Settembre 7th, 2014 Riccardo Fucile
DOPO QUASI DUE ANNI DI INUTILI DISCUSSIONI, IL TRAINER FINI RISCHIA DI TROVARE GIOCATORI PIU’ PORTATI A RIVENDICARE UNA MAGLIA CHE A SUDARE IL POSTO… E TROPPI SI ALLENANO SOLO QUANDO C’E’ LA PROSPETTIVA DI NON FINIRE IN PANCHINA
Il prossimo fine settimana l’allenatore della “destra che non c’e'” riprenderà contatto, alla festa tricolore di Mirabello, con un parte degli aspiranti giocatori che si presenteranno con la tuta delle grandi occasioni.
In seguito Gianfranco Fini farà un tour autunnale lungo la penisola alla ricerca di altri nuovi talenti.
Forse, come per per tutte le squadre che vogliono iniziare il campionato con un organico adeguato, sarebbe stato meglio curare la preparazione estiva con un ritiro ad hoc, ma pare che a destra sia impossibile sottrarsi alla prassi dei palazzi di Giustizia, chiusi per ferie per quasi due mesi.
D’altronde l’obiettivo dichiarato è quello di “costruire” una squadra, non tanto giocarsi a breve la partita.
E per il campionato occorre ancora decidere se e quando iscriversi.
Che il percorso sia accidentato e irto di ostacoli, penso sia ben presente all’ex presidente della Camera. Al quale occorre dare atto di non aver dato nulla per scontato ritagliandosi solo il ruolo di trainer e di “scopritore di talenti”.
Per chi come noi da sette anni (dopo averne trascorso in passato venti di militanza attiva) segue le vicende della “destra che non c’è” attraverso il nostro blog, ogni iniziativa che vada in quella direzione va vista, fino a prova contraria, con interesse.
A due condizioni: che rappresenti realmente qualcosa di nuovo nella direzione di una modernizzazione dei temi della destra italiana con un radicamento nel tessuto sociale del nostro Paese e che veda nascere un senso di comunità militante intorno a questo progetto in fieri.
Perchè è facile criticare, più difficile costruire.
Se Fini ha avuto le sue colpe ( e noi siamo tra i pochi che hanno segnalato anomalie ed errori quando era ancora “venerato” da troppi suoi amici interessati, poi spariti) non è che molti altri, base compresa, siano esenti da responsabilità .
Se credevano in certe tesi politiche perchè molti non le hanno portate avanti anche quando Fli è stato messo in liquidazione?
Per fare politica non è necessario avere referenti in parlamento, si può operare anche attraverso circoli culturali, associazioni, aggregazioni tematiche, centri librari, interventi nel sociale, blog e social, liste civiche e gruppi territoriali.
Quanti dei “delusi” da una “destra che non c’è”, indipendentemente dalle scelte di Fini o di altri referenti, hanno continuato a essere presenti e visibili, quanti si sono sacrificati per restare un punto di aggregazione e di discussione?
Se vogliamo limitarci al nostro settore, quello dei blog di approfondimento e informazione costante e quotidiana (che ci permette di “dialogare” con centinaia di migliaia di utenti l’anno), conoscete un altro sito di area che ha continuato come noi a combattere sul fronte anticonformista?
Lo abbiamo fatto prima e abbiamo continuato a farlo dopo, unici in Italia: cosa ha impedito ad altri di fare altrettanto, ciascuno nel proprio settore?
Ecco perchè riteniamo che siano da privilegiare, nella ricerca della “destra che non c’è”, proprio le realtà territoriali militanti, quelle abituate a lavorare piu che a fare chiacchere e polemiche.
Fini, che non ha bisogno dei nostri consigli, farebbe bene a ricominciare da queste, più che da divisivi signorsì e sgomitanti comari.
Una squadra è competitiva se gioca chi è abituato a sudare la maglia e ha il contatto costante con il terreno di gioco, non chi si allena con il subbuteo e a seconda degli umori o degli interessi del momento.
Ricordando che una squadra non è fatta solo di modesti mediani, ma anche di fantasisti, capaci di fornire assist vincenti.
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Luglio 19th, 2014 Riccardo Fucile
NON E’ TEMPO DI FIORETTI MA DI SCIMITARRE
Gianfranco Fini, neo-allenatore della futura squadra della “destra che non c’è”, ha così commentato
l’assoluzione di Silvio Berlusconi : “Al di là del giudizio politico su Berlusconi, tutti gli italiani, e quindi anche i suoi avversari, devono essere lieti della sua assoluzione, perchè la magistratura, annullando una sentenza di primo grado che ha pesantemente discreditato le nostre istituzioni in ogni angolo del mondo, ha confermato di essere pienamente autonoma ed imparziale”.
La nota ha suscitato diverse polemiche: tralasciamo quelle provenienti dai frequentatori di viali alberati e dagli specializzati in fanghi termali, limitiamoci al vasto mondo dei “ben” pensanti di area.
Concordiamo sul fatto che la sentenza smentisce la vulgata berlusconiana dei “giudici comunisti” che perseguitano un povero innocente: in realtà i tre gradi di giudizio consentono a ciascun imputato di difendersi “nel processo” ed essere giudicato in base alle norme vigenti.
E sulla base di queste Silvio è stato assolto.
Anche noi avremmo preso atto “con letizia” dell’assoluzione di un avversario politico se fosse stato ritenuto “realmente” innocente dai reati ascrittogli.
Altra cosa aver cambiato le leggi nel periodo intercorrente tra la contestazione del reato, il processo di primo grado e la sentenza di appello.
Come abbiamo ampiamente documentato infatti sia il reato di prostituzione minorile è stato “ammorbidito” da un piccolo cavillo al momento di recepire la convenzione di Lanzarote ( la famosa “questio” di aver chiesto l’età alla minore), sia, attraverso la legge Severino, il reato di concussione per costrizione è stato derubricato a concussione per induzione, richiedendo la “prova evidente” di un vantaggio per il concusso.
E’ come allenare la propria squadra in vista di un incontro, studiando la formazione di avversari alla nostra portata, e poi ritrovarsi improvvisamente in campo nella squadra ospite Messi e Cristiano Ronaldo, tanto per restare in tema calcistico.
O magari dover giocare una partita con un arbitro che ha misteriosamente ereditato due milioni di euro da investire a Dubai.
Ecco perchè non abbiamo motivo di essere lieti: perchè la legge deve essere uguale per tutti fin dal momento della sua concezione da parte del legislatore, senza poi dover accusare l’anello terminale che si limita solo ad applicarla.
