Gennaio 6th, 2020 Riccardo Fucile
“MI STUPISCO CHE LE DONNE DI CENTRODESTRA IN POLITICA NON ABBIANO SPESO UNA PAROLA IN SUA DIFESA E NON COMPRENDANO L’IMPORTANZA DELLA SUA TESTIMONIANZA”
Vittorio Sgarbi invece esprime il suo “imbarazzo” per “il silenzio delle donne del
centrodestra attorno alla presunta censura che vede coinvolta la giornalista Rula Jebreal” a Sanremo 2020. Per il parlamentare di Forza Italia, “la Jebreal va sostenuta con forza perchè nessuno meglio di lei, da una ribalta autorevole quale è il festival di Sanremo, può testimoniare quella che è oggi la condizione della donna nel mondo musulmano. Mi sorprende — attacca Sgarbi in una nota — che le tante donne impegnate in politica nel centrodestra non abbiano colto l’opportunità di questa testimonianza e quindi speso una sola parola in sua difesa. Dove sono la Gelmini, la Carfagna, la Prestigiacomo?”. “Credo che il servizio pubblico le debba riconoscere il più ampio spazio di libertà di espressione — conclude Sgarbi — perchè proprio dalla Jebreal arrivi la testimonianza forte su quello che oggi è il ruolo della donna nelle società musulmane, e dunque sui loro diritti negati. Perchè — si chiede dunque Sgarbi — censurare l’opinione della Jebreal su questi temi?”.
Intanto l’amministratore delegato della RAI Fabrizio Salini in una nota sembra voler scavalcare la De Santis: “Le proposte della direzione artistica, già discusse con la direzione di Rai1, saranno oggetto, come di prassi, di un confronto con l’amministratore delegato, con il solo obiettivo di realizzare un grande Festival di Sanremo”.
Intanto sempre Repubblica annuncia che sulla vicenda sarebbe in corso un ripensamento: ieri a tarda sera la reporter è stata contatta per riaprire il canale bruscamente interrotto il giorno prima, quando le avevano chiesto di rinunciare al Festival. Pretesa rispedita al mittente per iscritto.
L’epilogo è atteso per domani, all’esito del vertice con l’ad. Richiamato all’ordine dalla maggioranza giallo-rossa.
(da agenzie)
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Gennaio 6th, 2020 Riccardo Fucile
“QUALCUNO HA PAURA DI UN’ITALIA, TOLLERANTE, INCLUSIVA E APERTA AL MONDO”… “HO SOLIDARIZZATO CON LA MELONI QUANDO HA SUBITO INSULTI MISOGINI”
Rula Jebreal parla oggi con Repubblica della sua esclusione dal Festival di Sanremo decisa
dalla RAI. La giornalista racconta in un’intervista rilasciata a Gad Lerner di essere stata contattata tre mesi fa da Amadeus che le ha proposto la partecipazione alla kermesse nell’ottobre scorso e di collaborare anche alle altre puntate in cui voleva dare spazio alla voce delle donne.
Conoscevi già Amadeus?
«Mai visto prima. Super gentile, mi è piaciuto molto e gli auguro grande successo, nonostante quel che è accaduto, perchè l’ho trovato sinceramente impegnato a mettere al centro del palco dell’Ariston, oltre alle canzoni, anche una questione drammatica come la violenza sulle donne. Gli ho raccontato del mio viaggio in Arabia Saudita dove ho incontrato Loujain Alhathloul, stuprata perchè rivendicava il suo diritto di voto e di guidare l’automobile. Gli ho parlato della mia amica yazida Nadia Murad, premio Nobel, coinvolta insieme a me dal presidente francese Macron in un Comitato per l’uguaglianza. Abbiamo progettato di coinvolgere Michelle Obama o in alternativa Oprah Winfrey per parlare di questi temi…».
Ne hai parlato anche con la direttrice di Rai 1, Teresa De Santis?
«No. Ho capito che insorgevano delle difficoltà quando l’Ufficio scritture della Rai ha iniziato a tergiversare sul contratto e a rinviare le prenotazioni dei voli. Ma la direzione artistica mi tranquillizzava, andiamo avanti!».
