BERGAMO, DIKTAT DALL’AZIENDA SVIZZERA: “IN PAUSA CAFFE’ NON PIU’ DI DUE ALLA VOLTA”
ACCADE ALLA MALL HERNAN, PER I SINDACATI “E’ UNA VENDETTA”… “ALLA MACCHINETTA ANDAVANO IN QUINDICI” SPIEGA INVECE L’AZIENDA
Svizzeri sono svizzeri, ma forse, oltre al tradizionale rigore, c’è qualcosa di più.
Forse una sottile vendetta per un recente sciopero indigesto.
Forse un avvertimento di cui conservare memoria in vista delle future vertenze sindacali.
Chissà , sta di fatto che nello stabilimento di Seriate – ai confini con Bergamo – della Mall Herlan Italia – colosso della costruzione meccanica con sede a Pfinztal, nel land tedesco del Baden-Wà¼rttemberg, ma di proprietà svizzera – operai e impiegati potranno assentarsi per la pausa caffè solo a gruppi di due per volta (o preferibilmente da soli).
E solo per lo stretto tempo necessario.
Il nuovo corso è stato deciso dalla direzione dell’azienda per evitare “assembramenti non consoni a un’attività produttiva e aziendale”.
Pare, o meglio, riferiscono dal management italiano di Mall Herlan, che davanti alle macchinette stazionassero “anche dieci-quindici lavoratori per volta”.
Il che, se fosse vero, tenuto conto che lo stabilimento ha in tutto 40 dipendenti, vorrebbe dire non solo un’enormità , ma anche che il caffè era diventato il più insidioso concorrente (interno) dell’azienda.
Ad ogni modo: il nuovo direttore della succursale produttiva bergamasca, Piero Vailati, è passato ai fatti.
Qualche giorno fa ha messo nero su bianco la “nota caffè” e, con tanto di firma, l’ha fatta affiggere sulla bacheca.
Gli addetti non l’hanno presa benissimo: tra mugugni, timori e qualche alzata di spalle, quattro impiegati dell’ufficio tecnico sono già stati richiamati all’ordine (avevano bevuto la tazzulella tutti insieme? O due per volta?).
A rendere ancora meno simpatica la pausa caffè a numero chiuso, e a tempo ristretto, contribuisce la situazione stessa dello stabilimento di Seriate. E alcune vicende recenti.
Nel 2009 la Mall ha acquisito un ramo (il “metal container”) della defunta azienda Frattini, e si è trovata sul groppone 190 addetti in cassa integrazione.
Solo una quarantina sono stati riassorbiti dalla nuova proprietà .
Il destino degli altri 150 è ancora incerto. I lavoratori passati sotto il colosso tedesco, in questi tre anni, hanno dimostrato di valere e hanno contribuito ai buoni risultati dell’azienda specializzata nella produzione di bottiglie e lattine in alluminio: è di pochi giorni fa la notizia della vendita agli americani di un prototipo di macchinario che produce 1.500 lattine al minuto.
La scorsa settimana i lavoratori hanno indetto uno sciopero per chiedere ai vertici dell’azienda uno sforzo sui premi di risultato.
Un’iniziativa che, a quanto sembra, non sarebbe stata troppo gradita.
C’è chi giura che sia stata proprio l’annunciata agitazione a innescare una reazione da parte dei capi: da qui, la “punizione-caffè”.
Fonti interne all’azienda e al sindacato riferiscono anche un altro scenario: il prossimo 30 gennaio è fissato un nuovo incontro tra i rappresentanti della società e i sindacati.
Sul tavolo, ovviamente, la questione riassorbimenti e gli incentivi per i risultati.
Che i capoccia della Mall abbiano voluto lanciare un segnale andando a sensibilizzare i dipendenti sull’unico e il più classico momento di svago in mezzo alle ore di lavoro?
Il direttore Piero Vailati, in questi giorni, è negli Stati Uniti per impegni di lavoro.
Non è stato possibile avere una sua replica.
Ma dall’azienda fanno sapere che non si è trattato di un provvedimento così severo come sembra (a darne notizia per primo è stato il sito del Giornale di Bergamo).
Sarebbe, insomma, solo un modo per evitare che la pausa caffè diventi un’adunata.
Va detto che fino a ora a Seriate i rapporti tra l’impresa e i lavoratori, nonostante il disastro occupazionale, erano stati abbastanza buoni: ma forse le richieste sui premi di produzione hanno fatto saltare qualche equilibrio.
Non è la prima volta che in un’industria italiana il caffè diventa oggetto di divisioni e polemiche. Alla Ducati-Energia – marchio storico di Bologna, quasi 300 dipendenti – nel 2008 furono installate macchinette col timer: dopo dieci minuti cronometrati il distributore automatico si spegne.
Ogni turno di lavoro (tre) ha i suoi dieci minuti di caffeina. Chi ha bevuto ha bevuto, gli altri si arrangiano.
Paolo Berizzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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