Poi ogni allenatore fa le sue scelte: chi accetta di giocare ad handicap una partita truccata e chi invece denuncia il tarocco e dice ai suoi giocatori di “lisciare” qualche caviglia, tanto per far capire che “non è aria”.
Ultima osservazione: non è stata certo “la sentenza di condanna in primo grado a gettare discredito sulle nostre istituzioni in ogni angolo del mondo”.
Non ce n’era bisogno: Sivio Berlusconi il discredito a livello internazionale se lo era già guadagnato da solo con il suo personale “codice etico”.
In ogni caso consigliamo di attendere il terzo grado di giudizio sul caso Ruby, l’esito del Ruby ter e degli altri processi in corso a Napoli, non dimenticando le motivazioni che hanno portato alla condanna in terzo grado di Marcello Dell’Utri e il ruolo riconosciuto a Berlusconi.
Perchè oggi “chi vuol essere lieto sia”, ma “di doman non v’e’ certezza”.
E l’unica Letizia che Berlusconi può ricordarci è solo Noemi.
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Luglio 16th, 2014 Riccardo Fucile
DAI QUARTIERI POVERI DI NAPOLI AGLI STUDI PAGATI SUONANDO NELLE CHIESE: “A DESTRA PER REALIZZARE IL SOGNO DI UNA NAPOLI DELLA LEGALITA’ E DELLA SOLIDARIETA'”… E NELLA SQUADRA DI FINI SI VEDE NEL RUOLO DI LIBERO A TUTTO CAMPO
Ci racconta come nasce politicamente Salvatore Castello?
Sinceramente non ho mai pensato di “rappresentarmi” in termini politici: una dimensione politica in senso stretto ancora non c’è. Allo stato, il mio è un impegno civico, prepolitico e culturale. Quando non hai un partito di riferimento ed hai comunque voglia di impegnarti, operi a livello associativo: saranno la storia, l’impegno e la relativa qualità a fare il resto, nel caso. L’interesse ad occuparmi “degli altri” l’ho sempre nutrito sin da ragazzino
Che estrazione sociale ha Salvatore?
Sono cresciuto in uno dei quartieri più poveri di Napoli. Un degrado strutturale. Una sistematica carenza di servizi. E poi la criminalità : era ovunque. A volte non riesci nemmeno a “respirare”… In contesti del genere le possibilità sono tre: o diventi malavitoso, o ozi a vita — magari basandoti su espedienti di ogni tipo per andare avanti — o ti ribelli, assecondando quello spirito “rivoluzionario”, quel fuoco che ti brucia dentro. Poi c’è modo e modo di assecondarlo quello spirito ribelle.
Ci racconti…
Io sono sempre stato riflessivo, sin da ragazzino. Ascoltavo. Vedevo. Pensavo, ragionavo e, poi, agivo. Gli studi me li sono pagati da solo (per la verità è dall’età di 15 anni che lavoro) suonando nelle Chiese della città e, se proprio vogliamo dirla tutta, la comunità ecclesiastica è stato il primo contesto nel quale ho operato, nel mio piccolo, anche nella dimensione “del fare per gli altri”. Ricordo il giornalino di quartiere. Le piccole petizioni su questioni specifiche ed anche gli spettacoli di beneficenza organizzati per i poveri della zona e per le missioni dei Padri Scolopi in Africa. Insomma, se mi è permesso di usare una metafora, sono cresciuto con lo spirito del chirichetto, con lo spirito di “chi serve la messa”, e quello spirito di servizio, forse anche perchè sono il primogenito, mi è rimasto dentro. E’ quel quid che mi ispira e governa, sempre. Anche nel lavoro sono così.
E non ha cambiato atteggiamento ?
Sono il “capo” di una piccola azienda, eppure non mi sento mai come “un uomo di potere”, fosse anche solo piccolissimo. Anzi, ho chiara contezza del fatto che il ruolo è tra i più difficili, perchè spetta a me dettare i tempi, disegnare lo scenario, propugnare la storia e farla insieme agli altri.
Una piccola provocazione: se fosse un grillino avrebbe un curriculum adeguato per ambire a traguardi politici?
Bella domanda. Bisognerebbe prima capire che cosa si intende per “grillino”. Se per grillino alludiamo all’urlatore di turno, potrei dirle che sarei attrezzato per urlare con qualità : sapendo cantare, farei degli acuti bellissimi, magari sarei anche quello più “vibrante”, chissà . Ma se per grillino alludiamo, invece, a chi è stanco del sistema, le cose cambiano, e decisamente. Il sistema attuale va cambiato ed in tutte le direzioni. Ma per farlo ci vogliono ardore, passione, costanza, pazienza, idee, programmi seri, articolazioni dettagliate e tanta competenza. E non parlo solo di quella base, della competenza “di partenza”, ma alludo soprattutto a quella in itinere, perchè per fare bene una cosa non basta avere le attitudini e la passione ma devi studiare, riflettere, impegnarti. Insomma, non basta essere bravo, devi tendere ad essere sempre il migliore, anche quando la tua essenza ed il tuo modo di porti sono da persona semplice. Insomma, per usare la stessa metafora con la quale sintetizzo le mie impressioni su un possibile, nuovo collaboratore per la mia azienda, direi che sono una “buona stoffa”: il vestito si potrebbe anche provare a farlo
Fare politica a Napoli è più difficile che farla al nord? C’è più disillusione? Che pensano i napoletani della politica?
E’ difficile fare la cose a Napoli e provare a fare politica lo è ancora di più. La maggior parte delle persone pensa “all’oggi” e non programma quasi mai. C’è disillusione ma anche tanta ironia e non è detto che siano necessariamente cose a cui assegnare valenza negativa.
Ci spieghi meglio…
Le faccio un esempio che “dice” tutto, se vogliamo, e che ho letto varie volte anche in rete. Correva l’anno 1938. Le truppe germaniche sfilavano per via Caracciolo. Hitler stese il braccio per salutare, romanamente. Il silenzio venne rotto da un papà che al proprio figlio disse: “lo vedì? Ha steso la mano per vedere se piove!” In effetti l’ironia dei napoletani dice tutto ed il contrario di tutto. Può essere una semplicazione tendente al negativo, all’alleggerimento del giudizio o di una situazione, ma può anche trasformarsi in quel valore aggiutno di cui c’è bisogno per rimettere in moto la storia di una città e di un intero popolo.
Non può negare che ci sia uno scetticismo diffuso..