Ed ecco che la notizia della tua partecipazione a Sanremo viene anticipata da Dagospia.
«Già . Sarebbe interessante sapere da dove gli è arrivata la notizia, con timing perfetto. Spiegherebbe tutto quel che è successo dopo. Gli attacchi, le insinuazioni, l’accusa di essere niente meno che una persona che odia e denigra il paese di cui sono cittadina. Mentre Sanremo sarebbe stata un’occasione ideale di apertura al mondo su tematiche che non sono nè di destra nè di sinistra».
E qui va ricordato che la De Santis, nominata alla direzione dell’ammiraglia di Viale Mazzini in quota Lega, è la persona che, secondo Giovanna Vitale, ha preso la decisione di escluderla “per ragioni di opportunità ”.
Sarebbe stata dunque lei, la responsabile della rete ammiraglia nominata su indicazione di Salvini all’epoca del governo giallo-verde, a bocciare la proposta di partecipazione al Festival avanzata da Amadeus alla reporter 46enne di origini arabe ma naturalizzata italiana, consigliera del presidente Macron per il gender gap.
Esclusa perchè “divisiva e possibile fonte di polemiche, di cui la manifestazione non ha certo bisogno”: questa la motivazione offerta per evitare il bis dello scorso anno, allorchè l’uscita pro-migranti di Claudio Baglioni e la contestata vittoria di Mahmood sortirono l’effetto di politicizzare la kermesse canora
Quando è arrivato il no definitivo della Rai?
«Sabato scorso mi hanno telefonato pregandomi di fare io il passo, di rinunciare spontaneamente. Mi sono rifiutata. Gli ho mandato un messaggio scritto: se volete censurarmi dovete essere voi ad assumervene la responsabilità . Ma, voglio ripeterlo, Amadeus non ha nessuna colpa. Mi auguro che riesca a portare avanti il suo bellissimo progetto».
Come ti spieghi la campagna ostile di cui sei stata oggetto
«Evidentemente qualcuno si è spaventato che venisse offerta una ribalta a italiani nuovi, a persone diverse come me che appartengono a un’Italia inclusiva, tollerante, aperta al mondo, impegnata in missioni di dialogo e di pace». Dipenderà dal fatto che sei araba, che hai la pelle scura? Ricordo quando il ministro Calderoli ti apostrofò come “signora abbronzata dal nome impronunciabile”.
E l’anno scorso Salvini protestò contro il voto della giuria in favore di Mahmood.
«Salvini? Non so, non posso dirlo, sono sotto choc. Certo in Rai c’è un brutto clima e gli attacchi sono partiti da persone a lui vicine. Trasmettono un’immagine chiusa, vecchia dell’Italia. Cosa vuol dire essere italiani? Avere tutti la pelle dello stesso colore e le stesse idee? L’Italia che noi sogniamo per i nostri figli è un paese collegato al resto del mondo. È un’Italia in cui c’è posto per Salvini ma anche per Liliana Segre e, se permettete, per Rula Jebreal. Io ho solidarizzato con Giorgia Meloni quando ha subito insulti misogini. Non vorrei che donne prestigiose e testimoni di violenza si sentissero allontanate dalle nostre manifestazioni più importanti. Mia madre si è suicidata dopo aver subito uno stupro. Penso sempre a lei quando visito i paesi in guerra. Sono stata la prima donna inviata dal New York Times in Siria dopo lo scoppio del conflitto».
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
E’ ORA CHE LA POLIZIA POSTALE PROCEDA ALL’IDENTIFICAZIONE E ALLA DENUNCIA DEI LEONI DA TASTIERA, COMPRESO UN AGENTE DI POLIZIA CHE LE DA’ DELLA PUTTANA… E’ ORA DI DEPURARE LE FOGNE
A denunciare gli insulti sessisti che compaiono sul profilo Facebook di Matteo Salvini è lo
stesso M5S: «Gli attacchi sessisti dei fan di Matteo Salvini che sui social si sono scagliati contro la ministra Lucia Azzolina sono vergognosi e disarmanti — dichiarano le parlamentari e i parlamentari pentastellate del gruppo Pari Opportunità di Camera e Senato -. Ancora una volta dobbiamo assistere a delle vere e proprie discriminazioni di genere nei confronti delle donne, che non vengono valutate in base alle loro competenze, ma solo in base al sesso».
