Marzo 20th, 2025 Riccardo Fucile
PER FORTUNA L’EUROPA DELLA MELONI E’ UN’ALTRA COSA
Non bisogna scandalizzarsi se la presidente Meloni sente e dice di appartenere a
un’Europa diversa da quella che aveva in mente la piazza del 15 marzo. Sarebbe strano e poco credibile il contrario.
Il sogno federalista nacque, in piena guerra e poi nel dopoguerra, antifascista e antinazionalista. Coinvolse politici e intellettuali socialisti, liberali, azionisti, radicali, cattolici, comunisti. L’eurocomunismo di Berlinguer arriva molto più tardi, con il prefisso “euro” che serve da cesura definitiva con il mito stalinista del “Paese guida”, la Russia sovietica.
Ma Spinelli e Colorni, due dei quattro di Ventotene, erano comunisti, il terzo, Ernesto Rossi, azionista e la quarta, Ursula Hirschmann, socialista, profuga ebrea in fuga dalla Germania nazista. E i grandi padri della costruzione europea (Adenauer,
Schuman, De Gasperi) erano conservatori democratici.
In questo campo, per quanto vasto, non figurano nazionalisti, fascisti e neofascisti; e neppure, venendo all’oggi, populisti e sovranisti. Questo è un elemento di chiarezza: e ogni tanto, specie quando la situazione è molto caotica, molto complicata, semplificare aiuta a ritrovare il bandolo.
C’è un conflitto aperto, non solo in Europa (vedi l’inaudito arresto del sindaco di Istanbul, principale oppositore di Erdogan) tra democrazia e autocrazia. Tra la forza della libertà e dei diritti umani e l’esercizio del dominio.
Il secondo è incarnato da Trump e Putin. Il primo, da una platea atterrita, divisa, eppure viva e vivace, della quale, ma già lo sapevamo, la nostra presidente del Consiglio non fa parte.
(da Repubblica)
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Marzo 20th, 2025 Riccardo Fucile
IL RICHIAMO DELLA FORESTA LE HA FATTO CADERE LA MASCHERA
Come il cane Buck di Jack London, ancora una volta Giorgia Meloni non è riuscita a trattenere i suoi spiriti animali, facendosi trascinare dal richiamo della foresta della cultura fascista da cui provengono lei e la classe dirigente del suo partito. Nell’ora più buia dell’Europa, schiacciata tra il regime criminale di Vladimir Putin e le minacce degli Stati Uniti del suo amico Donald Trump, la premier davanti al parlamento e al governo in gran completo non ha avuto alternativa migliore che brutalizzare il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi.
Un documento scritto 84 anni fa dai padri fondatori del federalismo europeo, oltraggiato da Meloni attraverso la lettura di citazioni strumentali prese a spizzichi e bocconi dalle pagine di uno dei lavori intellettuali più rilevanti della dottrina politica italiana. Un progetto che ha contribuito a portare, oltre all’unità del vecchio continente, quasi 80 anni di pace e prosperità in Europa, dopo la devastazione e gli orrori causati dal nazionalismo fascista e nazista.
Ora, l’erede di quella tradizione che si sperava costretta per sempre nelle fogne della storia ha dichiarato che quella di Ventotene (cioè libera, antifascista e pacifista) «non è la mia Europa». Mani in tasca, tono da me-ne-frego e dimentica che Spinelli era stato mandato dal suo statista preferito per sei anni al confino nelle isole pontine, la presidente del Consiglio ha certamente dato scandalo. Ma ha contemporaneamente avuto il merito di levarsi la maschera, mostrando agli italiani la mediocrità del livello politico e strategico a cui tende.
Al netto del solito revanscismo di una cultura politica che ha perso prima l’onore e poi la guerra, a quella di Spinelli la presidente propone infatti una ricetta alternativa reazionaria: quella delle piccole nazioni chiuse in sé stesse, scevre da istituzioni sovranazionali, il più possibile autarchiche e con le mani libere.
