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LA PROCURA DI GENOVA RISPONDE ALLE CIALTRONATE DI SALVINI: “NOI TUTELIAMO IL PARLAMENTO A CUI SONO STATI SOTTRATTI FONDI. PERCHE’ SALVINI NON SI E’ COSTITUITO PARTE CIVILE?”

Settembre 15th, 2017 Riccardo Fucile

LA DURA NOTA DEL CAPO DELLA PROCURA INCHIODA SALVINI: E’ LUI CHE DEVE SPIEGARE AGLI ISCRITTI PERCHE’ NON HA VOLUTO CHE IL PARTITO SI COSTITUISSE PARTE CIVILE CONTRO BELSITO… FORSE AVEVA PAURA CHE BELSITO PARLASSE?

La procura di Genova risponde agli attacchi di Matteo Salvini, dopo l’ordine del tribunale di Genova di sequestrare a scopo cautelativo 49 milioni di euro alla Lega Nord: «Nessun attentato alla Costituzione, anzi, abbiamo agito a tutela del Parlamento, che si è costituito parte civile», dichiara Franco Cozzi, capo della procura genovese.
«Non entriamo in polemica con la Lega – dice ancora Cozzi – Avrebbero potuto costituirsi anche loro e chiedere danni contro imputati, hanno legittimamente scelto di non farlo. Abbiamo eseguito un sequestro conservativo del tribunale, la politica non c’entra».
«Abbiamo il massimo rispetto per la Lega e per tutti i partiti. Ma noi non abbiamo messo in atto nessun attentato alla Costituzione, anzi è stata intrapresa una azione a tutela del Parlamento».
Così il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi all’indomani del sequestro cautelativo dei fondi della Lega deciso dal Tribunale di Genova.
«Camera e Senato – spiega Cozzi – si sono costituiti parte civile nel processo per avere risarcito un danno derivante dalla erogazione di contribuiti che non dovevano essere dati perchè fondati su bilanci non corretti».
«Noi abbiamo agito a tutela del Parlamento. E – conclude Cozzi – i processi che questo ufficio manda avanti dimostrano che non si guarda in faccia a nessuno e, tantomeno, a nessun colore politico».
«Diciamo che dopo la sentenza Maglio 3 che era stata pronunciata a maggio e che aveva annullato due sentenze di assoluzione, questa della Cassazione è l’ultima conferma della fermezza e della coerenza del pubblico ministero e della Procura distrettuale antimafia di Genova».
Lo dice il Procuratore capo di Genova Francesco Cozzi, commentando la decisione dei giudici della sesta sezione penale che hanno confermato le condanne inflitte dalla corte d’appello di Genova nei confronti della famiglia Marcianò a Ventimiglia e, in accoglimento del ricorso del procuratore di Genova, ha annullato le assoluzioni per associazione a delinquere di stampo mafioso alle famiglie Pellegrino-Barilaro. «Neanche a farlo apposta questa sentenza della Cassazione sulla `ndrangheta capita proprio oggi e dimostra quali interessi e quali azioni svolga la procura rispetto a problemi generali che interessano l’ordine pubblico e la societa’» ha aggiunto Cozzi alludendo alla polemica sollevata dal segretario della Lega Nord Salvini dopo il sequestro a scopo cautelativo dei fondi della Lega Nord ordinato dal Tribunale di Genova: «L’altro giorno abbiamo avuto la sentenza per terrorismo, quindi francamente abbiamo altro da fare che stare dietro a polemiche politiche o a privilegiare una forza piuttosto che l’altra anche perchè è notorio che anche in altri processi molto rilevanti, inutile citarli, ha svolto azioni anche nei confronti di esponenti di altri partiti e nei quali questa Procura ha agito con molta serenità  e molta imparzialità  nei confronti di tutti, laddove ci fosse rilevanza penale dei fatti».
I giudici: «Il Carroccio ha percepito i profitti dei reati
«È pacifico che la Lega Nord abbia percepito il profitto dei reati commessi dai suoi rappresentanti Bossi e Belsito, con il concorso di Aldovisi Turci e Sanavio (ex revisori contabili del Carroccio)» e che tale profitto, costituito da somme erogate come rimborso elettorale, «sia costituito da bene fungibile e aggredibile indipendentemente dalla prova del nesso pertinenziale diretto con il reato».
Lo scrivono i giudici del Tribunale genovese che hanno accolto la richiesta della procura sul sequestro circa 49 mln alla Lega.

