ABUSO D’UFFICIO, I MAGISTRATI: “ECCO COSA RESTERA’ IMPUNITO”
LO VOI, SICILIANO E DE LUCIA ILLUSTRANO GLI EFFETTI NEFASTI DELL’ABOLIZIONE DEL REATO A CUI STA LAVORANDO NORDIO
Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, dice il proverbio. Perfetto per il governo che prosegue sulla via dell’abolizione formale o di fatto dell’abuso d’ufficio e del traffico di influenze. “Siamo alle battute finali di una versione modificata e una abrogativa – ha detto il sottosegretario Andrea Delmastro –. I pubblici amministratori non avranno più la paura della firma”. La maggioranza è soddisfatta, anche se tutti i magistrati chiamati in Commissione Giustizia alla Camera, hanno illustrato con dovizia di esempi in che modo l’abolizione o il ridimensionamento dei due reati si tradurrebbe nell’impunità per fatti gravi e nella caduta libera di “credibilità” dell’Italia a livello internazionale. Una riforma ingiustificata, quella dell’abuso d’ufficio, anche perché, concordano i tecnici, già quella del 2020 ha ristretto di molto la perseguibilità del reato e la “paura della firma” è solo “un equivoco”, ha detto l’ultimo magistrato ascoltato, il procuratore di Roma, Franco Lo Voi.
Impunite le mediazioni, anche quelle remunerate
Lo Voi è partito dal traffico di influenze (346 bis c.p.) che c’è per “evitare la sovraesposizione di interessi privati, in danno degli altri”. Ricorda che il ddl Pittalis (FI) “verrebbe a impedire il perseguimento di alcune condotte di mediazione remunerate che intervengono in ambiti in cui il sistema non tollera alcuna mediazione”. E fa esempi della sua categoria: “Pensiamo a una mediazione remunerata per cui un magistrato riceve denaro per interferire sulla funzione di un collega ad esempio affermando, poco importa se in buona o malafede, che taluno è innocente e deve essere assolto. Con la nuova formulazione questo magistrato, che prenderà anche denaro, non risponderebbe dell’illecito. Salterebbe la punibilità”.
Affidamenti diretti e concorsi, sarà il caos
Quanto all’abuso d’ufficio (323 c.p.), la sua abolizione “lascerebbe priva di protezione penalistica tutta una serie di fattispecie. Pensiamo, spiega, all’affidamento diretto sopra soglia, domani resterebbe privo totalmente di tutela penale”, cioè impunità certa. “O pensiamo all’alterazione dei concorsi pubblici. Noi abbiamo avuto un caso – racconta il procuratore – in cui un candidato ha trasmesso a un componente della commissione per l’esame da magistrato i segni dei propri compiti scritti in modo che il commissario potesse agevolarlo. Ebbene se noi non avessimo avuto il reato dell’abuso d’ufficio questa condotta sarebbe rimasta priva di tutela penale”. Dunque, ancora impunità garantita. Anche Lo Voi ha citato la Convenzione di Merida che “prevede la criminalizzazione del reato di abuso d’ufficio” e lo fa, come ha ricordato Francesco Prete, procuratore di Brescia, con riferimento alle ipotesi di condotte che hanno prodotto un vantaggio, illecitamente, a favore di un terzo. Non un danno. “Se noi eliminiamo questo (l’abuso di vantaggio, ndr) o addirittura abroghiamo il reato o lo trasformiamo in sanzione amministrativa – ha concluso Lo Voi – ci metteremo fuori dalle convenzioni internazionali e comunitarie che noi stessi abbiamo sottoscritto e ratificato”.
Strumento prezioso contro i reati di mafia
Il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, anche lui ascoltato in Commissione, ha pure evidenziato una criticità già presente: “Oggi non è utilizzabile l’intercettazione nella quale emerge una condotta di abuso d’ufficio, perché il legislatore ne impedisce l’utilizzabilità per reati che in astratto non potevano essere intercettati (660 c.p.p.)”. Tutto ciò “in terre a forte infiltrazione mafiosa ha un significato importante” perché le intercettazioni “sono una preziosa fonte” per scoprire gli “illeciti nei confronti della Pa” e derivano “dalle indagini di mafia”.
Lapidaria la procuratrice aggiunta di Milano, Tiziana Siciliano: “Leggo con sconcerto ipotesi di cancellazione dell’abuso d’ufficio” che è già un reato “quasi lettera morta” per i vari “distinguo” e “paletti” che si sono susseguiti nel riformarlo.
(da Il Fatto Quotidiano)
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