L’INCIUCIONE PD-PDL “INSIEME PER FARE LE RIFORMEâ€: GRANDE COALIZIONE ATTRAZIONE FATALE
NON SI NASCONDONO PIU’: COMUNICATO CONGIUNTO DEI DUE PARTITI…PREPARANO UN PORCELLUM MA SENZA LISTE BLOCCATE
Allo stesso tavolo, per un’ora. Nell’ufficio di Luciano Violante, ex presidente della Camera, a Montecitorio.
A parlare di legge elettorale, mentre altrove litigano ferocemente sulla Rai.
Questione di priorità . Alle quindici e trenta la formazione del Partito democratico è già schierata e seduta: il senatore Luigi Zanda, il deputato Gianclaudio Bressa, lo stesso Violante, che non è più parlamentare ma responsabile per le riforme del Pd.
Per il Pdl di Silvio Berlusconi (e Angelino Alfano) arrivano Ignazio La Russa, Gaetano Quagliariello (che ha avuto una lunga serie di incontri riservati con Violante nelle scorse settimane) e il previtiano Donato Bruno.
Un’ora di inciucio o di ammuina, giusto per fare “un po’ di riscaldamento in attesa che i leader entrino in campo e decidano”, come riassume un autorevole ex ministro di centrosinistra?
All’uscita, è La Russa a smentire i sospetti di ammuina: “Non facciamo ammuina: o il governo Monti va avanti e allora noi abbiamo il dovere di fare le riforme, oppure il governo non va avanti e allora c’è l’impossibilità di farle”.
I sei stendono pure un comunicato congiunto, evento impensabile quando a Palazzo Chigi c’era ancora il Cavaliere.
Ma oggi c’è il governo tecnico e il clima è cambiato, per usare una delle formule più in voga. Pd e Pdl salvano il bipolarismo come principio generale, contro la frammentazione, e bocciano il criterio dei nominati del Porcellum, l’attuale legge elettorale. Mai più.
Poi la riduzione dei parlamentari, la riforma del bicameralismo.
Accordo fatto? Quando alle otto e mezzo di sera, Lilli Gruber su La7 fa questa domanda a Pier Luigi Bersani, il segretario inizia la risposta con un verbo eloquente, declinato al plurale: “Rallentiamo”. Quindi: “Se son rose fioriranno”.
Insomma la partita è ancora lunga e ieri è andato in scena il primo round.
Il Pdl si è presentato un po’ sorpreso e spiazzato dalla decisione di Berlusconi di incontrare Bossi l’altra sera.
Per il Pd, invece, a un certo punto si è sparsa la voce che lo stesso segretario Bersani si fosse aggiunto alla riunione.
Falsa, ma che dà il quadro di un partito diviso in cui nessuno si fida dell’altro. Figuriamoci poi dell’ex nemico berlusconiano, oggi avversario e alleato allo stesso tempo sotto l’ombrello capiente della maggioranza tecnica.
Il punto è capire soprattutto la distanza che separa la difesa a parole del bipolarismo, con una legge senza più nominati, dalla convizione che taglia trasversalemente quasi tutte le forze politiche: che alla fine prevarà un sistema metà spagnolo (uninominale ), metà tedesco (liste nelle circoscrizioni), senza premio di maggioranza e senza doppio turno, in cui le alleanze di governo si fanno direttamente nelle urne. Tradotto in tre parole: grande coalizione permanente.
Dice uno dei sei partecipanti alla riunione di ieri, versante democrat: “Al Pdl abbiamo fatto capire a muso duro che non vogliamo una legge fatta contro gli altri, ma con un consenso largo”.
Poi il bicchiere mezzo pieno: “Abbiamo preso atto che nessuno ha il coraggio di presentarsi agli elettori con questo Porcellum”.
Male che vada, quindi, nonostante l’elaborazione di modelli spagnoli, tedeschi e ungheresi, potrebbe uscire un Porcellum corretto con le preferenze.
Anche se il Pd ha già detto che al posto di queste ultime, le preferenze, sarebbe meglio avere i collegi uninominali. Il caos della discussione è appena all’inizio e durerà almeno due mesi, quando ci saranno le amministrative.
E ieri i sei si sono seduti con i dati dell’ultimo sondaggio riservato, che danno il Pdl ancora più in calo. Eccoli: Pdl al 21 per cento, Pd al 29, Lega al 10, Udc all’8, Idv al 7,5, Sel al 7, Fli al 5.
Ed è per questo che per il momento, al di là degli scenari futuri e le previsioni sul ritorno del proporzionale come vorrebbero i centristi del Terzo Polo, la chiave autentica della fase apertasi ieri la offre un altro autorevole esponente del Pd, a microfoni spenti: “Questi primi incontri serviranno a far gettare la maschera a chi vuole votare ancora con questa legge , con il Porcellum”.
Magari approfittando di un incidente del governo Monti sulla riforma del lavoro.
Tra i democrat l’indiziato numero uno è proprio Bersani.
Nessuno oserebbe dirlo apertamente, ma sono in tanti a pensarlo. E ieri al tavolo chi ha fatto melina sul Porcellum è stato La Russa: conservare questo sistema consentirebbe di salvare l’alleanza con la Lega, che vuole mantenere il sistema dei nominati.
Al contrario, sullo schema bipartisan Alfano-Lupi-Enrico Letta, è stato il vicecapogruppo del Pdl al Senato Quagliariello.
Si tratta di capire chi prevarrà nei due partiti. Senza dimenticare l’eterna ambiguità di Berlusconi che, per dirla con le parole di un suo fedelissimo, “sta puntando su tutti i tavoli, sia quello bipolarista, sia quello proporzianale”.
Ieri, nel Pdl si è registrata anche un ulteriore picco di tensione contro l’ex ministro Giulio Tremonti, dopo le rivelazione del Giornale di Sallusti: “Lettera dal Quirinale, fu il ministro a opporsi al decreto salva Italia. Così il governo fallì la missione sviluppo e il Cavaliere fu costretto a lasciare”.
Da questo gigantesco clima di dialogo, a tirarsi fuori è stato Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei valori: “Riteniamo pericolosi e oscuri per la democrazia questi incontri da sottoscala fatti non alla luce del sole”. La risposta di Bersani è stata: “Qui non ci sono sottoscala, qui se si vuol fare una una legge elettorale bisogna parlarsi e noi stiamo parlando. Non voglio fare inciuci con nessuno, ma fare una cosa che la gente capisca”.
La sensazione è che questo sia l’incipit di una telenovela destinata a durare parecchio tempo. Ieri la prima puntata, con la comparsa dei principali protagonisti.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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