L’opzione sovranista propugnata dalle Meloni, dai Salvini e dalle altre destre estreme che mettono a rischio le democrazie liberali europee sorte dopo il Secondo conflitto mondiale, però, mai come in queste settimane sta mostrando tutte le sue contraddizioni e i suoi limiti.
La scelta del sovranista Donald Trump di dichiarare l’Europa come sua avversaria e nemica («La Ue è stata creata per fottere gli Usa», ha detto) e l’intento di Washington di costruire con la Russia e la Cina un nuovo ordine mondiale basato su tre grandi imperi rendono evidente anche ai meno avvezzi al comprendonio che gli europei o stringono i bulloni dell’alleanza da un punto di vista economico, culturale e militare oppure sono destinati a contare poco o nulla nei decenni a venire. Con conseguente perdita non solo di influenza geopolitica, ma di benessere e prosperità per tutti i cittadini.
Ecco: l’interesse dell’Italia e degli italiani che Meloni sventola come suo spirito guida è uno solo. Quello di costruire, con i partner francesi, spagnoli, tedeschi, degli altri dei Ventisette e degli inglesi (che dopo la Brexit stanno facendo più di un passo
indietro) un’Europa più unita e dunque più forte. Esattamente quello che ipotizzava Spinelli, ieri dileggiato senza vergogna. Perché solo un alienato o un fanatico può immaginare che le fragili e invecchiate nazioni europee possano difendersi, singolarmente, dall’aggressione dei giganti che puntano a dividersi il mondo in sfere di influenza.
L’inadeguatezza del rimedio sovranista alla nuova fase storica è incarnato dal balbettio di Meloni delle ultime settimane, da quando le posizioni di Trump sull’Ucraina e sui dazi hanno minato la strategia di Palazzo Chigi di porsi come fondamentale cerniera tra gli Usa e l’Unione. Marginalizzata da Donald che non l’ha ancora incontrata da quando è diventato presidente, isolata a Bruxelles dal rinnovato asse franco-tedesco, la capa di Fratelli d’Italia pratica da mesi un donabbondismo pavido e pericoloso. Arrivando a criticare – invece che le aggressioni di Trump alle nostre aziende – la casa comune europea, rea per Meloni di essersi difesa dalla guerra commerciale lanciata dal tycoon con inutili «rappresaglie tariffarie».
Una manipolazione dei fatti e un’operazione di post-verità che serve a Meloni per tentare di restare in equilibrio e per non schierarsi – come dovrebbe chi ha davvero a cuore gli interessi nazionali – contro il suo sodale americano.
Una posizione difficile da mantenere a lungo: quando i dazi Usa verranno applicati, gli effetti sul sistema economico italiano saranno drammatici, come ha spiegato bene Mario Draghi in Senato mentre i deputati di FdI e Lega sbadigliavano sui cellulari. A quel punto non basterà maramaldeggiare su Spinelli per tranquillizzare le categorie che saranno colpite dalla crisi che si staglia all’orizzonte.
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2025 Riccardo Fucile
MELONI NON PARLA ALLA NAZIONE MA ALLA FAZIONE
È più forte di lei, di tanti, di quasi tutti i leader della nuova era. Non parlano più alla
Nazione ma alla fazione, come se fossero soltanto leader di partito, e di un partito eternamente all’opposizione. D
alla presidente di Fratelli d’Italia ci si può aspettare che segnali le contraddizioni del manifesto di Ventotene, i cui autori teorizzavano un’Europa unita, ma anche l’abolizione della proprietà privata e la sospensione temporanea della democrazia. Sono proprio queste le intemerate che i suoi elettori amano sentirle fare, perché servono a rappresentare lei come una combattente e la sinistra come degli snob ipocriti che disprezzano il popolo nel cui nome pretendono di parlare.
Dalla presidente del Consiglio dei ministri mi sarei invece aspettato che non si affacciasse in un’aula parlamentare per compiacere i suoi elettori e tirare calci negli stinchi ai suoi avversari.