Il tutto è partito dalla condivisione social fatta da Matteo Salvini nella serata di domenica, quando ha postato un una foto di Lucia Azzolina con una sua dichiarazione sugli esami orali anonimi per il concorso per diventare presidi.
Una frase, decontestualizzata (e che puntava a sottolineare come l’anonimato possa evitare favoritismi di sorta, seppur difficilmente conseguibili per via della natura stessa dell’esame) che ha dato il via libera al sessismo più spinto, risvegliando evidenti frustrazioni sessuali nei lettori di quel post.
Le volgarità si commentano da sole. Sessismo spinto, riferimenti sessuali e a pratiche sessuali. Solo perchè il post di Matteo Salvini non poteva che ammiccare a quel pensiero.
Ma oltre a questa vergogna, in molti definiscono Lucia Azzolina ‘ignorante’. Il suo curriculum parla di due lauree (una in Filosofia, l’altra in Giurisprudenza) oltre a una specializzazione all’insegnamento di storia e filosofia. Ma, ovviamente, le benpensanti dita veloci dei leoni da tastiera del web, sono più ignoranti. Nel senso che ignorano.
Manipolazione della realtà e ammiccamento ai bassi istinti dell’elettorato. Il risultato è che i commenti sono tutti di un certo tipo, ovviamente. Si va dalle più becere allusioni a sfondo sessuale alle considerazioni sulle abilità della ministra fino a quelle di chi dice che per essere arrivata a quel punto «ha fatto molti “lavoretti” e ha soddisfatto molte persone».
Non manca nemmeno quell’italico leone da tastier che già che c’è ne approfitta per gettare un po’ di merda anche su un’altra donna, la deputata del M5S Giulia Sarti vittima di un indegno slut shaming quando vennero diffuse sul Web centinaia di mail private tra cui alcune sue foto intime.
Il fatto che la “battuta”, o meglio l’insulto, sia stato ripetuto centinaia di volte non ferma coloro che continuano a giocare sull’ambivalenza dell’orale per proporre nuove e sconvolgenti iterazioni del sessismo in salsa sovranista.
Quella che sfoggia tutta la sua cultura politica e la sua capacità di fare allusioni parlando di Monica Lewinsky o il grande esperto di fellatio dall’umorismo più pecoreccio che riprendendo la frase sugli orali anonimi scrive «forse gli orali che ha fatto lei erano anonimi visto che stare in ginocchio e guardare in su il viso si vede poco».
Tra i commenti più “votati” e premiati dai seguaci di Salvini spunta anche quello di un esponente delle forze dell’ordine.
Si tratta di un uomo della Polizia di Stato che nel 2012, quando era assistente capo, era salito agli onori delle cronache per la storia dei buoni sentimenti della vecchina ladra di caramelle e che da una sommaria analisi del suo profilo Facebook risulta essere molto impegnato nelle attività del SAP, il Sindacato Autonomo di Polizia.
Il nostro valoroso poliziotto scrive: «Ma dov’è la scuola di reclutamento dei 5s che sforna queste “perle di saggezza?”…sul lungomare di BAIA Domizia?».
Per quei pochi che non lo sapessero Baia Domizia, così come altri paesi della Domiziana come Castel Volturno è tristemente famosa per essere una delle arterie della prostituzione a cielo aperto nonchè di altre forme di criminalità .
Come detto, non è il solo. Sono tanti che fanno finta di non capire e di cadere nell’equivoco o che si lasciando andare ad insulti sessisti.
Per Salvini questo genere di post e di commenti è la norma. E senza dubbio la scelta di quella frase, manipolata il giusto da essere più ammiccante è stata il fattore scatentante di tanto odio.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 29th, 2019 Riccardo Fucile
QUEL MASCHILISMO DA SFIGATI CHE A CORTO DI ARGOMENTI SI MANIFESTA IN INSULTI SESSISTI IN UN CONSIGLIO COMUNALE
La consigliera comunale del MoVimento 5 Stelle di Tricase Francesca Sòdero ha raccontato su Facebook di essere stata insultata da un altro consigliere al grido di “dovrebbe trombare più spesso”.