(da “il Secolo XIX”)

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SEQUESTRO BENI LEGA: SALVINI SPERAVA NELLA PRESCRIZIONE, MA HA SBAGLIATO I CONTI

Settembre 15th, 2017 Riccardo Fucile

OGNI GIORNO LA LEGA CRITICA LA PRESCRIZIONE DEI REATI “PER GLI ALTRI”, MA SE FAVORISCE LORO VA BENE… LA SENTENZA 49-2015 DELLA CASSAZIONE: RESTA LA CONFISCA DIRETTA DEL PROFITTO ILLECITO

Cerchiamo di spiegare i motivi della decisione del Tribunale di Genova di sequestrare in via cautelativa alcuni conti correnti del partito.
Il provvedimento è basato sulla sentenza di primo grado che ha condannato Umberto Bossi e Francesco Belsito nonchè i tre ex revisori contabili leghisti Diego Sanavio, AntonioTurci e   Stefano Aldovisi ( 2 anni e 8 mesi i primi due, 1 anno e 9 mesi il terzo) e ha anche ordinato la confisca diretta alla Lega Nord di 48 milioni e 969.000 euro di finanziamento pubblico
La confisca, dal momento che si tratta di una sentenza di primo grado, non è immediatamente esecutiva ma lo diventerà  solo in seguito ad una condanna in appello di Bossi e Belsito.
La Lega in realtà  sperava di salvarsi grazie alla prescrizione ma nel 2015 la Corte Costituzionale con la sentenza n.49 ha invece aperto alla possibilità  di sequestro anche se il reato è a rischio prescrizione.
Lungo binari precisati dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza Lucci: il principio è che, anche se la prescrizione elide le condanne degli imputati, resta la confisca diretta del profitto quando (come qui) ci sia stata una precedente condanna con giudizio di merito sul reato, sulla responsabilità  dell’imputato e sulla qualificazione del bene da confiscare.
Insomma la possibilità  del congelamento dei conti era ben nota ai vertici della Lega che ieri invece si sono comportati come se la sentenza di condanna a Bossi e Belsito non riguardasse il partito ma un’altra entità .
Salvini ieri si è difeso dicendo che   si tratta di «un attacco senza precedenti alla democrazia e che si è arrivati a questa decisione “senza nessuna sentenza di condanna per eventuali errori commessi in passato da singoli”.
Il dettaglio decisamente rilevante è che quei singoli erano il fondatore e segretario del Carroccio e il tesoriere del partito di via Bellerio.
Non proprio due persone qualsiasi.
E Salvini infatti si stupisce che ad essere chiamato in causa sia il “suo” partito: «in sostanza, saremmo chiamati noi a rispondere degli eventuali errori e mala gestione di fondi pubblici da parte del Carroccio della gestione Belsito con Bossi 9 anni fa» ha detto ieri in conferenza stampa.
C’è da capirlo: da quando ha preso in mano le redini della Lega Nord Salvini ha fatto di tutto per far credere che sia un partito diverso da quello finito nel caos nel 2012-2013. Ma Bossi è ancora il Presidente federale della Lega Nord e siede alla Camera tra i banchi della Lega. E anche se i fatti sono avvenuti nove anni fa hanno ancora rilevanza penale.
Lasciando da parte l’ironia della sorte di un partito che per vent’anni ha fatto fortune berciando contro Roma ladrona e sorpreso a rubare qual è il motivo per cui il Tribunale ha deciso il sequestro cautelativo dei fondi?
Vale la pena di ricordare che Bossi e Belsito sono stati accusati di appropriazione indebita e truffa allo Stato nell’ambito del processo sulle irregolarità  nell’uso dei fondi pubblici della Lega.
I soldi pubblici, ovvero dei cittadini, c’entrano eccome.
Gli elettori leghisti dovrebbero chiedersi come mai uno che fa politica nella Lega Nord dal 1992 e che è sempre stato ai vertici del partito non sia riuscito ad accorgersi di quello che stava accadendo.
E se davvero Salvini non ha nulla a che spartire con la precedente gestione come mai la Lega Nord non si è costituita parte civile al processo?
Silvio Buzzanca e Giuseppe Filippetto spiegano su Repubblica che il Tribunale di Genova si starebbe indirizzando verso i conti delle segreterie regionali (“nazionali” nella terminologia federale leghista) e provinciali pe ril timore che Salvini “abbia fatto in modo che non si trovi un euro nel conto del partito nazionale”.
Negli ultimi due anni il leader ha infatto creato le “Leghe Nazionali” nelle varie regioni, con loro bilanci autonomi, loro casse e loro conti correnti bancari.
Tutto questo Salvini lo avrebbe fatto per distribuire sul territorio il patrimonio di via Bellerio, luogo dove si sarebbero consumati i reati di Bossi e Belsito.
Così nell’eventualità  di condanne, che poi sono arrivate, e di eventuali confische, i magistrati non avrebbero trovato nulla.
Il bilancio 2016 della Lega è stato chiuso con un rosso da un milione, 164 mila euro di depositi bancari e 436 di «valori in cassa».
Come mai la Lega, con i conti in rosso, non ha preteso da Belsito e Bossi la restituzione del denaro sottratto dalle casse del partito?
Salvini ha preferito fare tagli: ha chiuso il giornale la Padania (finanziato con i soldi pubblici), mettendo in cassa integrazione (pagata dallo Stato) quindici giornalisti e contestualmente aprendo un nuovo giornale on line, Il Populista.
Anche Radio Padania ha chiuso e si è trasformata in una Web Radio.
Nel 2014 Salvini ha invece chiesto la cassa integrazione per 70 dipendenti della sede di Via Bellerio.
In passato invece la Lega con cui Salvini non ha niente a che spartire si era fatta salvare una banca da Fiorani lasciando però i correntisti senza soldi.
Claudio Borghi, responsabile economico della nuova Lega,   parla solo della condanna nei confronti “del tizio” (Belsito) e non di quella nei confronti di Bossi.
Non si tratta “solo” di 700mila euro. A luglio Bossi e Belsito sono stati riconosciuti colpevoli in un processo che riguarda una truffa da 56 milioni di euro ai danni dello Stato.
Secondo l’accusa, tra il 2008 e il 2010 la Lega avrebbe presentato rendiconti irregolari al Parlamento al fine di ottenere indebitamente fondi pubblici.
E rimane il fatto che la Lega Nord non si è costituita parte civile in quel processo ma solo in quello dove Belsito è accusato di “associazione a delinquere (articolo 416) finalizzata all’appropriazione indebita, al riciclaggio, alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche; all’intercettazione di commesse di aziende a partecipazione pubblica”.