Da chi ricopre certe cariche è legittimo auspicare che voli un po’ più alto, no? Che riconosca il valore simbolico di quel documento, scritto da persone mandate al confino dal fascismo e quindi in un contesto politico e psicologico molto particolare. E che, liquidate le contraddizioni con una battuta, ne faccia suoi i punti fondamentali, anziché prenderne le distanze nell’eterno giochino del Noi contro Loro. Quando sei il capo del governo, o di un condominio, tutti i tuoi amministrati diventano Noi. Anche Loro. Ma forse la mia è un’illusione, molto più datata del manifesto di Ventotene.
(da corriere.it)
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Marzo 20th, 2025 Riccardo Fucile
IN UN INTERVENTO DI DUE ANNI FA, IL CATTOLICISSIMO SOTTOSEGRETARIO DEFINI’ IL MANIFESTO DI SPINELLI E ROSSI LA SUMMA DEL PARTITO DEGLI ANTI-ITALIANI
Brutto posto questa Ventotene. «C’è stato fino a un recente passato una sorta di pellegrinaggio a Ventotene per rendere omaggio agli estensori del Manifesto, in particolare ad Altiero Spinelli. Il pellegrinaggio è finito quando ci si è resi conto che – parlo da meridionale – non portava bene. Perché normalmente chi ci andava dopo poco cadeva, da Merkel a Renzi».
A parlare così è stato due anni fa il vero ispiratore dello show di Giorgia Meloni alla Camera contro il Manifesto di Ventotene. Chi ha fornito l’arma di distrazione di massa alla premier? La domanda ha percorso per ore il Transatlantico. Tutti a ipotizzare che fosse il braccio destro Giovambattista Fazzolari. Sbagliato. Era l’altro braccio destro: Alfredo Mantovano.
La prova è in un intervento che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e uomo chiave della premier fece nel giugno 2023 in un convegno organizzato dalla rivista “Tempi” a Caorle. Quasi la fotocopia, ante-litteram, di quel che ha detto quasi due anni dopo Meloni alla Camera. Sia nei modi che nelle citazioni. Ma se Meloni ha pescato il fior da fiore, le parole di Mantovano vanno rilette perché svelano il ragionamento di fondo.
In quell’intervento oggi dimenticato, in casa della rivista di Comunione e liberazione, il cattolicissimo Mantovano comincia, proprio come Meloni, citando il Manifesto di Ventotene come qualcosa di «tanto citato quanto non letto, tanto esaltato quanto poco meditato». Lui però lo ha letto, citato, meditato. E parte con gli anatemi. Lo definisce un «riferimento ideale del partito antitaliano», costituito da «un raggruppamento
trasversale che ha una sua precisa visione della storia, la cui sintesi è: l’Italia è un Paese sbagliato», in ultimo perché nel 1948 «ha voltato le spalle al sol dell’avvenire». Qualcosa a metà tra la Terza Internazionale e la Spectre, insomma.
A questo raggruppamento trasversale, che avrebbe voluto stare col blocco sovietico, «il ripristino di una regola elementare di ogni sistema democratico non piace a prescindere». Da sempre, in pratica.
C’è quel trascurabile dettaglio che il manifesto è stato composto da due confinati del regime fascista, Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, e rivisto da Eugenio Colorni, ucciso dai fascisti nel 1944. Difficile collocarli nella squadra di quelli che non volevano ripristinare il sistema democratico, ma non importa.
Mantovano prosegue: «È un partito che non si presenta alle elezioni», ma che «all’inizio della storia repubblicana si era incarnato nel Partito d’Azione: non ha avuto molto successo elettorale, ma l’ha mantenuto, per lo meno come impostazione, sul piano culturale, arrivando a dettare una tendenziale egemonia, anzitutto nei media, ma non soltanto nei media».
Summa simbolica di questo partito antitaliano e antidemocratico sarebbe, spiega Mantovano, il Manifesto di Ventotene. «Voglio menzionare 2 o 3 passaggi perché è veramente il modo di intendere oggi l’opposizione, non soltanto al governo del Meloni, ma all’identità italiana». Nel convegno di Tempi, giugno 2023, Mantovano procede a leggere questi passaggi, il terzo dei quali è lo stesso pronunciato da Meloni alla Camera.
