CASO SIRI, IL FACCENDIERE ARATA IN TRANSATLANTICO PER INCONTRARE LA LEGHISTA SILVANA COMAROLI
L’EX CONSULENTE DI SALVINI, IN AFFARI CON IL RE DELL’EOLICO, AVEVA APPUNTAMENTO PER SPONSORIZZARE UN EMENDAMENTO CHE LO AVREBBE FAVORITO
Il 13 novembre dell’anno scorso, alle 14 in punto, il faccendiere Paolo Arata (l’ex consulente del ministro Salvini per l’energia) era in Transatlantico — il grande corridoio delle strette di mano in Parlamento — per sponsorizzare l’emendamento che stava tanto a cuore al suo socio siciliano in odore di mafia, Vito Nicastri.
Aveva un appuntamento, con la deputata leghista Silvana Comaroli, la relatrice della legge di bilancio. E diceva soddisfatto al telefono: “Lei è sensibilizzata al nostro emendamento”.
Spunta un’altra sorpresa nell’inchiesta della procura di Roma che vede indagato per corruzione l’allora sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, grande sponsor di Arata.
Era stato il suo segretario, Marco Perini, a fissare l’appuntamento con l’onorevole Comaroli: “E’ una vecchia leghista, amica di Armando”, con queste parole rassicurava il faccendiere. “Ti do anche il suo numero se vuoi, così vi rintracciate”.
Al termine, Arata inviò un sms: “Incontrata bene, ma Armando deve fare telefonata anche presidente commissione, grazie”.
L’emendamento poi non fu inserito, ma Siri proseguì le sue manovre. E oggi a rileggere tutte le intercettazioni della Dia di Trapani depositate dalla procura di Roma sorge soprattutto una domanda: chi, all’interno della Lega, venne attivato da Siri per favorire Arata e Nicastri? Sono tre i misteri di questo caso
La prima manina aiutò il senatore a inserire nel programma di governo un paragrafo sul biometano, tema che stava molto a cuore ai due faccendieri. Il 15 maggio 2018, Siri diceva: “Ci provo, ma sarà difficile”. Due giorni dopo, esultava dicendo che era stata una “lotta, un casino grande”.
C’è poi un politico (o forse più) attraverso cui il cardinale Raymond Burke, il padre spirituale dei sovranisti, avrebbe fatto pressioni per la nomina di Siri a sottosegretario, come voleva Arata. “Ho saputo che entro domani fanno le decisioni”, diceva il faccendiere al porporato, era il 4 giugno, quattro giorni dopo Conte formava il nuovo governo.
Burke era in movimento: “Sono preoccupato, perchè ho comunicato con questi politici, ma non mi hanno risposto”.
Arata lo incalzava, e qui parlava al singolare, come se conoscesse l’identità del misterioso interlocutore del cardinale: “Magari ci riprovi oggi nel pomeriggio, può darsi che la richiama, sono giorni decisivi”. Burke era sempre disponibile: “Io posso scrivere di nuovo per ricordargli”. La risposta di Arata è memorabile: “Benissimo. Grazie per le preghiere”. Burke: “Ricambiate”. Evidentemente, per il faccendiere e il cardinale anche certe raccomandazioni passano dal buon Dio.
Resta la domanda: chi è il politico a cui Burke scriveva? Il 6 aprile precedente, Arata aveva sollecitato il cardinale a fare una telefonata.
Per Siri, ma anche per suo figlio Federico. “Se può fare quel famoso intervento su Giorgetti dagli Stati Uniti”. Poi, davvero Arata junior venne ingaggiato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti con un contratto di consulenza esterna.
Infine, qualcuno, all’interno della Lega, avrebbe informato Siri che “il presidente Mattarella aveva dubbi su di lui”. Un altro personaggio rimasto senza nome.
Oggi, il senatore leghista non è più sottosegretario, dopo l’avviso di garanzia il presidente del Consiglio Giuseppe Conte l’ha revocato, Salvini invece l’ha assolto: ad agosto, l’ha riportato pure al Viminale, al tavolo con le parti sociali.
E l’inchiesta, nata alla procura di Palermo e poi trasferita a Roma, continua ad ipotizzare che Arata avrebbe promesso a Siri una mazzetta da 30 mila.
(da agenzie)
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