Aprile 16th, 2025 Riccardo Fucile
IL SOGNO DI FAR IL SUO INGRESSO ALLA CASA BIANCA COME PONTIERE TRA USA-UE SI E’ TRASFORMATO IN UN INCUBO IL 2 APRILE QUANDO IL CALIGOLA AMERICANO HA MOSTRATO IL TABELLONE DEI DAZI GLOBALI . PRIMA DELLE TARIFFE, IL VIAGGIO AVEVA UN SENSO, MA ORA CHE PUÒ OTTENERE DA UN MEGALOMANE IN PIENO DECLINO COGNITIVO DALL’UCRAINA ALLE SPESE PER LA DIFESA DELLA NATO, DA PUTIN ALLA CINA, I CONFLITTI TRA EUROPA E STATI UNITI SONO TALMENTE ENORMI CHE IL CAMALEONTISMO DI MELONI E’ DIVENTATO OGGI INSOSTENIBILE
La Giorgia versione Combat, che dall’alto della sua statura si trasformava in un Rambo
coi boccoli che non ha paura di fulminare con un’occhiata quel galletto di Macron e di sfanculare il Consiglio europeo rifiutando il voto a Ursula von der Leyen, beh, dimenticatela.
Messa dal destino cinico e baro davanti al viaggio a Washington di domani, ecco avanzare una Meloni che non nasconde le incertezze e mette prudentemente le manine avanti: “È un momento difficile, vediamo come va nelle prossime ore”.
A farle compagnia nel pararsi il sederino è il suo “Genio” di Palazzo Chigi, Fazzolari: “Il viaggio non è facile sicuramente ed è ricco di insidie perché le dichiarazioni americane fanno pensare alla volontà di una politica fortemente protezionistica, cosa che danneggerebbe fortemente l’Italia.
Non so quanto possa essere vantaggiosa per gli Usa ma per l’Italia e l’Europa una politica protezionistica Usa può essere un grande pericolo”
E dato il periodo pasqualino, la premier è consapevole che l’incontro con lo Sfasciatutto col ciuffo arancione potrebbe rivelarsi una Via Crucis con lo Studio Ovale trasformato in Golgota, avendo di fronte un personaggio che va oltre il pirandelliano da “Uno, nessuno e centomila”, decisamente un tipino al di là di ogni razionalità, più imprevedibile di una scimmia sotto Lsd.
Nei palazzi romani un “pestaggio” alla Zelensky della premier viene dato al 20/30 per cento, mentre la probabilità che l’Underdog ritornerà a casa con un pugno di mosche in mano è quotata dagli addetti ai lavori al 60%.
Un buon 20% ottiene invece è l’ipotesi che Trump ricopra di lodi la Regina della Fiamma con baci abbracci sotto i flash. Insomma, il faccia a faccia si presenta come una enorme incognita da 1-2-X: ammettiamolo, domani può succedere tutto o niente.
Col famigerato senno del poi, il bilaterale con Trump, così a lungo sollecitato, alla fine si è rivelato un madornale cul-de-sac politico.
Per settimane la Statista della Garbatella ha pietito l’invito alla Casa Bianca, aggrappata alla giacchetta dell’ambasciatrice italiana negli Usa, Mariangela Zappia (non certo il massimo del potere diplomatico).
In quei giorni, la “Giorgia dei Due Mondi” era ancora gonfia di speranza di potersi giocare le sue carte di ”pontiere” tra Washington e Bruxelles.
Purtroppo, il Caligola americano delle sue preghiere francamente se n’è fottuto. Però il due volte bancarottiere di New York trovava il tempo per ricevere il premier britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron. Due bilaterali che hanno destabilizzato il sistema nervoso e immunitario di “Io so’ Giorgia”.
Si era anche illusa la poverina che uno scambio di occhiate e moine con Trump avrebbe fatto schiattare il fegato del suo principale “nemico”, Matteo Salvini, nel frattempo auto-incoronatosi il più trumputiniano dello Stivale, fino allo schiaffo della video-partecipazione al congresso leghista di Firenze di Elon Musk.
I sogni di gloria della Ducetta sono morti alle 16, ora Usa, del 2 aprile, quando l’Idiota del Maga ha dato vita al “Liberation day” in cui ha sfasciato il sistema globale annunciando la follia economica di porre dazi reciproci a tutti i Paesi del mondo (poi sospesi per tre mesi, tranne che per la Cina).
Da notare che il tabellone offerto alle telecamere in mondovisione da King Donald non faceva cenno ai singoli stati del Vecchio Continente, ma semplicemente all'”Europa”, scassando via anche la speranzella anti-Ue di ottenere da “America First” un trattamento accondiscendente per i prodotti export italiani.
Il delirio di onnipotenza e deficienza di Trump, che ha mandato a puttane i mercati, è continuato indefesso ogni santo giorno che Dio manda in terra: eccolo che sbertuccia trucidamente i leader mondiali in fila per “baciargli il culo”.
Una irrazionalità da Croce Verde con urgente T.S.O.: ad esempio, tre giorni fa si è rivolto con parole amichevoli alla Cina, ed oggi l’ha sfanculata: Xi Jinping ha bisogno dei nostri soldi.
Volare oggi a Washington per l’Underdog è diventata un’incognita al cetriolo che arriva minacciosa nel momento peggiore. Ecco: prima dei dazi aveva un senso, ma ora, che si può ottenere da un egomane in pieno declino cognitivo?
Tanto è vero che, dal 2 aprile, Giorgia Meloni ha smesso di bussare con insistenza alla Casa Bianca, ma il destino è cinico e baro ed è Trump che l’ha invitata e Meloni è rimasta così “vittima” delle sue precedenti sollecitazioni, ma anche dell’essersi posta come la paladina del trumpismo in Europa al grido che “bisognava negoziare”. Il tango si balla in due ma se Donald vuol pestare solo i tuoi piedi, che stamo a fa’?