Il manifesto di Ventotene, «quello che viene spesso identificato come il manifesto fondativo dell’Europa», in questa visione sarebbe in realtà il manifesto degli anti-italiani. Chi si richiama al manifesto di Ventotene è per di più, nel mondo Meloni-Mantovano, allergico alla democrazia, considera «il potere democratico torbido, verrebbe da dire plebeo» e il il popolo «non consapevole di ciò che serve effettivamente per il suo stesso bene».
In tutto questo, la destra sarebbe sostanzialmente vittima di un’ingiustizia, spaventosa: «È veramente un paradosso che veniamo considerati una deriva autoritaria perché vogliamo ribadire, nella prassi di governo quotidiana, il principio che governa chi ha preso i voti», protesta Mantovano. La vera democratica insomma è Giorgia Meloni. Schiacciata dai tiranni di Ventotene e dai loro epigoni: da Altiero Spinelli ad Elly Schlein.
Praticamente, sostiene Mantovano, la deriva autoritaria sono loro. Quelli che si richiamano a Ventotene e che accusano di «deriva autoritaria» chi è stato democraticamente eletto. Un partito-non-partito: non soltanto i politici, anche i giornalisti, gli euroburocrati, i giudici. «Oggi le opposizioni non sono tanto quelle presenti in Parlamento, ma si trovano in alcuni gruppi editoriali, si trovano pericolosamente in alcune fasce della burocrazia in Italia e soprattutto in Europa, si
trovano in alcuni pezzi di giurisdizione». Ovvero la stampa, la magistratura. È il mondo alla rovescia raccontato ieri da Mantovano. E oggi dalla premier Giorgia Meloni
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2025 Riccardo Fucile
“IN ITALIA ABBIAMO AVUTO ALTRE SIMILI ASSURDITA’ QUANDO BERLUSCONI DISSE CHE IN QUELL’ISOLA I CONFINATI ANDAVANO IN VILLEGGIATURA”
Renata Colorni, figlia del filosofo antifascista Eugenio Colorni, ucciso nel 1944, e
cresciuta da Altiero Spinelli, secondo marito della madre, ha da poco finito di ascoltare «indignata» le parole della premier pronunciate in Aula alla Camera e non esita a dire che «Giorgia Meloni non solo rinnega la memoria, ma la oltraggia anche».
Alle origini del Manifesto di Ventotene
Suo padre e Spinelli furono tra gli ideatori e firmatari del Manifesto di Ventotene: che effetto le ha fatto sentire la premier dire di non riconoscersi in uno dei testi fondativi dell’Unione europea?
«Noi oggi possiamo discutere e parlare perché le persone, che lo hanno scritto, sono morte e hanno perso la vita per questo. Ma d’altronde Meloni non è la prima ad averlo rinnegato».
A chi si riferisce?
«In Italia abbiamo avuto altre simili assurdità quando Silvio Berlusconi disse che a Ventotene i confinati andavano in villeggiatura».
Questa volta però si tratta di parole, quelle di Meloni, pronunciate in Parlamento. È ancora più grave?
«È un salto di qualità orrendo. La presidente del Consiglio ha oltraggiato la memoria di un gruppo di persone che rappresenta l’antifascismo italiano e che è stato in prigione a Ventotene. E in più ha fatto una dichiarazione di inimicizia nei confronti dell’Europa».
Dall’opposizione è arrivata però una risposta forte.
«La premier ha provato a nascondere le contraddizioni presenti nella sua maggioranza. Ma la reazione è stata abbastanza impressionante: l’importante è che in Parlamento si siano levate voci molto forti e molto decise, come quelle del dem Federico Fornaro e della segretaria del Pd Elly Schlein».
Lei è salita sul palco della manifestazione del 15 marzo Una piazza per l’Europa. Meloni ha detto che le persone erano presenti in piazza non hanno capito il Manifesto di Ventotene. Cosa risponde?
