C’È CHI FUGGE DALLE BOMBE E CHI DA PUTIN, LA RUSSIA STA SPERIMENTANDO IL PIÙ GRANDE ESODO DAI TEMPI DELLA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE:
UNA VERA E PROPRIA FUGA DI CERVELLI CON UN MILIONE DI ACCADEMICI, GIORNALISTI, ARCHITETTI E ARTISTI CHE NON SI VOGLIONO PIÙ FAR IMBAVAGLIARE DAL CAPO DEL CREMLINO
Dal suo avvio lo scorso 24 febbraio l’invasione russa dell’Ucraina ha creato un numero impressionante di profughi. Secondo un portavoce dell’Alto Commissariato Onu peri Rifugiati interrogato giovedì da Libero «le persone che hanno cercato rifugio fuori dal paese sono 4,32 milioni mentre gli sfollati interni sono 7,1 milioni». In altre parole, oltre un ucraino su quattro ha lasciato la propria casa nel giro dell’ultimo mese per mettersi al riparo dalle incursioni militari di Mosca.
I paesi sui quali l’ondata di oltre 4 milioni di profughi si è riversata sono quelli che confinano con l’ex Repubblica sovietica: la Polonia (con 2,5 milioni di rifugiati), la Romania (654,000), l’Ungheria (400 mila) e la piccolissima e molto povera Moldavia che, con una popolazione complessiva di 3,5 milioni di abitanti, ospita anche lei 400mila profughi.
Chi scappa da Odessa, Kharkiv, Mariupol non vorrebbe però finire in un paese povero: secondo uno studio condotto dall’Istituto Ifo di Monaco di Baviera analizzandole le amicizie su Facebook degli ucraini con persone in altri Paesi e il numero di persone che vivono in ciascuno di essi, un terzo dei profughi vorrebbe trasferirsi in Polonia mentre il 12.4% sceglierebbe l’Italia, e il 12% la Repubblica Ceca tallonata all’11,9% dalla Germania. Si va insomma dove si conosce qualcuno sperando poi di trovare lavoro.
Da quando Mosca ha mosso le sue truppe verso Kiev anche un milione di russi ha fatto fagotto e chiuso casa. Con almeno due differenze da non dimenticare. La prima: 4,3 milioni di ucraini rappresentano oltre il 10% della popolazione totale dell’ex Repubblica sovietica, mentre un milione di russi su 147 milioni sono una goccia nel grande mare che va dagli Urali a Vladivostok.
La seconda: chi lascia la Federazione Russa non è un profugo messo in fuga dai razzi o dai colpi di mortaio ma è spesso un esponente della borghesia cittadina che non teme di trovare un cumulo di macerie al posto della propria casa e che ha in tasca un biglietto di andata e ritorno.
Secondo un’indagine della tedesca Deutsche Welle, quello sperimentato nelle prime cinque settimane del conflitto sarebbe il più grande esodo dalla Russia da oltre cento anni, più precisamente dai tempi della Rivoluzione d’ottobre.
I numeri non sono precisi perché le due nazioni più investite dagli arrivi di cittadini russi sono Georgia e Armenia, nessuna delle quali richiede un visto per arrivare da Mosca o San Pietrobugo.
Ciascuno dei due paesi avrebbe già accolto almeno 100 mila russi arrivati mentre i primi carri armati con la Z puntavano sul Donbass e su Odessa. Chi parte o meglio chi è già partito, cerca di arrivare in Azerbaijan, a Dubai, in Turchia, Grecia, Bulgaria, Serbia, Kazakistan, Kyrgyzstan, Uzbekistan ma anche Tajikistan, Mongolia e America Latina.
A RIGA O A TEL AVIV
Chi lascia di norma non è un allevatore o un contadino ma un cittadino che vive di social media – che Vladimir Putin ha chiuso – che si alimenta di informazioni – che Putin ha finito di imbavagliare – e che teme come dalla mattina alla sera nel Paese possa essere proclamata la legge marziale. Non è quindi la condizione economica a fare paura: nei servizi da Mosca della radio tedesca DLF oggi si apprendeva che i supermercati sono (ancora) pieni e che forti rincari legati alle sanzioni antirusse si sono sentiti solo su alcune categorie di prodotti come i pannolini per l’infanzia. Insomma: le preoccupazioni non riguardano il presente ma il futuro prossimo. Se
secondo il centro demoscopico Levada il 20% dei russi, ossia 30 milioni di persone, non sostiene la guerra di Putin, a lasciare sono solo pochi privilegiati.
Non stiamo parlando di oligarchi ma di chi si può comunque permettere un soggiorno all’estero a tempo indeterminato. Programmatori, accademici, giornalisti, artisti e star della tv che alle radunate di nazionalisti volute da Putin preferisce l’esilio nella fresca Riga o nella torrida Tel Aviv. Con loro se ne vanno architetti, blogger, designer, attori e registi nella più grande fuga di cervelli dalla Russia in tempi moderni.
(da Libero)
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