I Napoletani è vero che sono in buona parte disillusi, ironici e proiettati più “all’oggi” che al domani, ma sono soprattutto persone di cuore e se riesci a parlare la loro cuore, se riesci ad appassionarli sono capaci di amarti alla follia. Napoli conosce le brutture della violenza comune e camorristica, della prevaricazione e dell’abuso, ma conosce anche la grandezza “del pensiero”, la nobiltà dell’animo, l’ardore e l’amore sconfinato per la vita e per gli altri. Napoli vive di tradizione, di fervente vivacità ed anche del culto degli errori. Napoli è capace di viversi staticamente ma anche di sapersi appassionare alle sfide impossibili seguendo il “condottiero più audace”, e l’amore della sua gente per personaggi come De Filippo, Antonio De Curtis, Achille Lauro, ed anche Maradona, lo dimostrano a piene mani.
Una opinione sincera sull’operato del sindaco De Magistris…
De Magistris è sicuramente una persona perbene ma è partito sconfitto in partenza. Fare il Sindaco non è come esercitare l’azione penale in un caso importante. Fare il Sindaco di Napoli — ed a Napoli non c’è riuscito mai nessuno, per la verità – vuol dire essere il Napoletano tra i Napoletani. Vuol dire entrare nei borghi, nei vicoletti e saperli leggere, riconoscere e “sentirli”. De Magistris aveva fatto grandi promesse ma non è stato capace di mantenerle.
Non è facile, ammetterà
E’ vero che Napoli è una città difficile. E’ vero che la crisi generalizzata ha rallentato tante iniziative, ma è anche vero che ci sono state distrazioni che potremmo definire “da status”, quelle disattenzioni tipiche di chi è espressione di un elite e che non è in grado di leggere il cuore pulsante di una terra e della sua gente. Si è fatto quasi nulla per quella Napoli dimenticata ormai da oltre venti anni. Il Sindaco ha preferito proseguire sulla strada dei suoi predecessori di sinistra, continuando ad abbellire le vie principali, dimenticandosi di tutto il resto.
E che altro?
E poi c’è stata la lentezza tipica di chi vive “altrove”, tipico di chi pensa che c’è sempre tempo. Ma a Napoli scorre tutto velocissimamente, invece, ed il Sindaco non è mai riuscito ad entrare davvero in sintonia con l’anima profonda della nostra gente e della nostra terra. L’ha fatto solo sulle questioni “sensibili”, su quelle questioni “politicamente corrette”, su quelle questioni che ti regalano la prima pagina dei giornali per un giorno, preferendo la via della “nicchia” anzicchè coinvogere un’intera Città . E poi, de Magistris si è perso il senso epico di quello che poteva essere. Da ex magistrato poteva dare una dimostrazione concreta del senso della legge e del rispetto delle regole, mettendo in riga tutte quelle strutture e quei dipendenti comunali distratti, boriosi e indolenti, e invece..
E’ vero che spesso dietro movimenti organizzati a Napoli ci sono interessi della criminalità o è una leggenda metropolitana?
Dire “spesso” è dire troppo, sinceramente, anche se è vero che accade e la storia l’ha ampiamente dimostrato. E bisogna sempre far caso a chi guida “il corteo” per capire se dietro c’è la gente perbene, la gente onesta o se vi sia dell’altro. Nel meridione, la malavita, come la stessa collusione affaristico-politico-malavitosa, è un fenomeno costante e gli ultimi avvenimenti, gli ultimi scandali, lo dimostrano. Non bisogna mai generalizzare, questo è vero, ma non bisogna nemmeno far finta di nulla perchè è proprio nel momento della distrazione che poi le cose succedono
Nella raccolta e smaltimento rifiuti ci sono stati segnali positivi o siamo sempre in piena emergenza?
Alti e bassi. Dei segnali positivi ci sono stati, soprattutto in provincia e soprattutto per quanto concerne la raccolta differenziata, anche se una dimensione ottimizzata e del tutto rassicurante è ancora di là da venire.
Sulla vicenda della terra dei Fuochi le analisi ufficiali hanno ridimensionato i pericoli, limitandoli territorialmente: si può stare tranquilli?
Direi proprio di no. Allo stato, dalla mappatura completa dei 1.076 chilometri quadrati di terreni sospettati di essere contaminati da discariche abusive, risulterebbe un rischio contaminazione solo per il 2% del territorio totale. Nell’ambito dello stesso studio sarebbero stati individuati anche 51 siti per i quali risulterebbe necessario la proposizione prioritaria di misure di salvaguardia per garantire la sicurezza della produzione agroalimentare, per un totale di 64 ettari di suolo agricolo. Contestualmente, sulla scorta di uno specifico decreto interministeriale, è stata vietata la vendita dei prodotti ortofrutticoli dei terreni classificati a rischio, identificati in 57 Comuni. Sicuramente è stato un “primo passo”, ma non può e non deve assolutamente bastare, anche perchè delle “tre l’una”: o i “pentiti” di Camorra, nei mesi scorsi, hanno raccontato soltanto frottole, magari agendo come strumenti del “sistema” per la consumazione dell’ennesima speculazione da parte dello scellerato patto affaristico che ha mietuto vittime e sangue in questa terra (forse la strategia era quella di diffondere eccessivo allarmismo per far eseguire scavi e operazioni di bonifica anche quando non necessari per consumare l’ennesimo business?), ovvero il fenomeno non è stato affrontato fino in fondo ovvero ancora si è consumata la solita “necessità di conservazione del potere”, quella voglia di far finta di nulla, di far scemare l’allarmismo anche in carenza di certezze scevre di qualsivoglia dubbio.
Cosa sarebbe necessario?
C’è assoluta necessità di certezze, per la salute della gente e per tutti gli operatori agroalimentari di riferimento. E c’è assoluto bisogno di controllare il territorio riaffermando tutta l’autorità dello Stato. Le forze dell’ordine del territorio sono già superimpegnate ed occorrono integrazioni: i mille soldati che sono stati mandati in Campania nei mesi scorsi sono pochi, sono troppo pochi per una terra che resta sempre in ascetica attesa che lo Stato affermi sè stesso fino in fondo e senza se e senza ma. E poi la “terra dei fuochi continua bruciare”, tutti i i giorni, ed a tutte le ore. Le news in rete sono continue. I siti dedicati pure. Ma la terra continua a bruciare. Ed è d’obbligo fare di più. E le dirò di più: se davvero si vuole mettere il meridione in condizione di raccontare una storia nuova, quello della sicurezza e dell’affermazione dell’imperio unico ed indiscusso dello Stato e della “legge”, è un investimento non più procrastinabile, perchè sarà solo l’affermazione totale e compiuta dello Stato di diritto e ridare linfa ai sogni, alle possibilità e alla speranza.
