ARRIDATECI DRAGHI: SE IL CENTRO LO RAPPRESENTA CALENDA, E’ COMPRENSIBILE PERCHE’ GLI ITALIANI VOTINO LE ESTREME
RICOMINCIA LA FARSA: L’ILLUSIONE CHE SE VA DA SOLO CI GUADAGNA CONTRASTA CON I SONDAGGI E CON CHI SI SOSTIENE CHE “PRIMA VIENE L’INTERESSE DEL PAESE”
Carlo Calenda non ha deciso. L’enigma del leader di Azione è di nuovo quello di una settimana fa. Tenere fede al patto siglato con il Pd martedì scorso e suggellato con tanto di stretta di mano davanti alle telecamere in quel di Montecitorio? Oppure cedere alle sirene della corsa solitaria, da protagonista di un terzo polo tutto da costruire?
Ancora qualche ora di tormento e oggi l’ex ministro dello Sviluppo scioglierà la riserva. Stando all’umore di ieri, quando ha saputo che Letta aveva raggiunto l’intesa con Fratoianni e Bonelli, la tentazione di tagliare i ponti con il Pd è forte, ma al Nazareno sono convinti che Calenda alla fine non romperà.
Il suo stato d’animo sta chiuso dentro una confidenza che il leader ha fatto ieri a qualche amico e collega: «Con questa coalizione di centrosinistra, la destra la voterei anch’ io». Parole che rispondono alla preoccupazione di Letta di regalare la vittoria a Giorgia Meloni e che ben raccontano la rabbia e la distanza che il fondatore di Azione sente tra le sue idee e quelle della sinistra rossoverde. «Gente che ha sfiduciato Draghi», ha ricordato Calenda anche ieri via Twitter. «Non abbiamo deciso», è il ritornello del leader centrista che oggi parlerà in tv. Fino ad allora il leader ha dato ordine ai suoi di «non lasciar trapelare nulla».
«Per lui adesso è molto complicato rompere – incrocia le dita un lettiano molto vicino al segretario -. Se Carlo fa una pazzia delle sue non potrà giustificarla, perché nel patto che Letta ha firmato con lui erano previste altre alleanze».
Calenda non potrà dunque accusare l’ex premier di aver tradito gli accordi stretti una settimana fa. E poi, altro argomento usato dagli ottimisti, se decidesse di correre da solo dovrebbe raccogliere le firme per presentare il simbolo, perché Emma Bonino, che detiene quello di +Europa, non volterà le spalle a Letta.
La leader radicale, così come Riccardo Magi, Benedetto Della Vedova e il senatore Matteo Richetti, premono per onorare il patto con il Pd. Ma Calenda ha più dubbi che certezze. Ha paura che la coalizione sia contraddittoria dal punto di vista programmatico ed è rimasto molto colpito dalla (cattiva) reazione della sua base elettorale all’idea di correre assieme alla sinistra anti draghiana. E poi, ma questa è una lettura maliziosa che arriva dal Pd, ci sarebbero anche i finanziatori di Azione a non gradire il patto con chi ha votato contro le armi all’Ucraina e contro l’allargamento della Nato.
Al Nazareno c’è attesa, ma anche molto fastidio e irritazione. «Siamo nel campo dell’imponderabile», geme un lettiano di ferro, mentre tra i dem orfani di Conte ci si chiede perché il leader di Azione non sia stato scaricato senza troppi complimenti: «Aveva promesso di smetterla con le polemiche, ma la destra è in campagna elettorale e noi continuiamo a farci del male».
Letta dà per scontato che l’accordo sia «chiuso e firmato» con tutti i partiti e che indietro non si torna, perché vorrebbe dire «fare un regalo a Giorgia Meloni». Il segretario ha fretta di buttarsi in campagna elettorale per dimostrare che la destra si può battere e nonostante il tira e molla di queste ore continua a nutrire per Calenda «fiducia e stima».
Se nella minoranza del Pd molti pensano che abbia sbagliato strategia, Letta resta convinto di aver fatto «tutto il possibile, perché la politica non è solo rappresentanza». Forse andare da soli e battersela con Fratelli d’Italia per la medaglia di primo partito sarebbe stato conveniente per il Pd, ma per un «uomo delle istituzioni» costruire una coalizione «in difesa della Costituzione» era un dovere morale oltre che politico. Al Nazareno sono state già fissate le percentuali di seggi all’uninominale che spetterebbero a ciascuna forza del centrosinistra: 59% al Pd, 24% ad Azione, 13% a Sinistra italiana e Verdi e 4% a Impegno civico.
«Abbiamo dato il sangue», geme un esponente dem del governo dimissionario, convinto che l’obiettivo di Calenda sia alzare ancora il prezzo sui collegi. Tra i fedelissimi, i più pensano che «Carlo faccia ancora in tempo a rompere» e se unisse le forze con Renzi «si potrebbe andare anche oltre il 12%». Ma questi numeri per il Nazareno non esistono, non esiste la possibilità che Letta, dopo aver puntellato l’«alleanza strategica» offrendo ogni garanzia possibile, conceda a Calenda anche un solo seggio in più.
(da Il Corriere della Sera)
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