Ora la Ducetta ha messo in soffitta la sua presenza, unica leader europea a parlare, alla convention CPAC di Washington (persino il lepeniano Jordan Bardella si era chiamato fuori dopo il saluto romano di Steve Bannon), e come gongolava quando l’allora presidente eletto la lodava come “colei che ha preso d’assalto l’Europa”…
E ora? Fa bene Giorgia Meloni a dire: “Siamo in un momento difficile, basta polemiche”. Anche perché ogni cosa che dirà a Trump potrà facilmente essere usata contro di lei, a partire dal sostegno all’Ucraina.
In tre anni di guerra, la premier del Colle Oppio non ha mostrato alcuna esitazione nello schierarsi al fianco di Biden e Zelensky, a difesa di Kiev e contro l’invasione russa.
Peccato che per Trump, Biden e Zelensky, lo ha ribadito anche dopo la strage di civili a Sumy, siano i veri “responsabili” del conflitto.
Una strage, tra l’altro, condannata da tutti i leader occidentali e minimizzata come un “errore” dei russi dal presidente americano, che si è rifiutato di condividere il documento del G7 contro Mosca.
Gli sherpa di Palazzo Chigi tremano all’ipotesi che Trumpone se ne esca con un elogio allo “statista” Putin, che metterebbe in fortissimo imbarazzo la turbo-atlantista Meloni.
Altro argomento delicato sarà quello della spesa per la Difesa: l’Italia è il fanalino di coda della Nato per i soldi versati in armamenti e faticherà non poco a raggiungere il 2% del Pil, vecchio obiettivo dell’Alleanza Atlantica ormai giudicato da molti obsoleto.
Washington pretende che i “parassiti” europei arrivino almeno al 5%, una quota irraggiungibile per le disastrate finanze italiane, come confermato dal ministro dell’Economia, Giorgetti: “Fare debito europeo per improbabili eserciti destinati a entrare in guerra e ad acquistare armi in Germania e Francia: no”. Ma dall’altra parte, c’è il piano “RiarmEu” di Ursula che impone di portare almeno al 2% la spesa della Difesa.
Come ricorda Politico EU nella sua influente newsletter Brussels Playbook: “L’Italia, terza economia della zona euro, è tra le ultime della classe se si guardano i dati concreti dal punto di vista statunitense. È in ritardo sulla spesa per la difesa. Ha inoltre un enorme surplus commerciale di beni con gli Stati Uniti, con esportatori italiani che vendono di tutto, da alimenti e prodotti agricoli ad auto e farmaci”.
Non appare chiaro, agli osservatori di Bruxelles, “cosa possa offrire Meloni. Roma non ha il potere di negoziare un accordo commerciale o di ridurre le normative digitali.”
Altro questione spinosa sarà il rapporto con la Cina. Giorgia Meloni, durante l’era Biden (che definì “aggressiva” la politica del Dragone in Asia e non ebbe problemi a bollare Xi Jinping come un “dittatore”), non ha avuto alcun tentennamento nell’abbandonare il Memorandum sulla via della Seta, firmato dall’Italia nell’era Giuseppe Conte.
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Aprile 16th, 2025 Riccardo Fucile
PER MOLTI, IL GIOCO VALE LA CANDELA: ANCHE IN CASO DI MORTE, LO STATO PAGA LE FAMIGLIE FINO A 65.000 EURO
La guerra ha cambiato molte cose. Oggi, migliaia di famiglie che si sono trasmesse la povertà di generazione in generazione come una malattia possono cambiare il loro destino. Basta avere un figlio o un padre da mandare al fronte. «Prisoediniasya k SVOim». Unisciti ai tuoi. Dove SVO sta per Operazione militare speciale. La pubblicità del servizio nell’esercito per contratto è ovunque nella capitale.
Guadagno annuo da 5.520.000 rubli a salire. Quasi 59 mila euro al cambio di oggi. Una cifra inaudita per la stragrande maggioranza dei russi. Fino allo scorso autunno erano vette riservate ai soldati di professione. Ma dall’inizio di novembre ne possono usufruire tutti i kontraktniki , i militari per contratto. La paga del soldato russo è sempre più alta.
Tra l’élite moscovita è opinione comune che l’unico momento nel quale Vladimir Putin ha traballato è stato nel settembre del 2022, quando fu obbligato a dichiarare la mobilitazione parziale. Per non ricascarci, il Cremlino spende quantità inimmaginabili di soldi per reclutare nuovi soldati. Ma per evitare un immediato disastro di bilancio, fa gravare la spesa sulle amministrazioni locali.
Come noto, non esistono stime ufficiali dei soldati russi caduti al fronte. I siti più affidabili che si occupano di questa triste contabilità stimano che in termini percentuali la perdita più grossa sia di soldati che provenivano dalla Buriazia, regione «quasi asiatica» con uno dei redditi pro capite più bassi di Russia.
Con i soldi promessi a chi manda un figlio al fronte, una famiglia della Buriazia o di altre regioni simili si sistema per sempre. Accettare il rischio di sacrificare una vita per garantirne altre. Il baratto sul quale si basa l’infinita disponibilità russa della cosiddetta carne da cannone, è questo.
Con l’esca dei soldi non esistono confini, soprattutto quando l’economia va male. Il flusso dei volontari ha cominciato a salire dal 17 marzo: più di
cento al giorno, come scrive il sito Verstka, fuorilegge dall’inizio dell’Operazione militare speciale. Ma altri dati forniti dalla stampa filogovernativa confermano la tendenza. Dal primo al 10 aprile, solo nel centro di arruolamento principale in via Yablochkov, altre 993 persone hanno firmato la carta di ingaggio.