(da “NextQuotidiano”)

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ECCO LE REGOLE DI GRILLO PER FAR VINCERE DI MAIO: IL BLOG PUBBLICA LE PROCEDURE

Settembre 15th, 2017 Riccardo Fucile

CI SONO MOLTE REGOLE CURIOSE E IN CONTRASTO CON I PRINCIPI DEL MOVIMENTO

Beppe Grillo pubblica sul suo sito le regole per la candidatura a premier del MoVimento 5 Stelle.
Il candidato, spiega il blog, sarà  anche il “designando Capo della forza politica che depositerà  il programma elettorale sotto il simbolo del MoVimento 5 Stelle per le prossime elezioni”.
Queste sono le regole per la candidatura:
Possono proporsi quale Candidato Premier tutti gli iscritti al sito www.movimento5stelle.it che, alternativamente:
— abbiano esperito un mandato da portavoce nell’ambito di Consigli Circoscrizionali, Consigli Comunali, Consigli provinciali del Trentino Alto Adige, Consigli Regionali e del Parlamento Europeo, nonchè quale Sindaco, oppure, qualora con il primo mandato in corso, abbia termine naturale del mandato entro il 28 febbraio 2018;
— siano stati eletti alla Camera ed al Senato in occasione delle consultazioni elettorali del 2013;   e che non si siano dimessi durante l’esercizio del mandato, non abbiano cambiato gruppo consiliare e/o parlamentare, siano in possesso dei requisiti previsti per le cariche elettive meglio indicati nella nota 4, 4° periodo, del Regolamento (consultabile a questo link http://www.movimento5stelle.it/regolamento/4.html), che non abbiano tenuto condotte in contrasto con i principi, valori, programmi, nonchè con l’immagine del MoVimento 5 Stelle, del suo simbolo e del suo Garante, siano attualmente parti ricorrenti e/o parti attrici in giudizi promossi avverso il MoVimento 5 Stelle e/o il suo Garante;
e non abbiano mai partecipato a elezioni di qualsiasi livello con forze politiche diverse dal MoVimento 5 Stelle; che non siano mai stati iscritti ad alcun partito
Ai candidati a conoscenza di indagini o procedimenti penali verrà  richiesto un certificato rilasciato ai sensi dell’art. 335 del c.p.p., nonchè i documenti relativi ai fatti contestati ed una breve relazione illustrativa dei fatti con autorizzazione espressa alla pubblicazione di tali atti nell’ambito dello spazio riservato a ciascun candidato.

