ATREJU, SONO ANDATO A SENTIRE BANNON
UN CONCENTRATO DELLA PEGGIORE DESTRA ISRAELIANA, SPONSOR DI CAPITALISTI CORROTTI CHE LUCRANO SUI POVERI… BANNON E’ LA SERVIZIO DI UN PEZZO DI QUELLA OLIGARCHIA FINANZIARIA CHE A PAROLE DICE DI VOLER COMBATTERE
Sono stato a sentire Steve Bannon (considerato il guru di Trump, principale animatore della cosiddetta internazionale sovranista) ad Atreju, la kermesse della giovanile del partito di Giorgia Meloni. Ero curioso di vedere dal vivo questa celebrata comunicativa e il livello di empatia col “suo” pubblico.
Noto subito che Roma ha reagito con grande indifferenza: nonostante la location molto centrale e di passaggio la platea era piena ma niente di più, anche perchè c’erano molte delegazioni nazionali. Insomma è rimasta una manifestazione di Partito senza diventare assolutamente un qualcosa di massa.
Bannon ha un’allure comunicativa che mescola il predicatore evangelico, il motivatore-coach, il politico che fa riferimento alla mistica.
È un ragionatore raffinato che mescola Evola col Tea Party, Cicerone con Heidegger e Picketty. Però lo fa dentro un discorso facile, motivante, alla portata di tutti.
Il centro politico del messaggio di Bannon è rivolto ai millennials (categoria probabilmente più centrale in Usa e soprattutto lì da riconquistare visto che la maggioranza votò per la Clinton, nella anziana Europa è meno centrale), “voi non avrete mai proprietà , non avrete mai un lavoro capace di darvi ricchezza e proprietà , perchè il partito di Davos sta facendo di tutto per togliervi le ricchezze delle generazioni precedenti per poi ridurvi a schiavi. Siete la generazione più colta della storia ma la vostra condizione è simile a quella dei servi della gleba nella Russia ottocentesca”, un discorso forte, generatore di identificazione, che affronta la contraddizione della proletarizzazione cognitiva.
Costruisce un nemico e gli dà un nome: “Partito di Davos”, ossia l’elite economico-politico-finanziaria che ogni anno si riunisce nella cittadina elvetica per definire programmi, saldare accordi, impostare politiche.
A questo partito Bannon contrappone il populismo, e lo fa usando gli slogan di Occupy: l’1% contro il 99. Alla platea Bannon dice di non vergognarsi nel definirsi populisti “vi chiameranno razzisti e nativisti, ma state solo difendendo il vostro Paese e la vostra famiglia contro chi vuole disgregare l’ordine tradizionale, contro chi ha riempito di guerre il Medioriente per riempirci di immigrati. Noi dobbiamo fare una rivoluzione per ristabilire l’ordine antico”.
La platea va in visibilio, nonostante il guru di Donald Trump ripeta continuamente il concetto di “tradizione giudaico-cristiana” basata sulla storia di Atene, Gerusalemme e Roma. L’identificazione di Bannon con la destra israeliana è paradigmatica nel suo discorso.
La platea si spella le mani, ma a nessuno viene in mente (meno che mai all’intervistatore Alessandro Giuli, visibilmente più a destra di Bannon) di far notare che Trump fa parte di quell’1%, che è uno dei protagonisti dell’economia finanziaria globale, che il suo settore immobiliare è proprio quello che più di tutti spoglia le proprietà dei piccoli per concentrarle nelle mani di pochi, è quello che causa le principali bolle finanziarie, nessuno fa notare che le guerre che sconquassano il Medioriente le fanno quelli come Trump: Reagan e Bush (in evidente continuità politico-culturale con Trump) o che Obama aveva trovato un accordo con l’Iran subito rotto da Trump in preparazione di una nuova guerra.
Bannon è al servizio di un pezzo di quell’oligarchia finanziaria che dice di voler combattere
Nel contenuto niente di nuovo quindi: la pars destruens utilizza una critica al capitalismo da dentro il capitalismo (come già aveva fatto Tremonti), nel dire che si preferisce il capitalismo di ieri al capitalismo di oggi in verità si intende che si lotta a favore di alcuni capitalisti contro altri, nello specifico quelli della Silicon Valley; la pars costruens propone un capitalismo coniugato ad una società ordinata, repressiva delle pluralità e tradizionale.
Dove per tradizionale si intende patriarcale e classista.
Il sogno del populismo conservatore mondiale è il capitalismo del petrolio, acciaio e armi coniugato ad una società gerarchica, in cui la piccola proprietà si accontenta di restare piccola e in questo solidarizza e sostiene la grande proprietà , alla quale chiede soltanto la difesa armata della sua concedendo in cambio la fissità dei ruoli, l’immobilità sociale.
Certa destra conosce bene i suoi ceti di riferimento e sa quale lavoro deve fare per la conservazione dei grandi privilegi.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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