Nei primi dieci giorni di marzo erano state 499, «appena» 341 nell’intero mese di gennaio. Perché questa impennata? La spiegazione più semplice: c’è il timore che l’offerta possa finire presto con la tregua. Dall’inizio dell’anno, oltre 6.300 mila uomini si sono arruolati a Mosca. Le autorità incoraggiano l’impeto patriottico aprendo punti di raccolta nelle stazioni della metropolitana.
Dopo aver firmato, un moscovita tra i 18 e i 65 anni di età riceve come una tantum 2,3 milioni di rubli, 24.600 euro circa: 400.000 (equivalenti a circa 4.290 euro) come cifra iniziale stabilita per tutti dal ministero della Difesa, il resto è il compenso deciso dal Comune: questa è la parte che varia da regione a regione.
Una volta nell’unità di servizio, al volontario spetta la mensilità da 210 mila rubli, 2.250 euro, più una ricompensa ulteriore che si aggira sui cinquantamila rubli (536 euro).
Nella repubblica di Bashkiria, ai piedi degli Urali, vengono corrisposti sull’unghia 2,7 milioni di rubli (29 mila euro) stanziati dalla regione, e 700 mila rubli, cioè 7.500 euro circa, provenienti dalle casse di villaggi e province. Totale, tre milioni e quattrocentomila rubli, quasi 37 mila euro. Lo stipendio medio mensile nella repubblica è pari a 46.750 rubli (dato ufficiale, le stime reali dimezzano la cifra): cinquecento euro. La Bashkiria è una delle prime tre regioni per contratti firmati.
La regione di Kaluga eroga un «invito» da 2,5 milioni, 27 mila euro. La piccola repubblica autonoma Marij El arriva a tre milioni, 32 mila euro. La regione di Samara aveva toccato i 4 milioni, 42 mila euro, ma poi ha rischiato la bancarotta. La soglia dell’una tantum si alza a 3,6 milioni, 38 mila euro, per chi accetta subito un secondo contratto.
Ma la ricompensa per chi combatte sul fronte ucraino non finisce qui. Per ogni giorno di partecipazione ad «azioni attive di offensiva» si pagano fino a 50 mila rubli, 500 euro; stessa cifra per ogni chilometro di avanzamento quando si fa parte dei reparti d’assalto. Mezzo milione (5.300 euro) a chi fa saltare in aria un carro armato Leopard, Abrams o Challenger e infine un milione di rubli (10.600 euro) per chi cattura uno dei mezzi citati o un impianto di lancio Himars. Un milione per una lesione media, tre (32 mila euro) per una ferita grave, ai quali si aggiunge un altro milione a invalidità accertata. Se poi il soldato viene riconosciuto inidoneo al servizio, viene corrisposta una ricompensa straordinaria di 3,44 milioni di rubli, equivalenti a 37 mila euro circa.
In caso di disgrazia, lo Stato paga alla famiglia 5 milioni e 160 mila rubli, 56 mila euro; più 5,2 milioni di indennità aggiuntiva e altri 3,4 milioni di una tantum in parti uguali ad ogni familiare del caduto, secondo il programma di assicurazione statale sottoscritto all’arruolamento. La vita del proprio caro vale cioè tredici milioni di rubli, 143 mila euro, più una pensione di reversibilità.
(da Il Corriere della Sera)
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Aprile 16th, 2025 Riccardo Fucile
LA MANCATA RICONFERMA DI STEFANO VENIER, NOMINATO 3 ANNI FA DAL GOVERNO DRAGHI, È ARRIVATA PROPRIO NEL GIORNO IN CUI STANDARD & POOR HA PROMOSSO IL RATING DELLA SNAM
In campo politico la competenza non serve, e il talento ancora meno; conta soprattutto
la fedeltà e l’affidabilità a un partito di governo.
E così ieri, come nuovo amministratore delegato di Snam, società di Cdp che ha la missione di realizzare infrastrutture energetiche, ha prevalso un manager del tutto a digiuno di stoccaggio e rigassificazione del gas naturale avendo sempre ricoperto il ruolo di direttore finanziario, Agostino Scornajenchi.
Nel corso della sua carriera è volato dall’Enel al Gruppo Engie, passando per la ristrutturazione di Tirreno Power/Sorgenia fino alla Pianificazione e Controllo del Gruppo Poste Italiane, di cui ha anche curato il percorso d
quotazione.
Quando poi è planato a CFO di Terna, nel 2023 l’ad Giuseppina Di Foggia lo mise brutalmente alla porta insieme al direttore corporate affairs, Giuseppe Del Villano. Per l’uscita di Scornajenchi, però, è stato posto subito rimedio designandolo amministratore delegato di CDP Venture Capital.
A tirare i fili necessari per farlo restare in piedi è sempre intervenuto quello zoccolo duro e puro di Fratelli d’Italia che oggi ha come riferimento il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’attuazione del programma di governo nel governo Meloni, Giovanbattista Fazzolari.
Per ironia della sorte, la mancata riconferma di Stefano Venier, nominato tre anni fa dal governo Draghi, è arrivata proprio nel giorno in cui Standard & Poor ha promosso il rating della Snam da “BBB+” ad ‘A-‘, riconoscendo ‘’la sua posizione di leadership nelle infrastrutture energetiche europee e una costante affidabilità nelle performance operative’’.
E a nulla è servita l’opposizione della Lega al cambio di guardia in Snam perché a supportare il nome di Scornajenchi, FdI ha trovato l’alleanza con Forza Italia.