Il blog di Grillo spiega che potranno essere candidati soltanto gli eletti del M5S negli enti locali o in parlamento, ma poi cita per i requisiti di candidatura quelli della nota 4 del regolamento, che tra l’altro recita: “Costituiscono in ogni caso requisiti essenziali ed inderogabili per candidarsi sotto il simbolo del MoVimento 5 Stelle in qualsiasi tipo di elezione, a livello comunale, delle province autonome, regionale, nazionale ed europea: — non ricoprire cariche elettive come consigliere circoscrizionale, comunale, provinciale, regionale, parlamentare italiano o europeo, e non essersi dimessi dalla stessa carica“.
Grillo spiega poi che possono candidarsi solo coloro
…che non abbiano tenuto condotte in contrasto con i principi, valori, programmi, nonchè con l’immagine del MoVimento 5 Stelle, del suo simbolo e del suo Garante, siano attualmente parti ricorrenti e/o parti attrici in giudizi promossi avverso il MoVimento 5 Stelle e/o il suo Garante
E quindi esclude automaticamente chi ha tenuto condotte in contrasto con “il Garante” del M5S — inutile ricordarvi chi è il garante — e chi ha agito in giudizio contro il M5S. Con questa mossa Beppe esclude anche chi ha agito in giudizio e — magari ha avuto ragione in tribunale —   contro di lui, anche solo per farsi riammettere dopo un’espulsione ingiusta e nel frattempo riconosciuta come tale dal MoVimento davanti al giudice.
In pratica sta escludendo in maniera insensata chiunque si sia azzardato a far valere i propri diritti.
C’è poi da registrare la lontananza tra le regole per il candidato premier e l’articolo 7 del Non Statuto del MoVimento 5 Stelle.
Secondo le regole odierne infatti potranno candidarsi anche indagati o rinviati a giudizio mentre le regole del Non statuto prevedevano che per l’uso del simbolo del M5S   — e il candidato premier lo dovrà  per forza utilizzare — bisognava “non avere alcun procedimento penale a proprio carico, qualunque sia la natura del reato contestato”.
Non si capisce, infine, in base a quale regola o articolo dello Statuto Grillo abbia potuto decidere non tanto la procedura per la selezione, quanto i requisiti di partecipazione.
Ma visto che si tratta di una corsa con un vincitore già  designato, queste piccolezze non daranno tanto fastidio a chi voterà  su Rousseau.

(da “NextQuotidiano”)

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INTERVISTA A BELSITO: “COLPA MIA? HO LASCIATO MILIONI ALLA LEGA, SE LI SONO SPESI”

Settembre 15th, 2017 Riccardo Fucile

SUL CASO DEI CONTI BLOCCATI: “AVEVO RAPPORTI ANCHE CON SALVINI, PARLERO’ A TEMPO DEBITO”

Da quando vive difendendosi dai processi, dice, «sembra che facciano tutti a gara a non avermi mai conosciuto».
Eppure, assicura Francesco Belsito, «avevo rapporti con tutti i maggiori dirigenti del Carroccio quando ero tesoriere, anche quelli che fanno finta di non avermi mai incontrato . Certo, anche con Matteo Salvini».
Belsito, ha sentito che pandemonio?
«No, cosa è successo?».
Stanno sequestrando quasi 50 milioni di euro alla Lega Nord, i fondi secondo i magistrati ottenuti illegalmente durante la sua gestione.
«Per quanto mi riguarda, non posso che ribadire quanto ho affermato durante i processi, anche se non sempre è stato riportato tutto correttamente, quantomeno la mia versione: nella mia gestione non ho intascato un euro, il mio ruolo era di distribuire fondi per conto del partito».
L’accusano di essere l’uomo che ha creato la voragine nei conti della Lega.
«Ma questo è falso. E c’è una controprova: io ho lasciato i conti in attivo. Nella contabilità  due più due deve fare quattro. Posso dimostrare di aver lasciato io conti in attivo e che nei due anni successivi qualcuno i soldi li ha spesi. Ma questo non è più affar mio…».
Tutto nacque con quei 7 milioni finiti in Tanzania e con i famosi diamanti.
«Il mio ruolo di tesoriere comprendeva il compito di far fruttare i soldi della Lega Nord. Ho effettuato diversi tipi di investimenti, e sfido chiunque a dimostrare che non fossero redditizi. Tra questi c’erano anche diamanti e dell’oro, che in quel momento avevano un ottimo rendimento».
E le uscite dalle casse?
«Pagamenti dei collaboratori del partito, che io liquidavo con il denaro dei rimborsi, come aveva sempre fatto chi mi aveva preceduto».
Sembra che abbia parecchi sassolini da togliere dalla scarpa…
«Guardi, io adesso sto aspettando le motivazioni della sentenza che mi riguarda. Una volta capito perchè sono stato condannato, e dove le mie argomentazioni non sono state accolte dalla magistratura, allora potrò aver qualcosa da commentare. Parlerò, a tempo debito».
Per dire cosa?
«Il popolo deve sapere che non ho preso un euro dei soldi dei nostri iscritti. Qui c’è qualcuno che ha voluto farmi passare per qualcosa che non sono».