“Questo avviene anche nel Consiglio Comunale di Tricase, in seno al quale ho dovuto sopportare sin dal principio del mandato, aggressioni sessiste ed esternazioni maschiliste da manuale. Ho sempre risposto con leggerezza ed a tono, perchè sotto sotto percepisco la frustrazione degli uomini che si dedicano a tali tristi pratiche e ne ho solitamente compassione. Tuttavia, a tutto c’è un limite e non intendo tollerare oltre queste “confidenze”, ragion per cui chiederò alla Presidente della Commissione per le Pari Opportunità Alessandra Ferrari di farsi portavoce, nel prossimo Consiglio Comunale, di una richiesta di scuse da parte del consigliere comunale che mi ha inviata a “trombare più spesso”, dopo l’ultimo Consiglio del 19 dicembre, alla presenza del Presidente del Consiglio e di altri consiglieri e cittadini.
Al consigliere farò notare come nessuna uscita malsana come questa egli abbia mai indirizzato ai consiglieri uomini che pure in Consiglio Comunale perdono la pazienza.”
(da agenzie)
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Novembre 26th, 2019 Riccardo Fucile
NON SERVONO I DATI ISTAT PER FARCI SAPERE CHE VIVIAMO IN UN PAESE MASCHILISTA E RETROGRADO
Servono davvero dei dati per farci scoprire quello che già sappiamo? Serve davvero leggere i
dati Istat — gli orrendi, sconvolgenti dati Istat appena diffusi — per restare inchiodati a quello che il nostro Paese è, e non smetterà di essere per almeno i prossimi dieci anni?
La verità è che non siamo un popolo che ama la parità . Siamo un popolo di maschilisti uomini, e di maschilisti donne. Anche noi donne, sì, sappiamo essere molto maschiliste. Sappiamo esserlo quando giudichiamo le altre perchè sono più giovani, più carine, più magre, più appariscenti e più di successo di noi. Sappiamo esserlo anche involontariamente, anche se non vogliamo, perchè a volte è più semplice giudicare che mettersi nei panni dell’altro. Eppure quel giudizio che vomitiamo addosso agli altri, prima o poi toccherà anche noi.
Leggendo che un cittadino su quattro (uno su quattro!) è convinto che l’abbigliamento possa essere una giustificazione per la violenza mi fa domandare: ma a cosa sono servite le campagne di sensibilizzazione? A cosa le manifestazioni? A cosa i film? A cosa i libri? A cosa le battaglie, soprattutto?
A cosa serve vivere in una bolla accompagnati da persone come noi se poi l’Italia è questa che Istat ci sbatte in faccia con la crudeltà che solo i numeri sanno raccontare?
Ma io voglio essere libera di vestirmi come voglio. Di bere quanto mi pare. Di dire no tutte le volte che voglio, e in qualsiasi momento.
Voglio essere libera di avere più successo di un uomo. Di provvedere alle necessità economiche della mia famiglia.
Anzi: io mi sento libera di vestirmi come voglio, di bere quanto voglio, di dire no tutte le volte che voglio. E sono libera — e anzi voglio — avere più successo di un uomo e provvedere a tutte le necessità economiche della mia famiglia.
Lo voglio, e ne ho il diritto. E non mi sento, e soprattutto non sono, responsabile se porto una minigonna, se bevo una birra di troppo, se guadagno di più.
Eppure fino a quando non smantelleremo questa cultura saremo vittime.
Venticinque novembre, o meno. Saremo vittime tutti i giorni. Tutti gli anni.
Flavia Piccinni
Scrittrice e giornalista
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 25th, 2019 Riccardo Fucile
UN QUARTO DEGLI ITALIANI PENSA CHE “LA DONNA PROVOCA CON IL SUO ABBIGLIAMENTO”… DATA LA CONSISTENZA DI QUESTE TESTE DI CAZZO FRUSTRATE NON CI MERAVIGLIAMO CHE I SOVRANISTI SIANO VOTATI DAL 40%
È colpa loro. Sembra essere questa la sintesi del sondaggio fatto dall’Istat e pubblicato nel corso della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.
