AL GOVERNO TRE MANOVRE, CLIMA TESO
I PALETTI DI SALVINI AL REDDITO DI CITTADINANZA E QUELLI DI DI MAIO ALLA FLAT TAX… DISTANZE PROFONDO SUL CONDONO AGLI EVASORI E SULLE PENSIONI DI CITTADINANZA
Se si trasformeranno in veti incrociati o meno dipenderà dal punto limite che si deciderà di non oltrepassare per non rischiare di arrivare a un risultato deludente e cioè l’annacquamento delle rispettive ambizioni.
Evoluzione a parte, però, il dato è un altro: è questo interrogativo, aperto, a essere il convitato di pietra che lunedì siederà al tavolo del supervertice sulla manovra a palazzo Chigi.
Di fatto ci sono tre manovre: una delle spese obbligate – prima fra tutte la sterilizzazione dell’Iva – una con la lista della spesa dei 5 Stelle e una con la lista della spesa della Lega.
Tre manovre e un clima teso, ancor più perchè le risorse sono molto limitate. Equilibrio fra gli azionisti del Governo nella ripartizione delle risorse e partenza delle riforme chiave, sono le precondizioni poste al lavoro di Tria.
La vigilia è caratterizzata da un’invasione di campo reciproca forte, tra Lega e 5 Stelle, sui desiderata che Matteo Salvini e Luigi Di Maio consegneranno al ministro dell’Economia Giovanni Tria.
I punti di frizione, che nascono da dichiarazioni in chiaro e malumori silenziosi, sono di primo livello e vanno dalla flat tax al reddito di cittadinanza, dalla pace fiscale all’adeguamento delle pensioni minime.
Dopo settimane di lavoro portato avanti in modo separato, con la Lega concentrata sul pacchetto fiscale e su quello delle pensioni e il Movimento 5 Stelle focalizzato sul reddito di cittadinanza, il metodo di lavoro registra un cortocircuito, frutto di una consapevolezza che sta prendendo piede tra i due azionisti di governo e cioè che le risorse, alla fine, non saranno troppe e che anche gli 8 miliardi a testa prefissati – ancora senza il via libera di Tria – potrebbero non bastare per finanziare i cavalli di battaglia già ampiamente ridimensionati rispetto a quanto scritto nel Contratto di governo.
È a partire da questo ragionamento che si rafforzano i dubbi reciproci.
Entrare nell’agenda altrui diventa, quindi, una necessità per non restringere al lumicino le promesse fatte ai rispettivi elettorati.
Abbastanza naturale che avvenga alla vigilia di quello che è atteso come il vertice dirimente per la legge di bilancio, quando i conti devono essere fatti in via definitiva ed è il momento, quindi, di giocare tutte le carte.
Scendendo dentro l’invasione di campo si trovano le parole con cui Salvini ricorda a Di Maio che il reddito di cittadinanza va bene ma non per i fannulloni, “non per stare a casa e guardare la televisione”. Il vicepremier pentastellato, dal canto suo, replica con un messaggio chiaro sulla flat tax, cavallo di battaglia della Lega: “La condizione che abbiamo posto alla Lega – incalza – è che non aiuti i ricchi, ma la classe media e le persone più disagiate che pagano le tasse da una vita”. Scaramucce, preludio di una trattativa fra concessioni e rinunce.
Ma gli attriti non si fermano qui. Il presidente di Itinerari previdenziali, Alberto Brambilla – l’uomo che per Salvini ha confezionato la quota 100 – stronca la volontà dei 5 Stelle di portare le pensioni minime a 780 euro dal primo gennaio del 2019: “Sono totalmente contrario. Se io fossi un artigiano, un commerciante, un imprenditore, non verserei più, tanto se poi devo prendere 780 euro, così spacchiamo il sistema”.
Solo tre giorni fa, in un’intervista a La Stampa, il viceministro all’Economia in quota 5 Stelle, Laura Castelli, aveva invece posto proprio l’adeguamento degli assegni minimi come il punto di partenza di un disegno che si svilupperà con la riforma dei centri per l’impiego e l’avvio, da maggio, del reddito di cittadinanza.
In questo schema che assume i contorni della battaglia navale, i 5 Stelle hanno pronto un altro attacco, quello contro la pace fiscale leghista.
Il tetto, secondo quanto annunciato ieri dal sottosegretario leghista all’Economia Massimo Bitonci, è stato posto a 1 milione di euro.
Una cifra elevatissima, che apre la strada a un maxi-condono attraverso il quale i contribuenti che non sono in regola con il Fisco potranno sanare la propria posizione pagando percentuali bassissime.
I pentastellati sono sempre stati contrari a misure di questo genere ed è probabile che Di Maio chiederà a Salvini di cambiare radicalmente la rotta. “Per noi una cifra accettabile potrebbe essere 200mila euro”, rivela una fonte pentastellata a Huffpost.
Depurati dai tanti punti di fibrillazione interni agli equilibri di governo, le liste di Lega e 5 Stelle arrivano al tavolo del supervertice con poche certezze anche sul fronte della portata perchè a quel tavolo siederà Tria, pronto a ricordare a tutti che le risorse sono poche.
Qui si innesta un’altra partita, quella che ha al centro un numero portante per la manovra: il rapporto deficit/Pil. Il ministro dell’Economia vuole tenerlo il più possibile vicino all’1,6% dato che deve già convincere Bruxelles a dare il via libera a una flessibilità considerevole, passando dallo 0,9% appunto all’1,6%, che tradotto in risorse significa 12,6 miliardi.
Soldi, tra l’altro, imprescindibili perchè servono a fermare l’aumento dell’Iva. Salvini e Di Maio vogliono alzare la posta per avere risorse da far confluire nelle rispettive liste anche perchè sul fronte delle coperture le certezze sono ancora esigue.
Scavando nelle liste, quella della Lega conterrà la flat tax per 1,5 milioni di partite Iva, la pace fiscale e l’intervento sulla quota 100, oltre alla volontà di rendere stabili le misure relative alle cedolari secche sugli affitti e un intervento per ridurre le accise sulla benzina.
A margine delle Giornate del lavoro della Cgil a Lecce, Brambilla ha spiegato a Huffpost spiegato come Salvini sia intenzionato a spingere per l’opzione massimalista, cioè 62 anni di età e 38 anni di contributi.
I costi, così, potrebbero lievitare, ma lo stesso Brambilla ha aperto alla possibilità che le imprese possano contribuire al pensionamento anticipato attraverso i fondi di solidarietà e i fondi esubero.
Nel disegno leghista c’è la quota 100 ed è previsto un intervento aggiuntivo, a carico delle imprese. “In questo caso – spiega – con cinque anni di anticipo, da 67 a 62, la decisione viene spostata dall’Inps al livello di ogni singolo azienda. Le parti sociali decidono in funzione della gravosità del lavoro, dello stato di salute psicofisico e dei carichi familiari, chi potrà accedere a questo fondo esuberi” e andare in pensione anticipatamente.
La lista dei 5 Stelle, invece, punta a riproporre lo schema illustrato dalla Castelli sul reddito di cittadinanza, ma sul punto delle pensioni minime la contrarietà leghista è già esplosa.
Si va al tavolo, con una manovra che assume tre forme, rispettivamente quella auspicata da Lega, 5 Stelle e Tria, e con il premier Giuseppe Conte nel delicato e complesso compito di trovare una mediazione che alla vigilia si preannuncia ancora lontana.
(da “Huffingtonpost”)
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