(da Dagoreport)
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Aprile 16th, 2025 Riccardo Fucile
DAL 15 NOVEMBRE TRENTINI NON HA POTUTO VEDERE NESSUNO DELL’AMBASCIATA NÉ TELEFONARE A CASA. E NON C’È STATA NEANCHE L’OMBRA DELLA MOBILITAZIONE SCATTATA PER IL CASO DI CECILIA SALA, GIORNALISTA SEGUITISSIMA SUI SOCIAL, FIGLIA DI UN MANAGER AMICO DI TAJANI
Cinque mesi. Dal 15 novembre scorso il cooperante italiano Alberto Trentini è stato arrestato in Venezuela senza alcuna ragione, se non per il fatto di essere un cittadino occidentale, europeo, italiano. Da cinque mesi è rinchiuso nel carcere El Rodeo I, nello Stato di Miranda, periferia di Caracas
Si tratta di una prigione gestita direttamente dai servizi segreti del presidente Maduro, dove sono detenuti decine di occidentali per fare pressione sui loro governi. E ottenere qualcosa. Trentini non ha mai potuto vedere nessuno dell’ambasciata nè telefonare a casa, a Venezia, dove lo aspettano i suoi genitoriArmanda e Ezio.
Che, insieme con il loro legale Alessandra Ballerini, tornano ad appellarsi attraverso Repubblica alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in queste ore in visita negli Stati Uniiti.«Da subito — dicono — abbiamo chiesto al nostro governo di porre in essere tutti gli sforzi diplomatici possibili, per riportare a casa Alberto. Abbiamo sollecitato l’apertura di un dialogo costruttivo con le istituzioni venezuelane, ed il contributo diplomatico dei governi di altri paesi. Per questo speriamo che nel suo incontro negli Usa, la premier chieda e ottenga tutta la collaborazione necessaria per far tornare finalmente a casa un cittadino italiano privato di
ogni contatto con il mondo da 5 mesi».
Scrittori, intellettuali, artisti hanno deciso di scrivere una lettera ad Alberto. Oggi Repubblica pubblica le prime cinque. «Le lettere — spiega l’avvocato Ballerini — saranno consegnate, così come abbiamo fatto con quelle di amici e familiari, al nostro ambasciatore in Venezuela perché gliele porti quando, ci auguriamo, incontrerà Alberto. Anche se noi faremo di tutto per darle direttamente a lui, quando sarà libero»
(da La Repubblica)
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Aprile 16th, 2025 Riccardo Fucile
TRA I COMMENSALI C’ERANO ANCHE IL LEGHISTA MORELLI E LA FORZISTA RONZULLI, SEBBENE CARROCCIO E AZZURRI NON SIANO CONVINTI DELLA SCELTA: UNA SPONDA CENTRISTA DELLA MAGGIORNAZA TOGLIEREBBE LORO SPAZIO DI MANOVRA… IL POSSIBILE TICKET CON ANDREE RUTH SHAMMAH, DIRETTRICE DEL TEATRO FRANCO PARENTI
Gli inviti per la cena li ha fatti personalmente Daniela Santanchè. Per conto del
padrone di casa, il presidente del Senato Ignazio La Russa.A Milano lunedì sera si sono attovagliati i rappresentati del centrodestra milanese. Non i segretari dei partiti, ma alcuni selezionati dirigenti di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia: per non dare l’idea di un vero e proprio tavolo politico ma per intavolare una discussione molto concreta: il candidato a sindaco di Milano guardando al dopo Sala.
Accanto a Santanchè e La Russa a capo tavola c’erano per i meloniani Giovanni Donzelli, Carlo Fidanza e Marco Osnato, per Forza Italia la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli e la deputata Cristina Rossello (alle 22 si è aggiunto anche Maurizio Gasparri). Per la Lega Alessandro Morelli.
Il principale inquilino di Palazzo Madama è andato dritto al punto. Snocciolando fin dall’inizio della cena il vero argomento dell’incontro serale: la candidatura a sindaco di Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, diventata la costola moderata del centrodestra più vicina a Fratelli d’Italia
La Russa ha prima snocciolato alcuni sondaggi che darebbero per il centrodestra una prospettiva tutta in salita rispetto al centrosinistra nel capoluogo lombardo. Poi ha detto che lui non sosterrà mai «un candidato civico».
«Togliamocelo tutti dalla testa», ha detto in soldoni. E quindi ecco la carta perfetta per evitare di ingarbugliare il tavolo, ben più importante, delle regionali: candidare a sindaco Lupi, che «non toglie voti» a nessuno dei […] e soprattutto evita di impegnare caselle per conto di FdI o della Lega o di Forza Italia che potranno avere maggiori ambizioni per i candidati governatori nelle prossime regionali in Campania, Veneto, Lombardia e Puglia.
Il presidente del Senato ha detto inoltre che la cena era soltanto un primo approccio per avviare concretamente la candidatura. Ma non vuole perdere molto tempo, per questo tra due settimane la cena si ripeterà con gli stessi commensali e, si spera, anche con i segretari regionaliNon è un mistero che i numero uno di Forza Italia e Lega, Antonio Tajani e Matteo Salvini, non siano per nulla d’accordo con la strategia di La Russa. Così il presidente del Senato si muove, cautamente, dal basso.
Tra i commensali, lasciando a tarda sera casa La Russa, tutti però si facevano una domanda sottovoce: ma perché il presidente del Senato è così convinto su Lupi e perché tanta fretta?
Non è un mistero che l’operazione allargamento di Noi Moderati abbia avuto come regista La Russa, che ha dialogato a lungo con le ex ministre Mariastella Gelmini e Mara Carfagna in uscita da Azione e approdate nel partito di Lupi. Ed è noto che quest’ultimo rivendichi anche ruoli di maggiore visibilità: quello di candidato sindaco di Milano sarebbe al momento la risposta alle sue ambizioni. Almeno secondo il La Russa pensiero.