Lei è il presidente dell’associazione e del relativo blog Right Blu – La destra liberale: quali le ragioni della sua iniziativa?
Ero stanco di stare a guardare e di fare parte di quella ampia schiera di persone che si lamentano e basta. Nessuna pretesa particolare. Nessuna velleità . Solo voglia di partecipare al dialogo, di fare massa critica, di denunciare, sensibilizzare, richiamamre l’attenzione e, nel caso, di organizzare piccole petizioni, iniziative semplici ma concrete. Sincero desiderio di mettersi a disposizione di chi sente ardere dentro di sè gli stessi sentimenti e la stessa voglia di fare… “Un laboratorio per una nuova stagione di idee”… Right BLU — La Destra Liberale, è questo.
Ha partecipato a fine giugno al meeting “la Destra che non c’e'” patrocinata da Gianfranco Fini in veste di allenatore: che impressione ne ha ricavato?
Diciamo che è stata la “mia prima volta” in assoluto. Prima di quella data non avevo mai preso parte ad una manifestazione del genere. L’ho trovata molto partecipata, soprattutto dal punto di vista emozionale, ed è stato davvero particolarissimo incontrare dal vivo tante persone che fino a quel momento erano solo dei nick name e delle foto sui “social” ovvero delle immagini in tv.
Oltre a questo aspetto?
Al di là di questo si è trattato giusto di una occasione per riprendere un dialogo perchè da fare c’è davvero tantissimo. In ogni caso, anche se i tre minuti a disposizione di ciascun partecipante per “dire la sua” sui contenuti della “Destra che non c’è”, erano pochi, hanno lasciato comunque il “segno”. Pur essendo nuovo dell’ambiente, ho avuto una percezione abbastanza netta tra chi era là per saltare su un possibile, nuovo “gommone”, e chi, invece, era animato da un sentimento sincero tendente alla ricompsizione di una comunità e di una storia bruscamente interrotta.
E la presenza di Fini?
Vedere Fini dal vivo e strigergli la mano è stato emozionante. Il Presidente Fini è stato il mio idolo da ragazzo. E’ stato colui che mi ha fatto provare l’oroglio di essere di destra, e parlarci, anche solo per pochi minuti, è stato davvero significante..
Nella squadra dell’ex presidente della Camera in che ruolo si vedrebbe meglio: in porta, difesa, regista o in attacco?
In linea di massima, nella vita bisogna avere la capacità di ricoprire “ruoli” diversi: devi saper “parare il colpo”, difendere un principio o una posizione, indirizzare l’azione e segnare quel “goal” che sostanzia il raggiungimento del risultato. Quello del jolly sarebbe il ruolo che maggiormente mi rappresenterebbe in un potenziale “schema di gioco”.
Su, non faccia il democristiano, però…
Ah, la domanda è “secca”? Il mio potenziale ruolo? Beh allora il ruolo di “libero”, direi…
In attesa di scendere in campo non teme che si possano ripetere i tipici errori dei movimenti politici dove in tanti cercano spazio attraverso l’autoreferenzialità ?
In effetti i rischio c’è e in giro già si nota qualcuno chiaramente attestato su quella linea “di pensiero”. E la cosa è parecchio disarmante perchè il Presidente Fini è stato oltremodo chiaro sul punto. La struttura immaginata è di tipo orizzontale. Nessun “accreditamento dall’alto”. Nessuna “sponsorizzazione”. Soltanto l’impegno concreto nei territori ed i risultati raggiunti saranno il viatico di una possibile progressione nella “squadra”. Soltanto i riscontri empirici diranno chi “gioca” e chi sta in panchina.
E invece ?
Non tutti lo hanno capito tanto è vero che in parecchi stanno trasmettendo la plastica “sensazione” che, anzichè predisporsi “all’allenamento” ed a sudare sul campo, si stiano invece grattando la fronte stando sugli spalti dello stadio, e proprio là , in tribuna d’onore, fiduciosi di poter contare su pseudo-rendite di posizione. E lo spirito non è quello giusto, ovviamente, anche perchè allo stato attuale siamo in serie D e per scalare i campionati la strada sarà dura, durissima. Altro che rendite di posizione…
Perchè un elettore moderato di destra dovrebbe votare uno dei tanti partiti di area quando c’e’ già Renzi che lo rappresenta? In fondo un buon 10-12% il premier lo ha preso in campo opposto…
Beh, Renzi è chiaramente un bluff. Su tanti argomenti è vero che usa il linguaggio “dell’uomo di destra” ma, poi, agisce per quello che è: una “variante di uomo di sinistra”.
Non può negare che l’hanno votato…
La verità è che alle ultime elezioni tanta gente ha votato Renzi soprattutto in segno di protesta nei confronti di un’area, quella di centro-destra, sempre più insignificante ed inconsistete, e sia in termini di proposta che dal punto di vista dell’impegno concreto. E sono certo che la nostra gente, soprattutto quella che è rimasta a casa, quel 50% che ha dimostrato profonda disillusione, non stia aspettando altro che una destra capace di battersi per i valori liberal-conservatori perchè, diciamocela tutta, quella “destra che non c’è”, è quella destra di respiro europeo, quella destra capace di affrontare le sfide del liberismo economico, di propugnare una metamorfosi culturale dell’intero paese e di un intero popolo, liberandolo dall’oppressione di un sistema sempre più schiacciante ed opprimente per dare a ciascuno di noi la possibilità essere realmente artefice del nostro destino.
Cosa non la convince del M5S? Per uno come lei attento alle denunce locali non avrebbero potuto costituire un approdo?
Vede, l’azione d’impeto è sempre appassionante ma le dinamiche corrette, quelle che davvero permettono alle cose di cambiare e di avere un senso, sono quelle nelle quali si propone e ci si apre al dialogo ed alla “costruzione”: gridare e dire no è troppo facile. In quel modo si parla “alla pancia della gente”. In quel modo si cavalca la tigre della disperazione. E la politica non deve fare questo: la sua essenza è nel dovere di dare risposte. E, poi, i miei valori di riferimento sono quelli liberal-conservatori. Valori decisamente distanti da quelli del M5S. Senza contare che anche solo l’idea di essere “oltre Hitler”… Beh, credo che ci siamo capiti…
Affrontiamo un luogo comune: al Sud si vive di assistenzialsmo e al nord si lavora? O al Sud ormai si emigra?