I numeri parlano chiaro: oltre un terzo degli italiani intervistati, infatti, ritiene che — il più delle volte — stia alla donna sottrarsi ad abusi e violenze sessuali e che se non lo fanno è una loro scelta.
Il tema rientra tra gli stereotipi che diventano ancor più la coperta di Linus del sentito comune leggendo il numero di chi dà la colpa al modo di vestire delle donne.
L’Istat ha pubblicato il risultato di questo sondaggio che fa rabbrividire.
Il 39,3% degli italiani intervistati, infatti, «ritiene che una donna è in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole». Quasi il 40%, oltre un italiano su tre. Insomma, secondo il sentimento italico la donna vittima di molestie e abusi è responsabile di quel che subisce, perchè potrebbe ribellarsi ma non lo fa.
Dati che fanno emergere un pensiero che è quasi dominante nella società nostrana
E se questi numeri non bastano, a render peggiore la situazione è quel 23,9% degli italiani intervistati ritiene che buona parte delle violenze sessuali, molestie e stupri non sia colpa dell’uomo. O, almeno, non solo sua.
Un quarto di loro, infatti, sostiene che spesso e volentieri sia proprio la donna a provocare questo tipo di violenze attraverso il loro abbigliamento.
Pensiero preoccupante ma che, frequentando il mondo dei social, sembra essere molto apprezzato da tante persone che, leggendo notizie di stupri e violenze, commenta con il classico: ‘poteva non mettersi la gonna’.
L’ultimo dato da brividi, se questi due non fossero sufficienti, arriva da chi ritiene responsabile (in parte) di uno stupro o una violenza subita la donna che beve
Per il 15,1% degli italiani (ovviamente si tratta di un campione, seppure rappresentativo), una serata alcolica può giustificare la violenza da parte di un uomo su una donna.
Neanche nel Medioevo si ragionava così.
(da agenzie)
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Novembre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
IL PARLAMENTO SPAGNOLO ALL’UNANIMITA’ HA STANZIATO 1 MILIARDO PER L’ASSISTENZA ALLE DONNE VITTIME DI VIOLENZA, L’ITALIA 12 MILIONI: SERVONO FATTI CONCRETI, NON PAROLE
Ci siamo, è la settimana della violenza contro le donne, si avvicina una ricorrenza che non
dovrebbe esistere: il 25 novembre, la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. E come ogni anno la celebrazione contempla una quantità industriale di seminari, convegni, appelli, spettacoli teatrali, mostre, organizzati per denunciare la violenza e promuovere la cultura della parità di genere.
Si tratta sicuramente di iniziative di sensibilizzazione preziose, che hanno aumentato la consapevolezza di molte donne, spinte più di prima a denunciare e ed entrare in contatto con le istituzioni e i servizi dedicati.
Si è anche consolidata la consapevolezza che alla radice del fenomeno c’è un problema culturale. Un enorme problema culturale, che si chiama patriarcato, grande e pesante come un macigno.
La sensazione è che il problema di ordine culturale sia però diventato un alibi per non fare niente. Niente di incisivo.
Un mantra, usato dal mondo della politica e delle istituzioni, che ripetuto all’infinito rischia di non voler dire nulla. Fa dotto e non impegna.
Quante volte leggiamo in dichiarazioni cazzute che è necessaria una svolta culturale? Certo che lo è. Ma non basta il titolo, servono le risposte, le soluzioni, le azioni, perchè ci sia il cambiamento culturale.
Ci vogliono le risorse, i soldi, per combattere un fenomeno di dimensioni oscene, ormai strutturale.
Da questo si misura la reale volontà di un paese nel contrasto alla violenza.
Chi fa sul serio lo sa.
Lo sa la Spagna, dove nel 2017 tutti i partiti hanno firmato un accordo per contrastare questo fenomeno che prevedeva lo stanziamento di un miliardo di euro e molto altro.