(da agenzie)
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Aprile 16th, 2025 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DELL’UNICEF: 7 BAMBINI SU 10 AFFRONTANO QUESTO VIAGGIO SENZA UN GENITORE
Una strage di bambini migranti morti nel Mediterraneo: sono 3500 i minori che hanno perso la vita nella traversata in mare verso l’Italia negli ultimi dieci anni, secondo le stime più recenti dell’Unicef
“È come se, per un decennio, ogni giorno un bambino avesse perso la vita”,
ha sottolineato l’agenzia Onu in una nota diffusa a pochi giorni dal decimo anniversario del naufragio avvenuto il 18 aprile al largo delle coste italiane, in cui persero la vita oltre 1.000 persone, tra cui bambini.
“Circa sette bambini su dieci affrontano questo viaggio senza un genitore o un tutore legale, il che significa che la maggior parte delle persone minorenni morte o scomparse lungo questa rotta stava viaggiando da da sola”, ha ricordato l’Unicef, sottolineando che “molti dei bambini che cercano di attraversare il Mediterraneo centrale fuggono da guerre, conflitti, violenze e povertà, cause che continuano ad alimentare la migrazione forzata e a spingerli a cercare sicurezza e opportunità altrove”.
“Dieci anni fa, un naufragio al largo delle coste italiane causò la morte di oltre 1.000 persone e sconvolse l’intera regione – ha ricordato Regina De Dominicis, Direttrice regionale dell’Unicef per l’Europa e l’Asia centrale e Coordinatrice speciale per la risposta a rifugiati e Migranti in Europa – i governi devono proteggere i diritti e il superiore interesse di bambine e bambini, in linea con i loro obblighi previsti dalle leggi nazionali e internazionali. I diritti sanciti dalla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia non si fermano ai confini o alle coste, ma accompagnano le persone di minore età durante tutto il loro viaggio”.
Negli ultimi 10 anni almeno 20.803 migranti scomparsi in mare
“Negli ultimi 10 anni, almeno 20.803 persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo centrale”, ha precisato l’Unicef, ricordando che “molti naufragi lungo questa pericolosa rotta migratoria dal Nord Africa non lasciano sopravvissuti o non vengono registrati, rendendo il numero reale di morti o dispersi praticamente impossibile da verificare, e probabilmente molto più alto”.
“Sebbene l’adozione del Patto europeo su migrazione e asilo possa portare a un sistema più organizzato per la gestione dei flussi migratori, la sua attuazione deve avvenire nel pieno rispetto degli obblighi legali per tutelare l’interesse superiore dei minorenni”, ha aggiunto l’Unicef, chiedendo”operazioni di ricerca e salvataggio più efficaci e attente ai bisogni delle persone di minore età, per prevenire le morti in mare”.
“All’arrivo, ogni bambina, bambino e adolescente deve ricevere assistenza legale immediata e protezioni solide – ha aggiunto – le restrizioni alla libertà di movimento non devono mai tradursi nella detenzione di minorenni in strutture, sia essa per lo screening, il controllo di frontiera, la richiesta di asilo o il rimpatrio. L’Unicef sostiene i Paesi nel rafforzare i sistemi di protezione dell’infanzia, di protezione sociale e quelli dedicati alla migrazione e all’asilo, affinché bambine, bambini e adolescenti siano al sicuro durante i loro spostamenti. Inoltre, collabora con i governi per garantire servizi inclusivi e supporto a tutte le persone di minore età, indipendentemente dallo status legale loro o dei loro genitori. In Italia, l’Unicef lavora con il governo e altri partner per garantire a bambini, bambine, adolescenti e donne l’accesso al supporto psicosociale, alla salute e a servizi specializzati per chi è a rischio di violenza, sfruttamento e abuso”
(da Fanpage)
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Aprile 16th, 2025 Riccardo Fucile
IL PROCURATORE DI NAPOLI: “IL GOVERNO VA SEMPRE IN DIREZIONE CONTRARIA ALLA NOSTRA: LA RIFORMA LIMITA LE INDAGINI, COSI’ PASSA UN MESSAGGIO DI IMPUNITA’”
«Parlate alle persone, il silenzio è complicità. Siate incorruttibili, inattaccabili». Il
procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri pare quasi un allenatore e un motivatore mentre parla al convegno organizzato a Roma dall’Associazione magistrati Corte dei Conti. «Non sono un osservatore politico e non riesco a cogliere le ragioni di queste riforme. Posso dire, però, che oggettivamente il segnale che viene dato è quello di un arretramento nella tutela della collettività e nel rispetto delle regole».
I giudici contabili in scioperto, l’Anm che incontra il ministro Nordio. La mobilitazione è comune?
«L’impatto di queste riforme non coinvolge lo status dei magistrati ordinari e contabili, ma i cittadini. La mobilitazione dev’essere comune: dobbiamo essere uniti e compatti».
Come mai?
«Per far comprendere quali incredibili danni provocheranno queste riforme».
Dal governo dicono di essere aperti al confronto.
«Non so se ci sia una reale apertura, sino ad oggi non vi è stata. Spero di
sbagliarmi, ma non sono molto fiducioso».
E gli incontri e le audizioni passate?
«Ogni volta che siamo stati auditi, anche in sedi istituzionali, rappresentando tutta una serie di criticità, la risposta è andata in direzione opposta e contraria. Ovviamente, lo ribadisco, le leggi le fa il Parlamento e se verranno approvate, i magistrati le rispetteranno, anche se non sono condivise nel merito».
Come muoversi verso il referendum sulla riforma della Giustizia?
«Bisogna spiegare ai cittadini, in ogni modo e in qualunque contesto, quali sono i pericoli di questa riforma».
Ad esempio?
«La separazione delle carriere non migliora in alcun modo l’efficienza della giustizia, riducendo i tempi e migliorando la qualità delle decisioni, ma al contrario produce, nell’immediato, il serio rischio di cercare colpevoli ad ogni costo».
