BUONI SPESA EMERGENZA COVID: A TROPEA 126 FINTI POVERI DENUNCIATI
PIU’ DI META’ DEI BENEFICIARI HA BARATO, TRA LORO ANCHE SOGGETTI LEGATI AI CLAN… LA SOLITA STORIA, I CONTROLLI VANNO FATTI PRIMA
Al primo controllo sui sussidi erogati dai Comuni nel corso dell’emergenza Covid 19 si è scoperto che più della metà dei beneficiari ha barato.
E tra loro ci sono anche soggetti legati ai clan.
È successo a Tropea, piccolo centro turistico del Vibonese di poco più di seimila abitanti. Durante il lockdown, in 225 hanno chiesto di beneficiare dei buoni spesa, gli aiuti che il governo ha affidato ai Comuni per sostenere cittadini in difficoltà nell’acquisto di generi alimentari e di prima necessità . Peccato che in 126, più della metà di chi lo ha ricevuto, non ne avesse diritto.
Lo ha scoperto la Guardia di Finanza che ha passato al setaccio gli elenchi e lì ha scovato uomini dei clan, soggetti con disponibilità anche rilevanti sui conti correnti, lavoratori regolari che avevano appena percepito lo stipendio o beneficiari di altri sussidi, come il reddito di cittadinanza o l’indennità di disoccupazione.
Tutti quanti hanno presentato al Comune false autocertificazioni per attestare inesistenti difficoltà finanziarie, sulla carta tanto drammatiche da non consentire loro neanche di mettere insieme pranzo e cena. Tutto falso.
In altri casi invece, la richiesta di buoni spesa è stata presentata da due componenti del medesimo nucleo familiare, che hanno finito per incassare un doppio sussidio. Risultato, buona parte dei 55.568 affidati al Comune di Tropea sono finiti in mano a chi non ne aveva diritto.
I 126 furbetti sono stati tutti multati, denunciati per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e segnalati al Comune per il recupero delle somme non spettanti.
Ma quanto scoperto in un piccolo centro come Tropea è un campanello d’allarme. Già durante il lockdown il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, aveva lanciato l’allarme non solo sul pericolo che i clan mettessero le mani sui sussidi di diversa natura messi a disposizione da governo e Regioni o guadagnassero consensi con una sorta di welfare criminale, ma anche sul rischio che illeciti e false dichiarazioni inceppassero il meccanismo, finendo per escludere dai sussidi chi davvero li necessitava.
“Gli elenchi dei cittadini bisognosi, che ricevono gli aiuti, come i buoni per la spesa devono essere forniti alle prefetture, che diano risposte entro 48 ore per evitare abusi negli aiuti. Altrimenti succederà come con il reddito di cittadinanza, quando la gente cambiava la residenza da un giorno all’altro per averlo. O gente con il suv da 80mila euro che andava a prendere il tablet per la figlia. C’è bisogno di controlli”.
Un appello rimasto per lo più inascoltato.
(da agenzie)
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