(da “il Secolo XIX”)

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SALVINI ASSENTE AL VOTO PER GLI AIUTI AI TERREMOTATI (PER LA SECONDA VOLTA)

Settembre 15th, 2017 Riccardo Fucile

NON HA VOTATO A STRASBURGO LO STANZIAMENTO DI 1,2 MILIARDI DI EURO DA PARTE DELLA UE… HA PREFERITO APPARIRE IN UNA TRASMISSIONE TV

In questi giorni il Parlamento europeo è in seduta plenaria a Strasburgo.   L’europarlamento ha votato e approvato lo stanziamento di circa 1,2 miliardi di euro di aiuti all’Italia per le zone colpite dai terremoti del 2016.
Come era già  accaduto in passato in una situazione analoga il leader della Lega Nord Matteo Salvini però era assente in Aula durante il voto. Il motivo? Ancora una volta Salvini ha preferito partecipare in studio ad una trasmissione televisiva.
A segnalare l’episodio è stato l’europarlamentare Daniele Viotti che ha postato su Facebook una foto della seduta dove si vede che il posto di Salvini è vuoto.
Per Viotti Salvini è “senza vergogna” perchè il giorno prima era Strasburgo poi — spiega Viotti — «è volato a Roma per partecipare all’ennesima trasmissione televisiva. Questa mattina, invece, ha fatto un tweet lamentandosi di avere l’aereo in ritardo .
Nella diretta fatta su Facebook dall’Aeroporto Salvini ha anche avuto il coraggio di lamentarsi del Parlamento italiano che perde tempo a votare una legge contro la propaganda fascista invece che preoccuparsi dei problemi degli italiani.
Eppure non è che il Ruspa ieri abbia dimostrato di essere in grado di occuparsi dei problemi di quei cittadini italiani che vivono nelle zone terremotate visto che invece che essere in Aula se ne stava a fare il pendolare a spese dei contribuenti europei.
Molti parlamentari del PD ieri hanno criticato l’assenza di Salvini. Tra questi anche l’ex Ministra Cècile Kyenge che su Twitter ha twittato “Salvini? Chi l’ha visto”.
Vuoi vedere che ora gli stranieri rubano il lavoro anche agli eurodeputati?
Oppure gli eurodeputati di origine straniera fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare?
La tecnica di Salvini è nota e l’abbiamo già  spiegata in occasione degli attentati di Bruxelles quando Salvini fu colto di sorpresa mentre dal centro della capitale belga si stava recando all’aeroporto Zaventem.
Il problema in quel caso era che che in quel momento Salvini avrebbe dovuto essere in Commissione invece che tornare in Italia.
Anche in quel caso la sera prima Salvini era a Roma, perchè aveva partecipato alla registrazione di una puntata di Porta a Porta.
Il trucco di Salvini è quindi quello di andare su e giù da Bruxelles (a spese dei contribuenti) senza prendere parte ai lavori parlamentari.
Stando all’agenda dei lavori del Parlamento europeo la discussione e il voto sui fondi di solidarietà  all’Italia (di cui era relatore l’europarlamentare Giovanni La Via) si sarebbe dovuta tenere poco dopo le 12:00.
Salvini però — che la sera prima era volato a Roma per intervenire a Di Martedì — all’arrivo in aeroporto ha scoperto che il volo era in ritardo.
Sicuramente si giustificherà  dicendo che “il volo era in ritardo” (che è appena più credibile del cane che ti mangia i compiti il giorno prima di andare a scuola).
Anche perchè l’Europarlamento si riunisce in seduta plenaria per quattro giorni una volta al mese. È così difficile riuscire a essere presente?
Povero Matteo, lui ci prova anche ad andare a fare il suo lavoro ma la cosa non gli riesce bene.
Questa infatti è la seconda volta che Salvini perde l’appuntamento con il voto per i fondi ai terremotati. Era già  successo nel dicembre del 2016. Ma Salvini è fatto così: crede che per aiutare i terremotati del Centro Italia sia sufficiente farsi un giro in montagna tra la neve e poi presentarsi da Lilli Gruber con ancora addosso i moon boot.
Eppure per lui sarebbe così semplice dare una mano ai terremotati, basterebbe che si limitasse a fare il lavoro per cui è pagato. E non gli serve nemmeno essere eletto Presidente del Consiglio per farlo.
Quando si dice che uno ha tutte le fortune.

(da “NextQuotidiano”)

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CASO CONSIP, SI PROFILA UN COMPLOTTO CONTRO RENZI

Settembre 15th, 2017 Riccardo Fucile

“VOGLIAMO ARRIVARE A RENZI” LA FRASI IMBARAZZANTE DEI CARABINIERI SCAFARTO E ULTIMO… LA PM AL CSM: “SEMBRAVANO IN PREDA A UN DELIRIO DI ONNIPOTENZA”