Ha invitato i magistrati ad essere inappuntabili, non ricattabili. Come mai?
«Nelle realtà in cui ho lavorato, ho avuto modo di constatare la propensione dei cittadini a denunciare, se hanno interlocutori credibili».
In caso contrario?
«Soprattutto nelle realtà piccole, se vedono che i magistrati, come anche gli appartenenti alle forze di polizia, hanno delle dubbie frequentazioni, perdono fiducia, si ritraggono, diventano omertosi».
L’esecutivo dice che queste riforme servono per contrastare il malaffare. Concorda?
«E come? Limitando la possibilità di fare indagini, stabilendo che un raccomandato possa vincere un concorso impunemente o stabilendo che un amministratore che arreca un danno all’erario possa essere condannato solo a un massimo del 30%?».
Non c’è proprio nulla da salvare?
«Queste riforme avranno conseguenze negative sulla vita dei cittadini in termini concreti».
In che senso?
«Limitare le indagini e non consentire di accertare chi ha commesso un illecito o non recuperare il danno effettivo arrecato all’erario significa
meno soldi per le opere pubbliche, gli ospedali, le scuole».
Il ministro Nordio dice: «È colpa dei magistrati se le carceri sono sovraffollate». C’è un’eccessiva rigidità?
«Guardi io sono rimasto esterrefatto di fronte a parole di questo genere. Ma come si fa a parlare di colpa dei magistrati? Noi facciamo il nostro lavoro, applichiamo la legge e cerchiamo di tutelare la collettività. Se mi consente la considerazione, sembra che si stia perdendo il senso della misura».
Dl sicurezza, paura della firma, abolizione dell’abuso d’ufficio. Dove si sta andando
«La maggioranza di governo ha già cancellato l’abuso d’ufficio e neutralizzato il traffico di influenze. Adesso, si appresta ad allargare le maglie dei casi di danno erariale per scudare gli amministratori, oltre che in generale voler ridimensionare il compito della Corte dei Conti».
Quale messaggio passa?
«Di impunità. Tutto questo lascia i cittadini senza tutela. In tutti i settori».
Parliamo delle intercettazioni. Dal governo dicono che, se necessario, si potrà prolungare il termine di 45 giorni. Questione risolta?
«No, perché con la legge vigente se le intercettazioni sono negative non vanno prorogate, quindi già oggi non è così semplice».
Cosa cambia con le nuove disposizioni?«Sono inseriti ulteriori limiti, che di fatto rendono veramente difficile la proroga. Le intercettazioni sono un fondamentale e insostituibile mezzo di ricerca della prova».
C’è chi sostiene che le intercettazioni siano troppo invasive.
«Limitare l’uso delle intercettazioni ha un solo effetto: ostacolare la lotta al crimine».
Procuratore, sembra battagliero e pessimista. È così?
«Spero di sbagliare, ma a me pare ci sia un disegno globale di eliminare qualunque forma di controllo. Da una parte si limitano le intercettazioni, e sarà impossibile provare reati contro la pubblica amministrazione, dall’altra si elimina, o si limita fortemente, il controllo a valle. Insomma, il controllore non vuole essere controllato, con buona pace dei cittadini onesti».
(da agenzie)
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Aprile 16th, 2025 Riccardo Fucile
MANCANO 14 MESI ALLA FINE DEL PNRR E DEI 194,4 MILIARDI DI EURO TOTALI A DICEMBRE NE AVEVAMO SPESI SOLO 64, OVVERO IL 35.6% DEL TOTALE
Mancano 14 mesi alla fine del Pnrr e dei 194,4 miliardi di euro totali, al 31 dicembre 2024 ne avevamo spesi 64, il 35,6% (dati Sesta Relazione del Governo sull’attuazione).
Secondo un’analisi della Banca d’Italia, 42,4 miliardi non sono nemmeno stati identificati i soggetti attuatori, come ad esempio gran parte della dotazione della Missione 7, quella per aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili e potenziare le reti di distribuzione.
Solo su questo capitolo, che vale 11,2 miliardi, a fine 2024 la spesa è praticamente zero. In sostanza il 40% dei cantieri avviati è in ritardo, un altro 40% è completato, ma si tratta di cantieri piccoli, mentre per quelli sopra i 5 milioni di euro la percentuale scende al 3%. Per quel che riguarda i progetti affidati ai Comuni, è in fase di esecuzione il 74,4% delle gare.
Dove siamo più indietro
Nel 2024 abbiamo mancato uno degli obiettivi più importanti legato alla riforma della giustizia: la riduzione dell’arretrato nel processo civile. Al 31 dicembre doveva scendere del 95%, ma ci siamo fermati al 91,7%. Il motivo è che a fine 2024 erano stati assunti solo 8.804 addetti all’ufficio per il processo, contro i 16.500 previsti. La carenza di personale ha di conseguenza comportato un aumento della durata media dei procedimenti civili, che invece deve essere ridotta del 40% entro giugno 2026. Obiettivo quasi impossibile da centrare. Siamo indietro anche sul fronte dell’edilizia giudiziaria: la spesa è ferma al 19,73%. Male gli studentati. Il Pnrr puntava a creare 60 mila nuovi posti letto, ma abbiamo ridotto la stima a 23 mila. Colpa del vincolo posto dal ministero dell’Università del 70% di stanze singole che ha limitato il numero dei soggetti interessati alla costruzione alloggi per studenti: solo 209 ad oggi. Scelta che favorisce il mercato privato, dove gli investimenti in studentati è cresciuto del 18% nel 2024 (386,8 milioni di euro), di cui l’80% provenienti dall’estero.
