BERLUSCONI SCEGLIERA’ PARISI PER RILANCIARE IL CENTRODESTRA?
L’IDEA DI PARISI: CAMBIARE NOME E LANCIARE UN NUOVO PARTITO PER UN CENTRODESTRA MODERNO, LIBERALE, CHE SAPPIA PARLARE ANCHE AGLI ELETTORI DI SINISTRA E NON INSEGUA I FANTASMI DEL LEPENISMO
Per la prima volta dopo l’operazione al cuore, nei prossimi giorni Silvio Berlusconi dovrà fare una scelta politica vera e forte: a chi mettere in mano Forza Italia e quale centrodestra rilanciare. La prossima settimana incontrerà Stefano Parisi per capire la disponibilità dell’ex candidato di Milano a far parte della squadra.
Ma tutto lascia immaginare che Parisi darà un dispiacere al Cavaliere perchè non intende farsi inglobare nelle dinamiche di un partito diviso in correnti e di quei colonnelli azzurri che hanno le loro ambizioni di leadership.
Parisi vuole le mani libere, carta bianca dentro Forza Italia, a Roma come in periferia, per rivoltare come un calzino i gruppi dirigenti locali, aprendo a nuove energie e personalità . Addirittura vuole cambiargli nome e in parte anche linea politica perchè a suo parere occorre andare oltre il perimetro tradizionale del centrodestra.
Un centrodestra moderno, liberale, credibile, che sappia parlare anche agli elettori della sinistra, non insegua «i fantasmi del grillismo e del lepenismo».
E non utilizzi nei confronti del premier la stessa tecnica demonizzatrice utilizzata per anni dal centrosinistra contro il centrodestra berlusconiano», precisa Parisi in colloquio con il direttore Claudio Cerasa del Foglio.
Un colloquio che si inserisce sulla scia della prima intervista rilasciata alla Stampa nella quale anticipava a Luca Ubaldeschi le sue intenzioni di scendere in campo.
Ed era già chiaro che Parisi non aveva alcuna voglia di rinchiudersi nelle classiche riunioni di Arcore e di Palazzo Grazioli insieme a coloro che hanno un piano diverso.
Ovvero promuovere le primarie del centrodestra e far vincere Giovanni Toti.
Piano che vedeva e vede tra i più attivi, oltre l’interessato Toti, il capogruppo del Senato Paolo Romani, Maria Stella Gelmini e Altero Matteoli.
Ma le cose non stanno andando in questa direzione sia perchè Berlusconi vorrebbe un radicale rinnovamento sia per l’irrompere di Parisi con la sua richiesta di cambiare nome, statuto e regole interne: «Ma soprattutto dovrà assumere un nuovo modello organizzativo, basato sul modello del ’94, che scoraggi lotte di potere intestine e correnti e invece premi e selezioni la leadership sulla base di chi porta voti e crea consenso intorno al partito».
Berlusconi, nella riunione dell’altro ieri ad Arcore, ha ammesso di avere l’impressione che Parisi sia andato oltre al mandato che gli aveva affidato, cioè fare il manager di Fi, di dare un mano. Invece Stefano lo ha spiazzato.
Dice che se vince il no al referendum non è scontato che Renzi si debba dimettere. E che in ogni caso, con questo o con un altro governo, occorrerà fare una nuova legge elettorale (addirittura proporzionale, è la sua proposta) e trasformare il Senato in un’assemblea costituente.
Idee che fanno infuriare Salvini e Meloni, la quale proprio ieri ad Arezzo per promuovere il Comitato del No ha detto chiaro e tondo che se il referendum dovesse essere bocciato, non c’è altra strada che elezioni.
Le idee di Parisi non sono certo da manutentore di un partito, come apparentemente vorrebbe Berlusconi. Anche se c’è chi pensa che il Cavaliere stia bluffendo con i suoi colonnelli per tenerli buoni e invece sotto sotto mandi avanti Parisi.
Nei prossimi giorni, quando lo incontrerà , dovrà fare una scelta: tenersi buoni i suoi dirigenti che fanno muro al «Papa straniero» oppure avrà la forza di un nuovo predellino, dando tutti i poteri a Parisi, come faceva quando si inventava nuove svolte senza averle discusse e annunciate al partito?
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
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