Diciamo che oramai si lavora dove si può e quando proprio non ci sono alternative si va all’estero o ci si toglie addirittura la vita. La storia drammatica degli ultini tre anni del nostro paese ci dice questo. L’assistenzialismo, con gli ammortizzatori sociali, è operante ed operativo in ogni dove e chi “può rimediare” un lavoro lo fa senza starci a pensare più di tanto. La “crisi” ha annullato le distinzioni, ha abbattuto i luoghi comuni ed ha messo un intero paese in ginocchio. La verità , è questa.
Se un domani arrivasse a rivestire un ruolo di ammministratore della sua città cosa le piacerebbe realizzare come progetto? C’è qualcosa che le sta a cuore?
Beh, le idee sono tante ed i progetti pure. Napoli è sempre stata la “culla” del diritto e dell’arte. Il sogno sarebbe riuscire a trasformarla nella “culla” della legalità .
A ottobre Fini sarà a Napoli per l’assemblea regionale dell “destra che non c’e'”, lei dicono sia un giovane “sotto osservazione” del mister… pronto a indossare la maglia?
Non so se il mister mi “osservi” per davvero. Amo “giocare le partite” a prescindere. Ciò non di meno, è tutto a vedere. Se l’obiettivo è quello di costruire, nel tempo, e senza avere nessuna particolare fregola, una squadra importante che sappia riappassionare i nostri “tifosi”, che abbia uno schema di gioco valido – con dinamiche veloci, “all’inglese”, a zona, con pressing a tutto “campo” e con vertigionose verticalizzazioni — e se lo spirito di gruppo sarà quello giusto, beh… sono pronto.
Le chiediamo una profezia: prima o poi questa “destra che non c’e'” la si troverà ?
Glielo dico sottovoce… Mi creda: quella destra già c’è, basta solo darsi il coraggio di viverla.
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Luglio 10th, 2014 Riccardo Fucile
IL MISTER PUNTA A UNA STRUTTURA ORIZZONTALE, NESSUN RESPONSABILE REGIONALE, GIOCA CHI SI IMPEGNA SUL CAMPO
Dopo l’appuntamento del 28 giugno all’Eur, Gianfranco Fini torna a fare il mister lontano dalle telecamere.
E come tutte le squadre di calcio per le quali è fondamentale la preparazione estiva, anche quella alla ricerca “della destra che non c’è” non ha riposto le scarpette negli armadietti dello spogliatoio, ma sta organizzando gli appuntamenti con le “nuove leve calcistiche”, alla ricerca di futuri talenti.
Contrariamente al passato, il metodo scelto è completamente diverso: in questa fase nessuna struttura piramidale, nessun responsabile regionale, nessuna gerarchia.
Al di là della cerchia dei più stretti collaboratori, la scelta è quella di creare una struttura orizzontale dove nessuno reclami la maglia del regista o del bomber, ma tutti si mettano a disposizione del progetto comune.
Ad un osservatore esterno non sfugge comunque una maggiore presenza “di riferimento” sul web e sui social, sia attraverso presenze organizzate che di gruppi spontanei.
Fini in persona ha scritto una lettera ai singoli partecipanti al meeting dell’Eur, invitandoli a far parte dei vari comitati promotori regionali: chi si renderà disponibile sarà messo “in collegamento” con gli altri per una prima riunione organizzativa paritaria “presieduta” da un “esterno” di altra regione.
Obiettivo organizzare il primo raduno della futura potenziale squadra finiana: le assemblee regionali che dovrebbero, nelle intenzioni, essere l’occasione di verifica della partecipazione e dell’interesse a costruire “la destra che non c’è”, nonchè la possibilità di venire a contatto di una nuova futura emergente classe dirigente.
La strada tracciata eviterebbe la corsa alle primogeniture e al pericolo di subire eccessive pressione di gruppi e circoli organizzati di area.
Ua squadra con gerarchie stabilite finirebbe per relegare subito in panchina eventuali nuovi talenti: questa la filosofia del mister.
Solo il tempo e il campo diranno se lo schema di gioco verrà rispettato e porterà i frutti sperati.
Perchè l’allenatore conta, ma ancora di più il modulo di gioco, la corsa dei singoli, le illuminazioni del regista e la capacità realizzativa del bomber.
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Giugno 30th, 2014 Riccardo Fucile
UNO DEGLI INTERVENTI PIU’ “PARTECIPATI” ALL’INCONTRO “L’ITALIA CHE VORREI” PATROCINATA DA GIANFRANCO FINI ALL’EUR… SALVATORE CASTELLO E LA SUA “POLITICA DI PROSSIMITA'”
Mi chiamo Salvatore Castello — per gli amici Totò – e sono un imprenditore napoletano con la passione per
la musica e la politica, impegnato anche nel settore della promozione culturale, soprattutto nelle zone disagiate di Napoli: Miano, Scampia, la Napoli dei borghi e dei luoghi abbandonati.
Politicamente non sono nessuno.
Sono solo uno scugnizzo. Un uomo innamorato della propria terra, della propria gente e di una specifica idea politica.
Un uomo che non si è mai arreso e che mai lo farà .
Non ho mai fatto politica in passato e tutto quello che faccio da quasi un anno, lo consumo esclusivamente per spirito di cittadinanza, per senso civico, per impegno pre-politico e per dovere di promozione culturale e valoriale.
Dopo le ultime elezioni politiche mi sono sentito politicamente orfano: la Destra non c’era più.
E la perdita è stata immensa soprattutto in un momento drammatico per la mia gente e per la mia terra, travolti dall’emergenza della “Terra dei Fuochi!”
In quel periodo feci come fanno in tanti: inizia ad utilizzare facebook, i social, per cercare di parlare ai politici chiedendone l’intervento ma ottenni in risposta solo silenzi…
Volevo impegnarmi, dare il mio piccolo contributo, ma in giro non c’era nulla.
Poi un giorno una news su facebook: “oggi, a Roma, è nata “Blu per l’Italia!”. Mi informai ed aderii aprendo il primo Comitato Territoriale in tutta Italia, il comitato “Blu per l’Italia — Napoli”.
Da lì l’inizio di una militanza in rete e nelle vie della città .
Anzi, col trascorrere dei mesi, io ed il mio gruppetto di lavoro, composto da una ventina di amici appassionati ed accomunati dalla stessa “idea”, abbiamo radicalizzato territorialmente l’idea dando vita all’Associazione Politico-Culturale “Right BLU — La Destra Liberale” di cui sono il Presidente/Speaker.
Non sono al vertice di nulla e non sono “nessuno”: nei limiti del possibile e nei termini in cui ne sarò capace, la mia è solo una posizione, un ruolo funzionale al servizio della mia terra, della mia gente e di un’idea.