Male anche gli asili nido, nonostante il taglio di oltre 100 mila posti durante la prima rimodulazione del Pnrr: abbiamo speso solo il 25,2% dei 3,24 miliardi di euro totali. Secondo i dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio, al 9 dicembre 2024 risultavano attivi 3.199 progetti, ma solo 88 erano stati completati.
Transizione energetica
Non riusciremo a completare nemmeno il capitolo della Transizione 5.0, quella dei crediti di imposta per investimenti con risparmio energetico. Fondo disponibile: 6,23 miliardi, ma finora sono stati spesi solo 13 milioni per progetti completati.
Sulle comunità energetiche, cioè la creazione di gruppo di soggetti organizzati per produrre e condividere localmente l’energia prodotta da fonti rinnovabili, abbiamo speso 44,98 milioni dei 2,2 miliardi previsti (2%). Praticamente fermi al sud i lavori per la realizzazione di 45 mila km di reti idriche per ridurre le perdite di acqua. Su questo punto la Corte dei Conti scrive che bisogna «prendere atto dell’impossibilità di raggiungere l’obiettivo». Nel programma sulle politiche attive ci sono sette Regioni (Abruzzo, Basilicata, Molise, Puglia, Sicilia, Valle d’Aosta e provincia autonoma di Bolzano) che non sono in linea con gli standard minimi previsti per i centri per l’impiego. Il governo alza bandiera bianca anche
sulle colonnine elettriche: nella relazione sul Pnrr scrive che a causa delle difficoltà di mercato non si può garantire il conseguimento degli obiettivi. Così come sulle stazioni di rifornimento a idrogeno: l’obiettivo era di crearne 40, ma sono arrivate domande solo per 18.
Il perché dei ritardi
Le ragioni sono sempre le stesse: ogni ministero ha imposto le proprie procedure, senza una cabina di regia che uniformasse i processi burocratici. Tutto questo si scarica su maggiori costi e lentezza dei lavori. Poi c’è il caro materiali: circa 6.000 progetti, tra cui infrastrutture strategiche come l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria e la Palermo-Catania-Messina, rischiano di rimanere incompleti perché non ci sono risorse per coprire gli extracosti.
A questo si sommano i tempi dei controlli che fanno capo a diversi soggetti (Commissione Europea, Anac, Prefetture, Guardia di Finanza): anche qui manca una cabina di regia. Ma questo vale soprattutto per i soggetti pubblici, mentre i privati sfuggono con una certa facilità, come ha dimostrato la vicenda del Superbonus edilizio (per 14 miliardi finanziato dal Pnrr).
Quando i controlli li fai alla fine ti accolli anche il rischio di scoprire che quei progetti non sono conformi, o potrebbero non essere stati realizzati del tutto, ma a quel punto sarà difficile avere indietro i soldi anticipati.
Soluzione: posticipo dei controlli
Ad oggi, secondo Openpolis, sono stati rendicontati meno di 5 mila progetti: il ministero del Lavoro ci ha messo quasi 8 mesi per un solo rendiconto, quello delle Infrastrutture oltre 6 per 38 rendiconti, quello della salute più di 3 mesi per 89 rendiconti. Secondo la Corte dei Conti è colpa della forte carenza di personale e dell’inadeguatezza della documentazione. Per tagliare la testa al toro il Governo ha deciso lo scorso agosto (decreto legge 113/24) di autorizzare le amministrazioni titolari ad erogare fino al 90% del costo dei lavori entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta, posticipando verifiche e controlli nella fase finale, prima dell’erogazione del saldo. La Corte dei Conti fa notare che il decreto accelera certamente il finanziamento dei progetti del Pnrr, però quando i controlli li fai alla fine ti accolli anche il rischio di scoprire che quei progetti non sono conformi, o
potrebbero non essere stati realizzati del tutto, ma a quel punto sarà difficile avere indietro i soldi anticipati.
Ormai è certo che non spenderemo tutto e per questo il Governo sta trattando con Bruxelles in due direzioni: da una parte dirottare le risorse sui fondi di coesione, dall’altra creare strumenti finanziari dove far confluire i soldi non spesi per utilizzarli in seguito.
Per non rischiare, su molti capitoli abbiamo messo a bando numeri maggiori di quelli previsti dai target europei. Per esempio il target di parchi e giardini riqualificati e resi fruibili è di 170, ma ne abbiamo ammessi al finanziamento 814. L’obiettivo degli interventi infrastrutturali nelle Zone Economiche Speciali era di almeno 22 interventi entro 31 dicembre 2024: i lavori sono stati avviati in 50 interventi. Il target delle Centrali Operative territoriali (le strutture che coordinano l’assistenza sanitaria) è di 480, ma i progetti in corso sono 800. Nonostante questo ormai è certo che non spenderemo tutto e per questo il Governo sta trattando con Bruxelles in due direzioni: da una parte dirottare le risorse dei progetti in ritardo sui fondi di coesione, dall’altra creare strumenti finanziari dove far confluire i soldi non spesi per utilizzarli in seguito. Però la Commissione ha posto limiti: le risorse non potranno essere usate per completare progetti in ritardo, ma dovranno finanziare nuove iniziative. Il resto sarà a carico nostro.