Arrivare a Matteo Renzi. Così il capitano del Noe, Gianpaolo Scafarto, e il colonnello Ultimo, secondo quanto riporta Repubblica, si sarebbero rivolti alla procuratrice di Modena, Lucia Musti, nell’ambito della vicenda Consip.
È stata la stessa procuratrice a riferire il contenuto del colloquio al Cms durante un’audizione che si è tenuta il 17 luglio. Scrive Repubblica:
“Dottoressa, lei, se vuole, ha una bomba in mano. Lei può far esplodere la bomba. Scoppierà  un casino. Arriviamo a Renzi”.
Così, in un più di un incontro tra Modena e Roma, il capitano del Noe Scafarto e il colonnello Ultimo si rivolsero alla procuratrice di Modena Luica Musi”.
Repubblica spiega ancora che la pm, incalzata dai consiglieri del Csm, ha raccontato di aver visto Scafarto e Ultimo particolarmente “spregiudicati” e come “presi da un delirio di onnipotenza”.
I colloqui risalgono alla primavera del 2015: ad aprile la procura di Modena aveva ricevuto gli atti dell’inchiesta sugli affari della coop Cpl Concordia.
In quelle carte c’era anche la conversazione tra Renzi e il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi.
“Non ho mai svolto indagini per fini politici”. Il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, il Capitano Ultimo che arrestò Totò Riina, risponde così – interpellato dall’ANSA – a quella che definisce una “campagna di linciaggio mediatico”.
A proposito del procuratore Musti afferma di non averla “mai forzata in nessuna cosa” e di aver sempre svolto “le indagini che ci ha ordinato con lealtà  e umiltà “. “Non ho mai parlato di Matteo Renzi nè con la dottoressa Musti nè con altri”, aggiunge.
Il colonnello De Caprio, che parla di una campagna di linciaggio mediatico nei suoi confronti portata avanti “con insinuazioni e falsità  da alcuni organi di disinformazione funzionali alle lobby che da anni cercano di sfruttare il popolo italiano” – sottolinea di non aver mai “svolto indagini al di fuori dei fatti che emergevano direttamente ed esclusivamente dalle persone indagate. Non ho mai avuto esaltazioni o esagitazioni – spiega all’ANSA – a seguito delle indagini da me svolte neanche quando abbiamo arrestato Riina, non abbiamo mai esultato, non abbiamo esploso colpi in aria, non abbiamo fatto caroselli per le strade, mai festeggiato, perchè la lotta anticrimine appartiene solo al popolo e noi non usiamo il popolo per i nostri fini, o per avere dei voti, lo serviamo e basta”.
“Non ho dichiarazioni da fare”. Questo l’unico commento di Tiziano Renzi, raggiunto telefonicamente.
Franceschini: “Gravità  istituzionale enorme”
“La vicenda giudiziaria Scafarto assume ogni giorno dei caratteri di gravità  inaudita. Una cosa sono le indagini, con le quali è indispensabile non interferire, un’altra le reazioni politiche”. Così il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, al telefono. “Stiamo imparando dai giornali che c’è stato un tentativo, con ogni mezzo, di coinvolgere il premier. Una cosa è il dibattito interno o esterno al Pd, una cosa lo scontro tra partiti o gli attacchi a Renzi, ma questo è un fatto di una gravità  istituzionale enorme, e azioni e parole di chiarezza e solidarietà  dovrebbero arrivare da tutti, avversari compresi”.
Zanda: “Fatti gravissimi, se confermati sarebbe complotto contro le istituzioni”
“Se quanto stiamo apprendendo dovesse risultare vero dovremmo concludere che negli anni passati c’è stato in Italia un vero e proprio complotto, che ha visto coinvolti organi dello Stato, volto a rovesciare istituzioni democraticamente indicate dal Parlamento della Repubblica. In altri tempi si sarebbe parlato di eversione, se non di peggio”. Lo sostiene il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda.
“Gli stralci di atti del Consiglio Superiore della Magistratura relativi ad una inchiesta giudiziaria in corso alla procura di Modena, pubblicati da alcuni quotidiani questa mattina, hanno dell’incredibile e, se veri, sono di una gravità  inaudita – spiega l’esponente Dem – La magistratura accerterà  la completa verità  dei fatti e l’arma dei Carabinieri possiede tutti gli anticorpi per fare pulizia in profondità  al proprio interno. Ma quel che leggiamo oggi, e che dobbiamo collegare alle notizie sulla stupefacente falsificazione di atti giudiziari che sarebbe stata compiuta dai medesimi soggetti di cui parla la procuratrice di Modena, presenta aspetti di straordinaria gravità  istituzionale essendo evidente l’obiettivo di colpire il Presidente del Consiglio con iniziative che non voglio commentare”.

(da agenzie)

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STUPRO FIRENZE: IL TASSO ALCOLEMICO CONFERMA LA TESI DELLE DUE RAGAZZE

Settembre 15th, 2017 Riccardo Fucile

ERANO IN “GRAVE STATO DI ALTERAZIONE PSICHICA AL MOMENTO DEL RAPPORTO SESSUALE”… TASSO DI 2 GRAMMI PER LITRO DI SANGUE, LIVELLO DA COMA ETILICO