Abbiamo sempre detto che la nostra associazione vuole semplicemente essere un “laboratorio per una nuova stagione di idee!”.
Non abbiamo mai chiesto adesioni economiche. Non abbiamo mai chiesto a nessuno di iscriversi e di corrispondere una quota associativa.
Tutto quello che abbiamo sempre detto è che il nostro sito internet ed i nostri canali social, sono uno strumento a disposizione di chi voglia sensibilizzare, denunciare e richiamare l’attenzione sulle questioni, sulle problematiche e sulle necessità del nostro territorio e della nostra gente.
Quando ero ragazzo ricordo che c’era il senso della militanza attiva.
A Napoli, a via Foria, c’era una sezione di Alleanza Nazionale molto attiva ed attenta. Oggi non esiste più niente.
Noi, nel nostro piccolo, siamo ripartiti da quello perchè siamo dell’avviso che la nuova Destra non rinascerà sulla scorta di operazioni romanocentriche o, comunque, calate dall’alto, ma dai territori, ridandosi l’audacia delle sfide importanti e riconquistando la nostra gente, agendo ed operando sui social e nelle vie della città con manifesti, volantini, momenti di confronto, raccolte firme e petizioni perchè l’impegno di oggi deve avere soprattutto carattere civco, pre-politico e culturale.
Politica di prossimità , insomma, facendo “rete” anche coi vari attori del territorio, rimettendosi tra la gente ed insieme alla gente per consumare una audace rivoluzione culturale e valoriale che ridia alla Destra il senso ed il sapore delle cose davvero autentiche.
E’ quella la strada. Una ridda di associazioni territoriali che svolgano una funzione civica, pre-politica e culturale, perchè sarà la militanza nei territori a riconquistare la nostra gente, a farne sentire la voce ed i bisogni e a dirci chi meriterà un giorno l’onore della rappresentatività .
Nel nostro piccolo abbiamo consumato la bellezza della magia quando, ad esempio, dopo mesi di sensibilizzazione, articoli e petizioni, abbiamo visto che il Sindaco di Napoli, un sindaco comunque di sinistra, è in qualche modo intervenuto sulla questione della prostituzione maschile e femminile nei pressi del centro direzionale.
La risposta non è stata delle migliori in termini di soluzione ma l’attenzione c’è stata. E questa volta, a sensibilizzare, a denunciare, a richiamare l’attenzione, c’eravamo anche noi e questo risultato, anche piccolissimo, ce lo siamo “portati a casa”, perchè saranno anche queste cose che faranno riappassionare la nostra gente.
Sono queste piccole cose a dare il senso della militanza attiva.
Sono queste le cose che dobbiamo fare.
Sono queste le cose che faranno nascere quella destra di cui c’è bisogno.
Una Destra democraticamente incendiaria.
Salvatore Castello
Right Blu – la Destra liberale
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Giugno 30th, 2014 Riccardo Fucile
UNO VUOL FARE UN PARTITO, L’ALTRO L’ALLENATORE PER SCOVARE GLI “ANTI-RENZI”: CORRERANNO INSIEME?
Di diverso, al momento, hanno solo la strategia.
Uno vuole fare un partito, l’altro per il momento si accontenta di assemblee «movimentiste», «tanto le elezioni sono lontane – ha spiegato – è inutile parlare oggi di leader e alleanze».
Ma, per il resto, Corrado Passera e Gianfranco Fini sembrano parlare un linguaggio comune. E possono vantare persino un «link» umano, quella Giulia Bongiorno che ha deciso di aderire al progetto dell’ex banchiere ma al tempo stesso ha inviato un messaggio al suo leader ai tempi di Fli.
«L’assemblea di Fini? Ci sarei andata – aveva spiegato a Il Tempo alla vigilia – ma purtroppo sarò fuori per lavoro».
Non è lei l’unico punto in comune tra Passera e l’ex presidente della Camera.
Dopo aver archiviato le convention con le quali – a distanza di due settimane – entrambi hanno lanciato le loro nuove operazioni politiche, si è scoperto che condividono anche analisi e soluzioni per l’attuale crisi italiana.
A partire dal principale antagonista, quel Matteo Renzi che per Passera «alle Europee ha preso il 40% perchè ha giocato senza avversari» e per Fini «rischia di governare per altri 20 anni se la destra non si riorganizza».
Anche le ricette si assomigliano.
Entrambi, a livello europeo, escludono un’uscita dalla moneta unica ma auspicano una svolta della Ue verso una politica meno orientata all’austerity e più agli investimenti. Ma è difficile, di questi tempi, trovare qualcuno che sostenga il contrario.
Infine, anche il recente pedigree partitico li vede vicini.
Entrambi, infatti, hanno sostenuto fortemente il governo Monti dal 2011 al 2013.
Uno da ministro dello Sviluppo e l’altro da sponsor politico. A Passera, peraltro, va dato atto di aver intuito in anticipo il fallimentare destino dell’operazione Scelta Civica, mentre Fini dall’alleanza elettorale con il «Prof» è uscito con le ossa rotte e ora parla di errori come il «non aver fatto le liste uniche per la Camera» e «non aver lanciato un messaggio riconoscibile per l’elettorato di destra».
Le due strade, che sembrano procedere in parallelo, almeno per il momento non sembrano destinate a incontrarsi.
Fini, in particolare, ha più volte guardato con scetticismo all’operazione di Passera: «Renzi, di questo gli va dato atto, ha riportato la politica al centro. L’epoca dei tecnici è finita».
L’ex banchiere, dal canto suo, non sembra aver alcun interesse a far salire a bordo l’uomo che da una parte della destra italiana è considerato l’affossatore dell’unione dei moderati.
Eppure alla fine i loro destini potrebbero anche incrociarsi se dovesse prevalere la speranza che, come diceva Josè Samarago, «due debolezze non fanno una debolezza maggiore, ma una forza nuova».
Sia la convention di Italia Unica del 14 giugno che l’assemblea #partecipa di sabato scorso hanno avuto qualche titolo sui giornali e un po’ di gente in platea, ma per il resto al centro della scena è restato l’attivismo del premier Matteo Renzi, tanto in Italia che in Europa.
Al punto che Passera continua a denunciare i rischi di un bipolarismo senza opposizione: «Stiamo parlando di dare all’Italia l’altra gamba della democrazia» ha detto ieri a Telecamere, «perchè ci devono essere due gambe con valenza maggioritaria, Non stiamo parlando di terzi poli o di un piccolo spazio al centro. Ma di un cantiere del tutto aperto per raggruppare coloro che si trovano sul programma».
Anche Fini?