In Italia che cosa hanno fatto finora i vari governi? Cosa fa di concreto oggi il governo? Una buona notizia è quella annunciata oggi dal ministro Gualtieri, riguardo il decreto atteso da anni che sblocca i fondi, 12 milioni, per gli orfani di femminicidio. Ma non basta.
Ci piacerebbe che tra una lite e l’altra sulla legge di stabilità si decidesse anche lo stanziamento adeguato per contrastare la violenza contro le donne. Questa si che sarebbe una svolta.
Invece gli esigui fondi pubblici del 2019 per i Centri antiviolenza non sono ancora stati ripartiti tra le Regioni. Parliamo di un ritardo di 10 mesi, a cui si sommeranno almeno altri 8 o 9 mesi per la procedura di effettiva assegnazione da parte delle Regioni.
E’ una situazione vergognosa, intollerabile se associata ai soli 12 milioni di euro stanziati per i Centri antiviolenza nel 2017, che si traducono in 76 centesimi, meno di un euro al giorno per ogni donna vittima di violenza, se divisi per il numero di donne accolte e sostenute nei percorsi di recupero.
Parliamo di cifre ridicole, che pure hanno sviluppato appetiti e i pochi fondi sono stati distribuiti a pioggia tra enti religiosi, società sportive, comuni agenzie di comunicazione e come dimostrano e i 121 beneficiari del bando 2017 del dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio, con cui sono stati distribuiti 11,735 milioni.
I soldi contro la violenza alle donne non devono andare a enti religiosi, cantanti e calciatori, devono andare ai centri antiviolenza, che si sostituiscono allo Stato e che ancora oggi vivono per lo più di volontariato, con quattro spiccioli che arrivano a singhiozzo. Nonostante siano il cuore del Piano nazionale antiviolenza.
La rete Dire, che è la più grande organizzazione nazionale di centri denuncia da anni che i centri sono troppo pochi, con interi territori scoperti, con il personale solo parzialmente retribuito e con risorse assolutamente al di sotto del bisogno.
La prima indagine Istat, pubblicata a fine ottobre, sui 281 Centri italiani, ci dice che, nel solo 2017, 43mila donne si sono rivolte ai Centri.
La violenza non si combatte chiudendo gli spazi femministi, come succede a Roma che primeggia con nove femminicidi.
Eppure la sindaca vuole chiudere due dei luoghi che più hanno aiutato le donne: Lucha y Siesta e la Casa Internazionale delle Donne, in una città che secondo la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia, dovrebbe avere con i suoi 3 milioni di abitanti, 300 posti nelle case rifugio, invece ne ha miseri 25.
Qualcuno ha scritto che il femminicidio fa più vittime della mafia. E’ così. Ed il fenomeno è purtroppo stabile, rischia di diventare cronico. Sono quasi cento le vittime di femminicidio dall’inizio dell’anno e che nel 2018 sono state 142 (dati Eures).
La media continua ad essere quella di una donna uccisa ogni tre giorni. i dati aggiornati sulla violenza di genere in Italia diffusi ieri dalla Polizia di Stato dicono che ogni giorno in Italia 88 donne sono vittime di atti di violenza, una ogni 15 minuti.
Per fermare maltrattamenti e violenze che spesso sfociano nei femminicidi, è dunque necessario che la “svolta culturale” la faccia il governo facendo diventare il contrasto alla violenza una priorità e non solo a parole, evocando “cambi di rotta culturale”, nè ipotizzando l’inasprimento delle pene, come sentiamo dire altrettanto spesso.
E’ necessaria una forte presa di responsabilità della poltica, la violenza non è una questione femminile, riguarda tutti, e devono farsene carico soprattutto gli uomini, con riposte concrete e investimenti corposi.
Non è più rinviabile stanziare fondi e risorse adeguati, non ridicoli e intermittenti come quelli conosciuti fin qui, fondi da destinare a interventi strutturali e continuativi nel tempo. Anche per questo oggi, ancora una volta “la marea femminista ha riempito strade e piazze contro la violenza patriarcale, economica, istituzionale al grido Non una di meno”
Loredana Taddei
Cofondatrice “Se non ora quando?”
