ALLEANZA IN TRE PUNTI TRA LA DOPPOGIOCHISTA MELONI E MARINE LE PEN, MA SUI DIRITTI ARRIVO LO SCHIAFFO DEI PARTNER EUROPEI
LA RITORSIONE DI PARIGI E BERLINO ISOLA LA MELONI
Uno sgambetto diplomatico. Un segnale fragoroso, recapitato da Parigi e Berlino, che anticipa la battaglia delle prossime settimane. Giorgia Meloni ci mette un attimo a capire che la notizia del passaggio prima inserito e poi cancellato sull’aborto nella dichiarazione finale del G7 arriva dai suoi avversari. Che non fanno nulla per nascondere al mondo la fotografia di una leader conservatrice, quasi reazionaria sui diritti.
L’operazione serve a rovinarle la vigilia del summit pugliese, a poche ore dallo sbarco delle delegazioni in Italia. E soprattutto, prepara lo scontro per i vertici istituzionali europei. Perché se la presidente del Consiglio sceglie davvero il doppio forno con Marine Le Pen, provando a scardinare la maggioranza Ursula, allora la reazione delle altre Cancellerie continentali sarà durissima.
Bisogna lasciare un attimo Borgo Egnazia e spostarsi nel quartier generale di Ecr. È lì che, silenziosamente, i meloniani stanno costruendo l’alternativa, su indicazione della premier. Nessuna decisione è ancora definitiva, ma Meloni vuole giocare su due tavoli. E ad uno dei due siede assieme a Marine Le Pen. Nelle ultime ore, i suoi emissari a Bruxelles – Nicola Procaccini, Carlo Fidanza e Antonio Giordano – hanno iniziato una serrata trattativa con gli ambasciatori lepenisti. Discutono e limano i dettagli di una bozza di accordo programmatico ideale che tenga assieme Ecr e Identità e democrazia. Di fatto, un’agenda di tre o quattro punti su cui far convergere destra conservatrice ed estrema destra. In questa lista ci sono i dossier dell’immigrazione, dell’energia, lotta al green deal e un impegno conservatore in temi di diritti.
Convergenza di interessi
È, al momento, una convergenza d’interesse. L’hanno inquadrata esattamente così Meloni e Le Pen, in un colloquio telefonico recentissimo. Entrambe provano ad alzare il prezzo per raggiungere i propri obiettivi. Quello della francese è chiaro: vincere le elezioni e terremotare la macchina europeista che – forte del blocco tra popolari e socialisti – corre in queste ore velocemente verso il tentativo di blindare il bis di Ursula von der Leyen. Quanto alla premier italiana, lo scopo è evidente: trattando una piattaforma con i lepenisti intende “coprirsi” politicamente alla sua destra, senza essere accusata di intelligenza con il nemico (europeista). Mettendo pressione a Ursula, alza di certo il prezzo per ottenere – nella peggiore delle ipotesi – un portafoglio di peso che vorrebbe affidare ad Elisabetta Belloni. Ma è sempre più forte la tentazione, di cui ha dato conto ieri questo giornale, di “congelare” la candidatura di von der Leyen, attendendo l’eventuale vittoria dei lepenisti per imporre al vertice della Commissione un nome diverso (ha in mente quello di Antonio Tajani). In questo schema, però, contano soprattutto i tempi. Le due leader hanno infatti bisogno di far slittare l’accordo su Ursula nel Consiglio europeo di fine giugno, convocandone uno straordinario dopo le legislative in Francia: l’8 o il 12 luglio, subito prima o immediatamente dopo il vertice Nato del 9-11 luglio a Washington.
Il vertice
Ma torniamo in Puglia. La premier si troverà già oggi faccia a faccia con i leader europei. Prima dell’avvio del summit dovrebbe fare il punto con Macron, Scholz, von der Leyen e Charles Michel: è prassi prima di ogni G7, stavolta l’incontro non potrà prescindere dal dossier della prossima Commissione. Con i quattro, poi, Meloni progetta anche incontri bilaterali, in quella che si preannuncia come l’avvio della trattativa vera e propria.
Non sarà facile, per lei, imporre però la frenata sui tempi. Il Cancelliere tedesco non sembra intenzionato ad accettarla, von der Leyen ha tutto l’interesse a stringere i tempi. E poi, la presidente del Consiglio deve fare i conti anche con un’altra difficoltà, in questa rincorsa all’estrema destra francese: Joe Biden. Per gli Stati Uniti, l’evoluzione filo atlantista e anti russa di Marine Le Pen non è così evidente, né lineare. Il sostegno a Kiev è per Washington una necessità strategica imprescindibile e l’opzione dei lepenisti al potere non lascia sereni. Nei giorni scorsi, Repubblica ha raccolto la linea della Casa Bianca sul punto, riferendo delle pesanti perplessità nutrite dall’amministrazione sul riavvicinamento a Le Pen. Troppo estremista, troppo ambigua nel rapporto con Mosca. Ecco perché la diplomazia italiana si aspetta che Biden, faccia a faccia con la presidente del Consigli, chieda conto di questa possibile svolta tinta di nero. E le consigli vivamente di lasciare perdere.
(da La Repubblica)
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