(da “il Tempo”)
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Giugno 30th, 2014 Riccardo Fucile
IL RESOCONTO DELLA PRIMA USCITA PUBBLICA DEL NUOVO MOVIMENTO: RICOMPORRE LA DIASPORA DELLE FORZE MODERATE
Il ritorno di Gianfranco Fini è stato ufficializzato nell’assemblea aperta e permanente “L’Italia che
vorresti. La tua idea per una destra che non c’è”, promossa al Palazzo dei Congressi di Roma da Partecipa.info e LiberaDestra.
UN MONDO VARIEGATO
Un’iniziativa che ha visto la partecipazione di antichi e nuovi protagonisti della travagliata e magmatica galassia conservatrice, moderata, nazionale, liberale.
Alla presenza dei compagni di viaggio di Futuro e Libertà Roberto Menia, Enzo Raisi, Aldo Di Biagio, Flavia Perina, Giuseppe Consolo, si affianca quella di Giuseppe Tatarella e del leader dei Cristiano riformisti Antonio Mazzocchi.
Ma la figura che più di ogni altra ha suscitato sorpresa tra gli addetti ai lavori è l’ex segretario della Fiamma Tricolore Luca Romagnoli, che condivise con Pino Rauti l’avversione radicale alla storica Svolta di Fiuggi.
FUORI DAL PALAZZO
Ripartire da zero è la parola d’ordine che anima il movimento di Gianfranco Fini. Il quale riconosce gli errori compiuti nel corso di 4 difficili anni seguiti alla “rottura dolorosa con Silvio Berlusconi”.
Nessuna seduta psicoanalitica fatta di recriminazioni, rimpianti, accuse, sfoghi. La destra, spiega l’ex presidente della Camera dei deputati, è troppo divisa e frammentata tra ripicche e rivalse. È bene guardare avanti.
E guardare avanti vuol dire rivolgersi ai cittadini delusi dall’offerta politica di tutte le formazioni di centro-destra, non ai partiti presenti in Parlamento.
La strada per “restituire valore a un’identità gloriosa e pulita” non passa per le alleanze tattiche tra oligarchie nè per una sommatoria delle sigle esistenti.
NO AL PASSATO
Ricalcando la traiettoria tracciata pochi giorni fa dal leader di Italia Unica Corrado Passera, Fini denuncia lo stallo di una destra che rischia di far governare l’abile e pragmatico Matteo Renzi per vent’anni a causa della mancanza di una credibile alternativa. E punta, con toni più morbidi e senza evocare rottamazioni, a una ricomposizione della diaspora conservatrice.
Ma al contrario degli esponenti di Forza Italia, l’ex capo della Farnesina non ritiene realistico aggregare in un caravanserraglio variopinto realtà incompatibili su Europa, moneta unica, immigrazione come Nuovo Centro-destra, Lega Nord, Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale.
UN SILENZIO SIGNIFICATIVO
Il rinnovamento della destra richiede per Fini la creazione di una nuova classe dirigente.
La “sintesi di tradizione e modernità ” esclude logiche di cooptazione ma anche una selezione generalizzata dal basso che a suo parere premierebbe chi ha più risorse economiche. La ricetta è l’adozione di criteri meritocratici. Ma gli strumenti per applicarla restano evanescenti.
Allo stesso modo nessun passaggio del suo intervento tocca i fermenti sorti attorno alla proposta di una “Leopolda Blu” per l’azzeramento del ceto dirigente moderato e la scelta della nuova leadership tramite elezioni primarie.
E non una parola viene pronunciata in merito ai temi eticamente rilevanti e alle libertà civili su unioni civili, testamento biologico, fecondazione assistita, ricerca scientifica. Problematiche che avevano connotato il profilo “laico” della proposta di Fini negli ultimi tempi provocando conflitti e polemiche aspre nel centro-destra.
L’OPINIONE SULLA MOGHERINI
La “destra repubblicana” prefigurata dall’ex leader di AN osteggia i populismi demagogici a partire da quelli anti-euro. È fortemente europeista e non teme la condivisione della sovranità .
Punta sull’Europa delle patrie prospettata da Charles De Gaulle. E spera che, in una UE protagonista sul piano politico, diplomatico e militare, Federica Mogherini diventi la responsabile della politica estera e di difesa comunitaria.
SPESA E DEBITO
Sul terreno economico-finanziario europeo l’ex presidente di Montecitorio reputa essenziale una strategia unitaria per sostenere la valuta unica, non limitandosi al rispetto dei parametri di bilancio.
E rendere più flessibili tali vincoli come è riuscito a ottenere il premier Matteo Renzi “non può tradursi in alibi per alimentare una spesa pubblica improduttiva”.
LA DESTRA LEGALITARIA
Grande rigore, unito a una sottile allergia verso lo spirito garantista, caratterizza la visione del nuovo soggetto politico nel campo della giustizia.
Combattere la corruzione diffusa e onorare chi serve lo Stato vestendo una divisa. Evitare di essere feroci con i più deboli e accondiscendenti verso i privilegi e le illegalità dei potenti: “Perchè chi viene coinvolto in indagini giudiziarie scabrose deve fare un passo indietro rispetto al suo ruolo pubblico”.
Riconoscere la cittadinanza a chi lo merita e lo vuole rifiutando le tendenze xenofobe. Sono queste le idee-forza enunciate da Fini.
UNA RICETTA LIBERALE
Lontana da velleità stataliste, la nuova “destra repubblicana” riprende e attualizza la “rivoluzione liberale” del 1994: Stato credibile, leggero ed efficiente. Leggi comprensibili e burocrazia efficace nei confronti di chi compie il proprio dovere.
Fulcro del tessuto economico, rimarca l’ex leader del MSI, è la creazione reale di ricchezza e non la finanza che ne è lo strumento. Per tale ragione “bisogna ridurre una pressione fiscale intollerabile per il reddito da lavoro e per i nuclei familiari, mantenendo una tassazione significativa verso le rendite speculative”.
LAVORO E BUROCRAZIA
Ma è paradossale, osserva Fini, che le forze del centro-destra rimangano silenziose o guardino altrove nel momento in cui il governo Renzi prefigura un cambiamento rilevante nel mercato del lavoro e nel welfare, sfidando i veti conservatori della CGIL: “Ragionamento analogo vale per il pacchetto di interventi innovatori sulla Pubblica amministrazione”.
I POTERI DELLE REGIONI
Un capitolo che presenta profondi legami con il percorso di riforme istituzionali. Riguardo al quale Fini valuta positivamente il confronto per archiviare il bicameralismo perfetto, ma preferirebbe passare a un assetto mono-camerale. Puntando al contempo sull’elezione popolare del Capo dello Stato, antica bandiera della destra italiana.