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Novembre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
NELLA MANIFESTAZIONE “NON UNA DI MENO” NESSUNA BANDIERA, SOLO CARRI COLORATI E SLOGAN
Un corteo coloratissimo che non espone bandiere di partito ma carri colorari con la musica e volti sorridenti di persone, provenienti da ogni parte del mondo.
Sono i volti delle donne e delle ragazze (ma sono anche tanti gli uomini e i ragazzi) che con orgoglio rivendicano le loro libertà in vista della partenza del corteo “Non una di meno”, che è partito da piazza della Repubblica ed è arrivato fino a San Giovanni. Oltre 20 mila le donne che hanno partecipato alla manifestazione contro la violenza sulle donne secondo la Questura, 100.000 secondo gli organizzatori i partecipanti per dire no a ogni forma di violenza contro le donne: la giornata dedicata al tema sarà lunedì.
In testa uno striscione con la scritta “Contro la vostra violenza siamo rivolta” sorretto dalle attiviste con viso celato da una maschera di Lucha Y Siesta, il centro antiviolenza a rischio sfratto poichè situato in uno stabile di Atac che la società partecipata vorrebbe alienare.
Tra gli slogan anche “Raggi, Raggi, tu cadrai, se i luoghi delle donne non difenderai”. Il riferimento è sia a Lucha Y Siesta sia alla “Casa delle donne”: la storica sede di Trastevere nello stabile del ‘Buon Pastore’ da anni al centro di una vertenza con il Campidoglio M5s che vorrebbe mettere a bando il servizio.
Il contrasto alla violenza maschile contro le donne “deve passare attraverso misure concrete. Siamo stanche di approcci politici securitari e di risposte a un problema che viene vissuto come ermergenziale, mentre la violenza maschile contro le donne è profondamente radicata nella cultura della struttura di questo Paese”, sottolinea la presidente dell’associazione D.i.Re, Lella Palladino.
“Abbiamo bisogno di una narrazione diversa, che venga fatta una connessa diretta tra subire violenza e discriminazione di genere. Perchè c’è un problema di potere maschile che si esercita sui corpi e sulla vita delle donne”.
A piazza dell’Esquilino la marcia si è fermata: i manifestanti si sono seduti in terra per 1 minuto, in silenzio assoluto, per dare voce alla memoria di quelle donne che non possono più parlare poichè uccise dai propri partner o familiari. E poi un urlo liberatorio e la musica ha ripreso a tutto volume.
(da agenzie)
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Novembre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
LA MINISTRA BONETTI: “FINALMENTE SI COLMA UN RITARDO NON PIU’ PROCRASTINABILE”… UN IMPEGNO DEL NUOVO GOVERNO MANTENUTO
“Pronto il decreto ministeriale per il Fondo per gli orfani di femminicidio. I soldi non
restituiscono l’affetto mancato ma con 12 milioni da lunedì finanzieremo borse di studio, spese mediche, formazione e inserimento al lavoro #violenzasulledonne”. Lo scrive su Twitter Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia
Sulla carta, misure e risorse per gli orfani di femminicidio erano state già introdotte con la legge di bilancio per il 2018. Gli stanziamenti erano poi stati incrementati con una legge ad hoc a tutela degli orfani per crimini domestici dell′11 gennaio 2018 e poi con la legge di bilancio per il 2019.
Infine la legge Codice rosso del 19 luglio di quest’anno prevedeva un ulteriore aumento, estendendo l’ambito di applicazione anche alle famiglie affidatarie.
Oltre alle risorse già stanziate per il 2018, pari a 6,5 milioni di euro, sono stati quindi appostati in bilancio circa 12,4 milioni di euro per il 2019, 14,5 milioni di euro per il 2020 e a regime 12 milioni di euro all’anno.
Ora il decreto ministeriale annunciato da Gualtieri dovrebbe finalmente sbloccare queste risorse e farle confluire in un apposito fondo.
“Bravo il ministro Gualtieri che ha mantenuto l’impegno assunto da subito dal nostro governo di rimediare ad un ritardo non più procrastinabile. La lotta alla violenza contro le donne e il sostegno per loro e i loro figli è una priorità per tutti noi #liberapuoi”, commenta su Twitter Elena Bonetti, ministra della Famiglia.
(da agenzie)
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