CHE COSA BOLLE NELLA PENTOLA CENTRISTA?
L’ALLEANZA TRA ITALIA FUTURA E FERMARE IL DECLINO
Per chi non lo sapesse, con la prima puntata di Ballarò è ufficialmente cominciata l’annata politico-televisiva 2012/2013.
Particolarmente interessante la presenza congiunta in studio di Matteo Renzi, sindaco del PD e candidato alle primarie di partito (coalizione?), e di Irene Tinagli, esponente di punta di Italia Futura ed editorialista della Stampa.
Dal punto di vista politico, l’aspetto rilevante è quella che democristianamente potremmo definire la “non lontananza” tra i due.
Il tema è di un certo rilievo, in quanto è il momento di capire come si posizioneranno i partiti e i movimenti politici in questo inizio di Terza Repubblica, tenuto conto della fluidità della situazione e del malcontento nell’elettorato.
E soprattutto la domanda è: che cosa succederà al centro?
Lasciando da parte per un momento i numeri, pare interessante questa alleanza tra Italia Futura e Fermare il Declino, il movimento liberista e ricco di economisti in cui – data la presenza di Oscar Giannino – non è difficile scorgere la sagoma potenzialmente generosa (in senso finanziario) di Emma Marcegaglia.
Ricordiamo la strenua corte fatta da Irene Tinagli a Michele Boldrin, che insieme ad Alberto Bisin e Luigi Zingales è oggi nelle prime file degli economisti di FiD.
La questione principale resta comunque quella della leadership: Oscar Giannino è ambizioso ma non ha la stoffa del candidato premier, Irene Tinagli è forse troppo giovane e inesperta, Boldrin è bravo, buca lo schermo ma non è abbastanza noto al grande pubblico, Montezemolo potrà forse contare sul volano di una vittoria di Alonso ai mondiali di F1 (nota bene: quasi l’inverso di IF!) ma rischia di non apparire non abbastanza lontano dalla prima Repubblica, specialmente a motivo del suo incarico di presidente di Italia90.
Non è solo questione di leadership, ma anche di voti potenzialmente raccoglibili: l’accoppiata IF-FiD (si cerchi peraltro un altro acronimo, per non sembrare una finanziaria degli Agnelli) deve rammentare il caso del Partito d’Azione, che subito dopo la Seconda Guerra Mondiale raccoglieva menti ragguardevoli del calibro di Ugo La Malfa e di Ernesto Rossi, ma che dal punto vista elettorale raccolse percentuali di voto da prefisso telefonico, o quasi.
Scendiamo al punto: l’accoppiata IF-FiD si è mostrata un po’ schifiltosa nei confronti del centro cattolico, cioè dell’Udc, evidentemente con lo scopo di preservare la percezione della propria novità politica, ma anche in questo frangente avrebbe dovuto ricordarsi di questa sindrome del Partito d’Azione, cioè del partito intelligente, un po’ saputello, che rischia di prendere pochi voti. Intanto, il tema della leadership resta e si interseca con quello della collocazione politica: non sono assenti dentro l’accoppiata IF-FiD quelli che guardano con simpatia alle posizioni di Matteo Renzi, che però sta a sinistra, cioè nel Pd.
Se ci fosse una qualche conflagrazione all’interno del PD dopo l’esito delle primarie, non appare così inverosimile un ulteriore avvicinamento tra IF-FiD e Renzi, tenendo però presente che la maggior parte dei liberisti in Italia (se ce ne sono) si collocano molto più a destra di Renzi.
La situazione è fluida ed è dunque buona cosa osservare con attenzione i sondaggi sulle intenzioni di voto.
A buon intenditor poche parole: non bastano i sondaggi sul gradimento dei singoli personaggi, come quello su Montezemolo apparso qualche mese fa sulle colonne del Corriere.
Si sta parlando di intenzioni di voto, che è un gesto assai più forte del semplice gradimento.
Solo a questo punto si potrà capire se l’accoppiata IF-FiD riuscirà a non assomigliare troppo a un Partito d’Azione della Terza Repubblica.
(da “il Portaborse“)
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