Ma l’autentica modernizzazione riguarda a suo giudizio l’aggressione alla montagna della spesa regionale — “vera causa del debito pubblico” — provocata da una revisione costituzionale che ha conferito agli enti territoriali troppe competenze spesso concorrenti con le prerogative dello Stato.
LA RIFORMA ELETTORALE
Ragionamento opposto a quello su un altro tema caldo dell’agenda parlamentare. Fini rifiuta di pronunciarsi sul contenuto del meccanismo di voto all’esame di Palazzo Madama: “La riforma elettorale è l’ultimo dei problemi per i cittadini”.
Argomentazioni singolari per un leader politico che nel 1999 aveva promosso con i Radicali un referendum per abrogare la quota proporzionale del Mattarellum e giungere a una legge maggioritaria uninominale di stampo britannico. Favorendo un regime di tendenziale bipartitismo e la costruzione di una grande forza unitaria liberal-conservatrice, plurale e aperta, che manca tuttora nel nostro paese.
Edoardo Petti
(da “Formiche”)
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Giugno 28th, 2014 Riccardo Fucile
UN NUOVO PROGETTO TRA PARTECIPAZIONE, MONOCAMERALISMO ED ELEZIONE DIRETTA DEL CAPO DELLO STATO
A volte ritornano (anche in politica). 
Dopo l’annuncio di discesa in campo di Corrado Passera, stavolta è toccato a Gianfranco Fini lanciare un nuovo progetto politico di centrodestra: «Partecipa, l’Italia che vorresti». Nome provvisorio, visto che «quello del nome è l’ultimo problema».
Non un partito, almeno per il momento – ci tiene a precisare – ma un «movimento partecipativo dal basso».
Il processo è ancora lungo: l’ex presidente della Camera lo ha lanciato oggi al palazzo dei Congressi di Roma; da qui partirà l’organizzazione delle assemblee regionali in vista di un nuovo incontro nazionale per prendere le decisioni sul futuro del progetto voluto da Fini.
Il suo nuovo ruolo è quello di un «allenatore» – come lui stesso si definisce – di una «squadra che deve tornare a vincere».
Il team di cui parla è quello del centrodestra, «diviso da ripicche e personalismi». Per ricostruirlo, però, non servono le alleanze, ma le idee e i contenuti, spiega l’ex leader di An e FdI.
Scelta obbligata per chi sta fuori dal Parlamento e sostiene di voler fare politica all’esterno del Palazzo, per «passione e non per le poltrone».
L’iniziativa di Fini nasce anche da uno spettro agitato dall’ex presidente della Camera: «Non ci sono competitori credibili a Renzi, non lo sono nè Grillo nè il centrodestra ora, e il rischio è che il leader del Pd governi per vent’anni».
Allora quello che serve è un rinnovamento: «Non una rottamazione», come quella renziana, perchè «l’esperienza può aiutare sempre, anche i più giovani».
Non solo di prospettive future ha però parlato Fini: non sono mancati gli agganci con l’attualità .
L’euro, ad esempio; oggetto dello scontro con il centrodestra: «Non si fa l’interesse nazionale quando si dice di uscire dalla moneta unica – sostiene Fini riferendosi a Lega e FdI – ma l’euro rischia di non stare insieme senza una politica economica e sociale».
E di Ue l’ex leader di An ha parlato anche in merito alle nomine di cui si discute in questi giorni: «Mi auguro sia l’attuale ministro degli Esteri Mogherini la nuova Lady Ashton dell’Ue, ma serve una vera politica estera europea».
E, infine, le riforme: «Spero che sia la volta buona», si auspica Fini svelando di vedere di buon occhio il dialogo aperto da Berlusconi con la sinistra.
Ma non manca una provocazione: «Perchè non passare al monocameralismo al posto del Senato delle autonomie?».
E magari anche all’elezione diretta del capo dello Stato, come chiede Fini in piena sintonia con la posizione di tutto il centrodestra.
(da “La Stampa“)
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Giugno 28th, 2014 Riccardo Fucile
DOPO UN ANNO DI SILENZIO, L’EX LEADER DI AN LANCIA “PARTECIPA”, IL SUO NUOVO PROGETTO PER IL CENTRODESTRA
Aveva preannunciato la sua ridiscesa in campo con un video promozionale nelle vesti di allenatore. E oggi, al Palazzo dei Congressi dell’Euro, Gianfranco Fini dopo un anno di silenzio ha presentato la sua nuova idea di centrodestra, lanciando l’iniziativa “Partecipa, l’Italia che vorresti”.
L’ex leader di An guarda al futuro, non recide le radici profonde della destra a partire da Almirante mai nominato ma evocato, non rottama ma rinnova e, soprattutto, sceglie di mettersi in gioco in prima persona e in solitudine.
Una convention che già nel format declina i punti di riferimento e lo ‘schema’ scelto da Fini per quella che lui stesso definisce “una partita difficilissima” da giocare.
A scaldare la platea è un video in cui scorrono campioni come Federica Pellegrini e Valentino Rossi, mentre lo spot dell’evento è un filmato in cui Fini appare in veste di allenatore che manda giovani calciatori in campo.
Poi è lo stesso ex presidente della Camera a indicare le premesse indispensabili per “giocarsela”: “Si deve guardare avanti senza agitare una ideale scimitarra. Sarà deluso chi si aspetta da me chissà quali polemiche e recriminiazioni. Faccio un appello, evitiamo lo sterile sfogatoio o la seduta psicanalitica collettiva”. Ancora, serve una sana autocritica: “Dobbiamo guardare avanti coscienti di aver vissuto momenti difficili e dolorosi, in cui sono consapevole di aver commesso errori. Il che non significa essere pentiti perchè il tempo è galantuomo”.
Infine, l’obiettivo, chiaro: “Dobbiamo ragionare rivolgendoci non tanto ai partiti di destra e centrodestra ma agli italiani delusi dalla situazione della destra e del centrodestra, a quelli che gli hanno voltato le spalle”.
Fini poi annuncia al termine della convention l’avvio delle assemblee regionali e quindi di una fase di radicamento di un movimento che oggi è ancora senza nome: “E’ l’ultimo problema, prima parliamo tra di noi, poi pensiamo ai nomi”.
Quindi, fuori dal Palazzo, senza una vera organizzazione, “senza un centesimo” è il perimetro della sfida del Fini ‘movimentista’ che ha deciso di giocare quasi in solitudine.
(da “La Repubblica“)
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