I ritardi pesano sull’economia
Secondo una recente indagine di OReP, il 41% dei 263 soggetti attuatori intervistati teme di non riuscire a completare i propri investimenti e auspica una riprogrammazione. Il Pnrr è stato già modificato ben quattro volte, posticipando o rivedendo al ribasso gli obiettivi. Revisioni che, secondo Openpolis, hanno permesso al nostro Paese di rispettare le scadenze. Sono stati posticipati al secondo semestre 2025 la riforma degli appalti pubblici e concessioni per ridurre il tempo medio tra l’aggiudicazione dell’appalto e la realizzazione di un’infrastruttura, l’aumento del numero di ispezioni sul lavoro per ridurre il lavoro sommerso e l’avvio dell’hub nazionale del turismo digitale, mentre l’inizio degli interventi infrastrutturali nelle Zone Economiche Speciali, previsto per giugno 2024 era stato spostato di sei mesi. È importante sapere che gli effetti del Pnrr si vedono sul Pil: più 0,2% nel 2022, più 0,5% nel 2023, ma
nel 2024 ci si è fermati ad un più 0,1%. Il ministero dell’Economia stima per il 2025 una crescita dello 0,6% e nel 2026 un più 0,8%. In linea con lo studio della Banca Centrale Europea pubblicato il 3 dicembre 2024: l’impatto totale del Pnrr sul Pil italiano (cioè entro il 2026) potrebbe oscillare tra l’1,3% e l’1,9%. A condizione però che si raggiungano tutti gli obiettivi. Al momento, purtroppo, non sembra probabile.
(da agenzie)
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Aprile 16th, 2025 Riccardo Fucile
IL PERSONALE E’ LIEVITATO E LE PAGHE QUADRUPLICATE: 4,5 MILIONI PER I DIRIGENTI E 4 PER I QUADRI
Tutti a pigliarsela con il povero Pietro Ciucci che deve accontentarsi della pensione
d’oro dell’Anas e appena 240 mila euro di stipendio come amministratore delegato di Stretto di Messina Spa.
Ma a guardare le spese per gli altri fortunati che hanno preso servizio nella concessionaria di Stato sotto formalina per anni e poi, scampata alla liquidazione, rimessa in pista da Matteo Salvini, c’è da strabuzzare gli occhi: se nel 2023 gli stipendi per 60 unità di personale sono stati pari a 2,5 milioni di euro, nel 2024 il costo per 24 persone in più è schizzato a oltre 9 milioni.
E non è finita qui perché non è ancora terminato il reclutamento speciale a suon di regole vantaggiosissime: sono quelle ritoccate dal governo nel 2023 che avevano fatto alzare le antenne alle opposizioni. Per via di un decreto agostano con cui era stato cancellato il tetto dei 240 mila euro, incubo di chi s’impiega nelle società pubbliche.
Insomma via la tagliola pur di reclutare personale all’altezza della sfida (il Ponte dei desideri), “risorse professionali di alto profilo in tempi brevissimi” e soprattutto con trattamenti retributivi in deroga ai limiti stabiliti dalla legge. E dunque fuoco alle polveri anche per la possibilità di attingere fino a 100 persone da Anas e Rfi. Detto fatto. In tempi strettissimi si era proceduto ai distacchi e a reclutare le professionalità esterne “in considerazione della complessità e del carattere eccezionale dell’opera nonché della stringente tempistica del programma di riavvio delle attività previsto dal decreto”.
E così dalle due risorse in forze alla Stretto di Messina spa a giugno 2023, si era passati in pochi mesi a 60: 8 impiegati, 35 quadri e 17 dirigenti, per un costo complessivo di poco più di 2,5 milioni di euro (per la precisione 2.557.333 e 52 centesimi). Così ripartiti: 164 mila euro circa (per gli impiegati), più di 1,1 milioni (per i quadri), 1,2 milioni (per i dirigenti). Questa la situazione al 31 dicembre 2023.
E il 2024?
Compulsando il sito di Stretto di Messina Spa, viene fuori che l’anno scorso il personale è cresciuto di 24 unità. Ma i costi sono diventati quasi il quadruplo: gli impiegati sono diventati 17 (nove in più rispetto all’anno precedente) e i loro stipendi si sono attestati a quota 754 mila euro. I quadri sono aumentati a quota 48 (tredici in più rispetto al 2023) con i loro emolumenti schizzati complessivamente a 3,9 milioni. Dulcis in fundo i dirigenti: a dicembre 2024 erano diventati 19 (due in più rispetto all’anno prima) ma per un costo lievitato da 1,2 milioni a 4,5 milioni e rotti nel 2024. Un aggiornamento, facendo due conti, che assesta gli stipendi dei 19 papaveri su una cifra media di 236 mila euro a cranio. Anche se non tutte le retribuzioni sono ugualmente da urlo. Irraggiungibile quella di Andrea Parrella, avvocato top di gamma (nel suo lungo curriculum esperienze di un certo calibro in Iri, Trenitalia, Ferrovie e soprattutto Finmeccanica-Leonardo): in Stretto di Messina Spa è responsabile della direzione Legale e Contenzioso con uno stipendio da 260 mila euro lordi più 78 mila euro collegati al conseguimento degli obiettivi. Altro big il direttore Corporate, Francesco Parlato (tra le sue esperienze ancora Iri, l’incarico di direttore al ministero del Tesoro e in Fs ma anche di membro di cda quali Cassa Depositi e prestiti, Coni Servizi, Fimmeccanica e Fincantieri): anche lui a quota 260 mila euro (più 50 mila come bonus obiettivi). Poi gli altri a
scendere, sia in termini di stipendio che di bonus da target Mbo. Tutti pubblicati sul sito con la sola eccezione di Omar Mandosi. Di chi si tratta? “L’ho scelto io” ha detto Pietro Ciucci dopo che il nome di Mandosi (non indagato), era finito nelle intercettazioni dell’inchiesta che è costata il patteggiamento a Tommaso Verdini, figlio di Denis nonché ‘cognato’ di Matteo Salvini. Laureato alla Link nel 2015, iscritto all’ordine dei consulenti del lavoro dal 1999, funzionario di Anas, Mandosi era stato tra i primi, a luglio 2023, ad arrivare in Stretto di Messina Spa. Con i galloni di direttore Organizzazione e Affari Generali.
(da Il Fatto Quotidiano)
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