NO AI REFERENDUM: LA CONSULTA DICHIARA INAMMISSIBILI ENTRAMBI I QUESITI
LA CORTE COSTITUZIONALE HA DETTO NO AI QUESITI SULL’ABROGAZIONE PARZIALE O TOTALE DELLA LEGGE ELETTORALE, IL FAMIGERATO PORCELLUM DEL LEGHISTA CALDEROLI FIRMATO NEL 2006
I giudici della Corte Costituzionale chiamati a decidere sull’ammissibilità dei quesiti referendari erano riuniti in camera di consiglio da questa mattina.
Dopo l’udienza partecipata a porte chiuse di ieri mattina nella quale sono stati ascoltati i legali rappresentanti del comitato promotore del referendum e i rappresentanti dell’Associazione giuristi democratici, i giudici della Consulta hanno ritenuto di proseguire oggi l’esame delle due questioni loro sottoposte.
Con la prima veniva chiesto loro di dichiarare ammissibile il quesito con cui si chiede l’abrogazione totale della legge elettorale studiata dall’ex ministro, che prevede liste bloccate e dunque toglie la facoltà agli elettori di esprimere una preferenza.
Il secondo quesito chiedeva di eliminare, ad una ad una, le novità introdotte dalla stessa legge Calderoli alla precedente legge elettorale abrogata nel 2005, il cosiddetto ‘Mattarellum’, secondo un’espressione coniata dal politologo Giovanni Sartori.
Ecco la nota diffusa dalla Consulta al termine dell’udienza: “La Corte costituzionale, in data 12 gennaio 2012, ha dichiarato inammissibili le due richieste di referendum abrogativo riguardanti la legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica). La sentenza sarà depositata entro i termini previsti dalla legge”.
I ‘boatos’ parlamentari avevano preannunciato la bocciatura di entrambi i quesiti, accompagnata forse da una sollecitazione rivolta dalla Corte alle Camere a riformare il Porcellum, magari mettendone in discussione alcuni profili di costituzionalità di cui si avrà traccia quando verrà reso pubblico il dispositivo della sentenza.
Già ieri, quando nel pomeriggio tra i deputati del Pd si era diffusa la voce di una sentenza di bocciatura il referendario Arturo Parisi aveva invitato alla prudenza: “Aspettiamo. Il rinvio è un buon segno, vuol dire che nella Corte c’è discussione”.
Ma così non è andata. E Parisi, dopo l’esito negativo ha dichiarato: “Anche se il prolungamento della camera di consiglio aveva aperto la nostra attesa alla speranza, tutto posso dichiararmi fuorchè sorpreso.
Noi abbiamo fatto la nostra parte” afferma l’esponente Pd, “continueremo la nostra battaglia per interpretare il milione e duecentomila firme raccolte, in modo diverso in Parlamento e ancor più di prima all’esterno di esso”.
Antonio Di Pietro, altro convinto referendario, si era invece dichiarato “preoccupato dal clima”. Oggi il leader dell’Italia dei Valori è stato, se possibile, ancora più esplicito: “E’ uno scempio della democrazia — ha detto — così si rischia il regime. Manca solo l’olio di ricino”.
La legge elettorale verrà riformata in ogni caso in Parlamento, continuano intanto a ripetere Pdl, Pd e Terzo polo, sfidando chi ritiene che senza la ‘miccia’ referendaria non si farà niente.
Ma il dialogo si presenta in partenza complicato, se solo si considera lo scontro già emerso tra Pd e Idv.
Fa infuriare infatti il partito di Di Pietro la proposta di Enrico Letta di “costituire molto rapidamente un forum” sulla riforma elettorale tra “i partiti della maggioranza”.
Leoluca Orlando si appella a Napolitano e tuona: “Vogliono escluderci”. Riecheggiando così una preoccupazione già espressa dalla Lega.
Ma c’è anche chi lancia un allarme di altro tipo: “Se oggi venisse approvato il referendum e ci fosse il via libera all’arresto di Cosentino — dice Luciano Sardelli, mettendo in relazione due appuntamenti importanti della giornata — ci sarebbe un’innegabile accelerazione verso il voto anticipato in primavera”.
La Consulta ha disinnescato il primo allarme. Resta da vedere se Montecitorio farà il resto.
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