Per il caso delle due studentesse americane che hanno denunciato di essere state violentate dai carabinieri Marco Camuffo e Pietro Costa la notte fra il 6 e il 7 settembre la conclusione è vicina.
L’accusa di violenza sessuale sembra solida: non ci sarebbero infatti state percosse nè minacce, ma abuso delle «condizioni di inferiorità  fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto».
Gli esami infatti confermano che le studentesse americane a causa dell’alcol erano in grave stato di alterazione psichica al momento del rapporto sessuale.
Scrive Repubblica Firenze oggi:
La più giovane aveva un tasso alcolemico pari a 1,59 grammi per litro di sangue quattro ore dopo i fatti avvenuti in un palazzo del centro di Firenze. A quell’ora parte del vino, del limoncello e della lemon vodka bevuti la sera fra il 6 e il 7 settembre, prima in un ristorante e poi nella discoteca Flo’, era stato smaltito.
Al momento del rapporto sessuale con uno dei carabinieri la ragazza, che ha venti anni ed è di costituzione minuta, doveva avere almeno 2 grammi di alcol per litro, un livello che negli adolescenti e nelle donne può determinare il coma etilico, una intossicazione acuta da alcol con conseguente stato profondo di incoscienza.
Una delle amiche che abitavano con le due studentesse ha detto che quando è entrata in casa è quasi svenuta.
Anche molte ore più tardi, quando è stata ascoltata in procura, era in stato quasi confusionale. Meno grave, ma comunque rilevante, il tasso alcolemico riscontrato nell’altra ragazza.
Le testimonianze sono tutte concordanti sul fatto che le due ragazze non si reggevano in piedi. Ora si tratta di definire i tempi dell’incidente probatorio, in cui le due ragazze renderanno dichiarazioni che consentiranno loro di non restare in Italia per il processo.
Dovranno anche rispondere alle domande dei difensori dei due accusati. L’incidente probatorio verrà  svolto in modalità  protetta
Lo stupro e l’ubriachezza
Michele Papa, ordinario di diritto penale a Firenze, spiega intanto oggi a Repubblica che “nel processo risulterà  decisivo verificare se vi sia stata violenza, abuso di autorità  oppure approfittamento di persone incapaci. L’interferenza/sovrapposizione tra le tre ipotesi potrà  creare qualche problema strategico sia all’accusa che alla difesa. Nel nostro sistema, infatti, il reato di violenza sessuale non è incentrato sulla mancanza di un “valido” consenso della vittima, ma sulle modalità  della condotta aggressiva”
Nella dichiarazione ai magistrati intanto Pietro Costa ha cercato di scaricare le responsabilità  su Marco Camuffo, mentre la procura sta indagando per verificare i sospetti su presunte complicità  nell’Arma.

(da agenzie)

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IL TOUR DI DI MAIO NELLE AZIENDE INDAGATE

Settembre 15th, 2017 Riccardo Fucile

UN DEPUTATO M5S FA PRESENTE AL LEADER IN TOUR CON CANCELLERI CHE LA VISITA A UN’AZIENDA E’ INOPPORTUNA: “PER IL CONSENSO CI STIAMO VENDENDO L’ANIMA”

Annalisa Cuzzocrea su Repubblica racconta di uno aneddoto che vede protagonisti Alessio Villarosa e Luigi Di Maio nella chat dei parlamentari 5 Stelle.
Tutto parte dal tour elettorale di Giancarlo Cancelleri e dall’idea di visitare l’azienda Agrumigel, inserita nel programma di Di Maio e Cancelleri con la dizione “incontro azienda agricola agrumi”.
«Luigi, mi dicono che andrete a visitare un’azienda nel mio paese, l’Agrumigel. A saperlo, magari vi avrei mandato lo schifo che hanno fatto nel nostro territorio e vari reati commessi».
Il deputato Alessio Villarosa – nella chat dei parlamentari 5 stelle – si rivolge al vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. Ha saputo che nel tour programmato in Sicilia insieme al candidato governatore Giancarlo Cancelleri c’è un’impresa di Barcellona Pozzo di Gotto che lui considera del tutto fuori linea rispetto agli ideali propagandati dal Movimento.
E allega i link dei giornali on line che danno la notizia dei guai giudiziari dell’amministratore, di recente mandato a processo per un’evasione fiscale da quasi mezzo milione di euro.
Lo stesso imprenditore, Salvatore Imbesi, già  consigliere comunale del Pdl, ha subito diversi sequestri delle sue attività : l’ultimo, nel marzo scorso, riguardava un terreno trasformato secondo l’accusa in una discarica abusiva.
Il candidato premier non risponde. Altri parlamentari appoggiano Villarosa.
Tra gli ortodossi, l’accusa è serissima: «Per il consenso ci stiamo vendendo l’anima», dice un deputato.
«Prima la difesa degli abusivi, ora le visite alle aziende indagate per inquinamento ambientale. Anche quest’estate, l’uscita di Cancelleri sull’abusivismo di necessità  ci aveva lasciato di sasso. E nessuno che si prenda la briga di ascoltare anche noi».
La visita era in effetti programmata. Alle tredici di ieri. È inserita nel programma di Di Maio e Cancelleri con la dizione: «Incontro azienda agricola agrumi», ma a sera salta senza spiegazioni.
Di Maio non vuole ripetere errori già  fatti in passato: la foto con il fratello di un boss sotto processo per la Terra dei fuochi (era in un ristorante dopo un’iniziativa – ha spiegato poi – non aveva idea di chi fosse).
L’altra con Dino Tredicine, re dei camion bar romani (Di Maio era in piazza per una protesta contro la direttiva Bolkestein, anche quella volta non sapeva chi gli stesse accanto).

