LE GRANDI MANOVRE: PASSERA-FINI, I GEMELLI DIVERSI DELLA DESTRA
UNO VUOL FARE UN PARTITO, L’ALTRO L’ALLENATORE PER SCOVARE GLI “ANTI-RENZI”: CORRERANNO INSIEME?
Di diverso, al momento, hanno solo la strategia.
Uno vuole fare un partito, l’altro per il momento si accontenta di assemblee «movimentiste», «tanto le elezioni sono lontane – ha spiegato – è inutile parlare oggi di leader e alleanze».
Ma, per il resto, Corrado Passera e Gianfranco Fini sembrano parlare un linguaggio comune. E possono vantare persino un «link» umano, quella Giulia Bongiorno che ha deciso di aderire al progetto dell’ex banchiere ma al tempo stesso ha inviato un messaggio al suo leader ai tempi di Fli.
«L’assemblea di Fini? Ci sarei andata – aveva spiegato a Il Tempo alla vigilia – ma purtroppo sarò fuori per lavoro».
Non è lei l’unico punto in comune tra Passera e l’ex presidente della Camera.
Dopo aver archiviato le convention con le quali – a distanza di due settimane – entrambi hanno lanciato le loro nuove operazioni politiche, si è scoperto che condividono anche analisi e soluzioni per l’attuale crisi italiana.
A partire dal principale antagonista, quel Matteo Renzi che per Passera «alle Europee ha preso il 40% perchè ha giocato senza avversari» e per Fini «rischia di governare per altri 20 anni se la destra non si riorganizza».
Anche le ricette si assomigliano.
Entrambi, a livello europeo, escludono un’uscita dalla moneta unica ma auspicano una svolta della Ue verso una politica meno orientata all’austerity e più agli investimenti. Ma è difficile, di questi tempi, trovare qualcuno che sostenga il contrario.
Infine, anche il recente pedigree partitico li vede vicini.
Entrambi, infatti, hanno sostenuto fortemente il governo Monti dal 2011 al 2013.
Uno da ministro dello Sviluppo e l’altro da sponsor politico. A Passera, peraltro, va dato atto di aver intuito in anticipo il fallimentare destino dell’operazione Scelta Civica, mentre Fini dall’alleanza elettorale con il «Prof» è uscito con le ossa rotte e ora parla di errori come il «non aver fatto le liste uniche per la Camera» e «non aver lanciato un messaggio riconoscibile per l’elettorato di destra».
Le due strade, che sembrano procedere in parallelo, almeno per il momento non sembrano destinate a incontrarsi.
Fini, in particolare, ha più volte guardato con scetticismo all’operazione di Passera: «Renzi, di questo gli va dato atto, ha riportato la politica al centro. L’epoca dei tecnici è finita».
L’ex banchiere, dal canto suo, non sembra aver alcun interesse a far salire a bordo l’uomo che da una parte della destra italiana è considerato l’affossatore dell’unione dei moderati.
Eppure alla fine i loro destini potrebbero anche incrociarsi se dovesse prevalere la speranza che, come diceva Josè Samarago, «due debolezze non fanno una debolezza maggiore, ma una forza nuova».
Sia la convention di Italia Unica del 14 giugno che l’assemblea #partecipa di sabato scorso hanno avuto qualche titolo sui giornali e un po’ di gente in platea, ma per il resto al centro della scena è restato l’attivismo del premier Matteo Renzi, tanto in Italia che in Europa.
Al punto che Passera continua a denunciare i rischi di un bipolarismo senza opposizione: «Stiamo parlando di dare all’Italia l’altra gamba della democrazia» ha detto ieri a Telecamere, «perchè ci devono essere due gambe con valenza maggioritaria, Non stiamo parlando di terzi poli o di un piccolo spazio al centro. Ma di un cantiere del tutto aperto per raggruppare coloro che si trovano sul programma».
Anche Fini?
(da “il Tempo”)
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