave e terribile. Ciò nonostante - e questo afferma ancora la loro professionalità - gli operatori sono subito tornati al lavoro”.
Silvestro Scotti, presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli, parla della questione sicurezza: “Voglio esprimere solidarietà ai colleghi che questa notte hanno vissuto momenti di paura mentre erano impegnati a fare il proprio lavoro. Un episodio, quello vissuto al Pellegrini, che deve essere stigmatizzato con decisione e che deve vedere una forte risposta da parte delle più alte cariche dello Stato, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Tra aggressioni e intimidazioni, si lavora ormai in condizioni proibitive”.
“Una scena mai vista”, dice un infermiere che all’ospedale Pellegrini di Napoli lavora “da anni”. “Alla violenza sono abituato, con parenti di gente ferita in agguati che sfogano la loro rabbia su di noi e sull’ospedale, ma quello che è successo stanotte le ha superate tutte”, dice l’infermiere che racconta: “Eravamo tutti intenti a soccorrere il ragazzo ferito, come sempre con l’aiuto di guardie giurate quando si è scatenato l’inferno. Si è intravisto un uomo che a volto coperto ha cominciato a sparare verso di noi. Un miracolo che nessuno sia stato colpito. Qui ci sarebbe bisogno di una vigilanza della polizia h24 ma mi rendo conto delle cose che succedono in città che i poliziotti non possono essere dappertutto”.
(da agenzie)
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Maggio 16th, 2019 admin
TENSIONI DAVANTI ALLA PREFETTURA
Scontri tra forze dell’ordine e manifestanti all’ingresso di piazza del Plebiscito, a Napoli, nei
pressi del palazzo della Prefettura dov’è in corso il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal ministro Salvini.
La polizia ha effettuato una carica per allontanare i manifestanti che hanno lanciato delle transenne e dei fumogeni contro i poliziotti. La situazione è ora tornata alla normalità. I manifestanti, però, stanno stazionando nei pressi della prefettura.
“Napoli non si lega”. È questo il messaggio lanciato dai manifestanti al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in città per partecipare in prefettura al comitato per l’ordine e la sicurezza. E per ribadire il messaggio cardine del corteo: un manifestante si è presentato con gli abiti di Pulcinella per dire: “statt ‘a casa toia”.
Molte le accuse mosse a Salvini tra cui quella gridata al megafono da attivisti: «Nel cosiddetto decreto spazzaclan non si dice niente delle mafie e ci si preoccupa di fare multe a chi salva i migranti».
In strada anche un manifestante con un cane vestito da uno striscione con la frase «lega uguale mafia».
insieme ai giovani attivisti anche molti cittadini comuni: «Anche chi lo guardava con fiducia ora la sta perdendo, hanno scoperto la fregatura, il vento sta cambiando»
(da agenzie)
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Maggio 16th, 2019 admin
AI BALCONI DELLA CITTA’ LENZUOLA E MANIFESTI CONTRO IL LEGHISTA, ALLE 18 UN CORTEO
Matteo Salvini tra poche ore è Napoli. Non è la prima volta e non sarà l’ultima. 
Ma la visita del vicepremier, in città per presiedere un comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, arriva nel pieno della “rivolta degli striscioni”, così come è stata definita la protesta che sta toccando molte città italiane.
Da Milano a Carpi, passando per Firenze e Campobasso: dopo il caso del manifesto critico tolto dai vigili del fuoco da un balcone a Brembate, in provincia di Bergamo, la sfida al ministro leghista ha conosciuto decine di altri casi.
E ha toccato, com’era immaginabile, anche la città partenopea dove la creatività e l’ironia trovano nella contestazione politica e sociale l’espressione migliore.
E così, le foto degli striscioni contro Salvini a Napoli hanno iniziato a fare il giro del web. Su un lenzuolo bianco, esposto da un balcone già il 15 maggio, alla vigilia della visita, si legge: “Salvini non sei il benvenuto. P.s. per la Digos: torno alle 20”.
Critico ma corretto, verrebbe da dire.
Su un altro è impresso il ricordo dei giudizi di Salvini sui terroni: “Napoli non si Lega”.
“Restituisci i 49 milioni”, è l’avviso esposto da un altro cittadino. Un altro, forse con una vena di nostalgia borbonica, rilancia: “Salvini cerchi voti al Sud per portare i soldi al Nord”.
E, ancora, gli attivisti dell’ex Opg hanno anche realizzato un video parodia sul pupazzetto di Zorro rubato a Salvini.
Alle 18 - fanno sapere sempre gli attivisti - partirà una manifestazione di protesta da largo Berlinguer, davanti all’ingresso della metropolitana di Toledo.
Napoli si “arma” oggi di ironia per cavalcare l’onda della resistenza critica. Del resto è già accaduto in passato, in occasioni molto più delicate.
(da agenzie)
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