“Spinelli era comunista, Colorni era socialista e Ernesto Rossi liberale. Insieme, partendo da tre posizioni diverse, hanno pensato a una soluzione che potesse far uscire l’Europa dalla situazione in cui si trovava, hanno cercato un modo per combattere i nazionalismi e preparare un avvenire comune per l’Europa. Forse la premier lo ha dimenticato, o forse non lo ha mai saputo».
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2025 Riccardo Fucile
IL MONDO CIVILE NON DIMENTICHERA’ QUESTO GENOCIDIO PER SECOLI
Le ultime notizie sulla guerra di Israele nella Striscia di Gaza. Lo stato ebraico ha lanciato una nuova operazione di terra nella notte uccidendo almeno 71 palestinesi, tra cui donne e bambini. Nel mirino dell’IDF in particolare edifici residenziali nelle città di Khan Younis, Rafah e Beit Lahiya.
Nella serara di ieri la polizia israeliana ha arrestato 12 manifestanti durante le accese proteste antigovernative a Gerusalemme scatenate dall’annuncio del premier israeliano Benjamin Netanyahu di voler licenziare il capo dello Shin Bet, Ronen Bar.
Anche uno sminatore inglese tra i feriti del bombardamento israeliano di ieri
C’è un esperto britannico di sminamento, un uomo di 51 anni di cui non è stato reso noto il nome, tra gli stranieri feriti nell’esplosione che ieri ha devastato una struttura dell’ONU nella Striscia di Gaza, uccidendo almeno un funzionario internazionale e ferendo diversi altri dipendenti o collaboratori della sede. Lo ha riferito alla Bbc l’organizzazione Mines Advisory Group. Fonti ONU hanno indicato la responsabilità d’Israele dietro l’esplosione, cosa che le autorità israeliane viceversa negano. Intanto il Foreign Office britannico si è unito alla richiesta di Palazzo di Vetro di “un’indagine trasparente” sull’accaduto.
Almeno 5 operatori dell’UNRWA uccisi a Gaza da Israele
Secondo il direttore generale dell’UNRWA, Philippe Lazzarini, negli ultimi giorni sono stati uccisi cinque membri dello staff dell’agenzia delle Nazioni Unite per gli aiuti umanitari alla Palestina. “Negli ultimi giorni sono stati confermati altri cinque membri dello staff dell’UNRWA uccisi, portando il bilancio delle vittime a 284. Erano insegnanti, dottori e infermieri al servizio dei più vulnerabili”, ha affermato in una dichiarazione pubblicata su X.
Il Ministero della Salute di Gaza: “Da martedì uccisi 710 palestinesi”
Il portavoce del Ministero della Salute della Striscia di Gaza, Khalil Al-Daqran, ha dichiarato che da martedì sono stati uccisi 710 palestinesi e feriti altri 900. Secondo Al-Daqran, molti dei feriti sono deceduti per la mancanza di cure mediche tempestive, dovuta alla grave carenza di attrezzature sanitarie e medicinali essenziali. Il portavoce ha inoltre sottolineato che circa il 70% dei feriti sono donne e bambini, e che la maggior parte delle lesioni riportate sono di grave entità, aggravando ulteriormente l’emergenza sanitaria nella Striscia.
Itamar Ben-Gvir, l’ultranazionalista recentemente tornato ministro della sicurezza nazionale di Israele, ha accusato i manifestanti che protestano contro il primo ministro, Benjamin Netanyahu, di essere contro lo stato. “Gli attivisti della protesta hanno da tempo smesso di essere solo contro il governo e il Primo Ministro. Sono diventati del tutto contro lo Stato di Israele”, scrive Ben-Gvir sulle reti sociali, a proposito di una recente manifestazione nei pressi della residenza di Netanyahu a Gerusalemme Ovest, dove uno dei leader della mobilitazione e’ stato udito paragonare Netanyahu al leader nazista tedesco Adolf Hitler.
Ben-Gvir ha anche affermato che il “sangue del rifiuto” dei manifestanti “non verra’ mai lavato dalle loro mani”, in quello che sembra un riferimento al rifiuto di sostenere la guerra a Gaza.
(da agenzie)
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