(da “NextQuotidiano”)

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IL CASO DELLA TARGA A GIUSEPPINA GHERSI DIVIDE ANCHE IL CENTRODESTRA: LA SINDACA DI SAVONA SI SFILA E NON VA A NOLI

Settembre 15th, 2017 Riccardo Fucile

A SINISTRA NON AMANO AMMETTERE CHE TRA I PARTIGIANI CI FOSSERO DEI DELIQUENTI COME AMPIAMENTE PROVATO DAGLI STORICI (E INFATTI INTERVENNE TOGLIATTI PER PORRE FINE AGLI ECCIDI)

Una bufera di reazioni e polemiche, con associazioni che protestano e schieramenti politici che si dividono.
La notizia pubblicata da Il Secolo XIX sull’iniziativa del Comune di Noli, che ha deciso di intitolare una targa in memoria di Giuseppina Ghersi, tredicenne violentata e uccisa da partigiani savonesi dopo la Liberazione, ha scatenato una ridda di opinioni e interpretazioni, anche sui social.
A sinistra, dove hanno fatto scalpore le parole di critica all’Anpi dell’ex dirigente della Cgil, Bruno Spagnoletti, le posizioni sono diverse.
Per il segretario provinciale del Pd, Giacomo Vigliercio, e quello cittadino, Barbara Pasquali, il giudizio «è certamente di condanna contro le torture, le violenze e la fucilazione di una ragazzina di 13 anni, quale era la Ghersi all’epoca. Ma altrettanto condanniamo ogni tipo di strumentalizzazione della morte di questa povera ragazzina in chiave politica dai nostalgici del fascismo.L’episodio non fa e non deve far venir meno il giudizio storico su Resistenza e antifascismo».
Sulla questione, dopo le parole del presidente Samuele Rago, ieri è tornata anche l’Anpi, per la quale «la pietà  per una giovane vita violata e stroncata non allontana la sua responsabilità  per la scelta di schierarsi ed operare con accanimento a fianco degli aguzzini fascisti e nazisti. Se qualcuno vuole fare qualcosa per la sua memoria dovrebbe vigilare ed agire per impedire che il fascismo risollevi la testa».
Un’altra associazione partigiana, “Fischia il vento”, guidata da Giuliano Arnaldi, annuncia: «Se il 30 settembre verrà  davvero inaugurato questo cippo, saremo presenti, muniti delle tante fotografie dei troppi ragazzini trucidati dai repubblichini e dai loro alleati: non è una operazione di umana pietà , ma un tentativo di legittimare un passato di cui dovremmo vergognarci».
Anche Rifondazione comunista protesta: per il segretario provinciale Fabrizio Ferraro «forse l’uccisione della Ghersi poteva pure essere evitata» ma «dimenticare il contesto storico è un clamoroso errore»
Un’accusa che per Roberto Nicolick, ex professore in pensione che ha “riletto” la storia della Resistenza a Savona, «pare davvero ridicola. Fu rapita, segregata, violentata e infine assassinata con un colpo alla nuca. Continuare a negare l’umanità  di questa ragazzina equivale a giustificare i gesti orrendi che lei dovette subire, significa negare la civiltà ».
Anche nel centrodestra le posizioni sono diverse. Il sindaco di Savona, Ilaria Caprioglio, che non parteciperà  alla celebrazione a Noli in ricordo della concittadina Ghersi, anche se non è escluso che qualcuno da Palazzo Sisto possa presenziare, chiede di evitare strumentalizzazioni.
«La politica non può e non deve permettersi di dare letture strumentali della storia — spiega -. È indegno che si faccia ulteriore scempio sulla drammatica morte di una bambina: la storia è materia degli studiosi e degli storici. Ritengo sia arrivato il momento di dare spazio al silenzio, anzichè ai litigi, affinchè riaffiori la voce della coscienza collettiva che stigmatizzi le violenze perpetrate dalla barbarie dell’essere umano».
Chi il 30 settembre sarà  a Noli è il capogruppo in Regione di Forza Italia, Angelo Vaccarezza, sempre presente alle commemorazioni per la Ghersi. «Sarò a Noli, come sono sempre stato alla commemorazione al cimitero di Zinola, per ricordare Giuseppina — spiega -. Ci sarò perchè sono un padre, e non capisco come ogni padre non possa ricordare un evento del genere».

(da “il Secolo XIX”)

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