CHE FINE HA FATTO LA COMPAGNIA WAGNER DOPO L’USCITA DI SCENA DI PRIGOZHIN
INTERVISTA AL GEN. BATTISTI: ECCO COSA ACCADENDO ALLA COMPAGNIA MILITARE PRIVATA RUSSA
Cosa è davvero successo nei cieli russi nel pomeriggio di mercoledì 23 agosto, quando un aereo che trasportava Eugeny Viktorovich Prigozhin e il suo braccio destro – rispettivamente numeri uno e due della compagnia militare privata Wagner – è precipitato? E cosa ne è della società di contractors e dei suoi soldati dopo l’uscita di scena scena del suo fondatore, diventato negli ultimi mesi sempre più ingombrante tanto da arrivare a sfidare il Cremlino con la “marcia su Mosca” del 23 giugno scorso?
Sono alcuni degli interrogativi che si rincorrono nelle ultime settimane. Fanpage.it ha interpellato il generale Giorgio Battisti, già comandante del Corpo d’Armata Italiano di Reazione Rapida della NATO (NRDC-ITA).
Partiamo da venerdì 23 giugno 2023. Migliaia di mercenari Wagner – con alla testa Yevgeny Prigozhin – intraprendono una “marcia su Mosca” e tentano un ammutinamento – o per alcuni analisti un colpo di stato – in Russia. Possiamo affermare che quel giorno ha rappresentato “l’inizio della fine” della compagnia, almeno per come l’avevamo conosciuta fino ad allora?
Dopo il fallito ammutinamento da parte della Wagner la compagnia – con Prigozhin ancora vivo – è stata smembrata in quattro parti: alcuni dei combattenti sono stati integrati e arruolati nelle forze armate regolari russe previo giuramento; una seconda parte è stata spedita in licenza, perché si trattava di elementi ritenuti poco affidabili; una terza parte, la più cospicua, è stata inviata in Bielorussia sotto il controllo del presidente Lukashenko; la quarta parte invece non si è mai mossa da alcuni Paesi africani dove la Wagner era presente da tempo. Lo smembramento si è reso necessario quando Putin ha capito di non potersi più fidare di Prigozhin.
Arriviamo al 23 agosto. Prigozhin muore in un “incidente” aereo avvenuto nell’oblast’ di Tver’ durante un volo fra Mosca e San Pietroburgo.
L’abbattimento di quel volo è avvenuto esattamente due mesi dopo la cosiddetta “marcia su Mosca” e le versioni su quanto accaduto sono prevalentemente due: c’è chi dice che sia stata piazzata una bomba a bordo del velivolo prima del decollo, e chi ritiene che l’aereo sia stato abbattuto da un missile della contraerea russa. Tra l’altro negli ultimi giorni è emersa la notizia secondo cui i servizi d’intelligence ucraini dubiterebbero fortemente che a bordo dell’aereo fosse presente anche Prigozhin. Da parte di Mosca invece hanno confermato la morte del capo della Wagner e del suo vice, responsabile operativo della private military company (PMC).
Dopo la scomparsa di Prigozhin chi comanda nella compagnia Wagner?
È molto difficile rispondere a questa domanda. Lo smembramento della compagnia lascia pensare che ora sia gestita in modo radicalmente diverso e che il governo russo abbia un peso molto maggiore rispetto al passato. In Siria, dove la Wagner era presente dal 2015, già dal 3 luglio di quest’anno secondo fonti arabe la polizia militare russa avrebbe condotto operazioni di repressione per mettere sotto controllo i comandanti delle unità Wagner presenti in quel Paese. Alcuni sono stati fatti rimpatriare e altri sono stati assorbiti dalle forze regolari di Mosca presenti in Siria. In Bielorussia i Wagner sono sotto il controllo di Lukashenko, con il benestare di Putin. L’unico dubbio è capire chi comanda i Wagner in alcuni Paesi africani: penso al Mali, alla Repubblica Centrafricana, alla Libia, al Sudan e alla regione settentrionale del Mozambico. Non sappiamo ancora se anche in questi stati i contractors della Wagner rispondono agli ordini di Mosca, o se mantengono un elevato livello di autonomia operativa nell’ambito di un comando e controllo dello stato maggiore russo. Penso, ad esempio, a lavori di scorta vip, sorveglianza di impianti strategici e addestramento delle forze armate.
Wagner è l’unica compagnia militare privata russa ad essere stata “irregimentata”?
No, è la più grande e famosa, ma ci sono almeno altre quaranta compagnie private in quel Paese e sono state fatte tutte rientrare tutte sotto l’ombrello di controllo del Cremlino. L’intervento di Putin sulla Wagner ha avuto effetti anche su tutte le altre. Insomma, la “marcia su Mosca” ha avuto conseguenze degne di una spy story: la compagnia di Prigozhin è stata smembrata, il suo capo è scomparso e non sappiamo ancora se sia davvero morto in un disastro aereo o se invece sia ancora vivo. Non sappiamo con certezza neppure chi sia stato il mandante dell'”attentato” all’aereo che trasportava l’ex cuoco di Putin. Conosceremo la verità solo tra qualche tempo.
Possiamo dire quindi che la Wagner ha completamente perso la sua autonomia operativa: si è trattato di una sorta di “nazionalizzazione” da parte della Russia?
Sì, il concetto è più o meno quello. Al governo russo stava sfuggendo di mano il controllo della situazione. Se è vero che la “marcia su Mosca” del 23 giugno è stata fermata a circa 350 chilometri dalla capitale, è altrettanto vero che quel “colpo di testa” avrebbe potuto ispirare tentativi di emulazione da parte delle altre quaranta compagnie militari private russe, ad esempio per fare pressioni politiche o militari sul Cremlino: una situazione inaccettabile per Putin, che ha dato “una regolata” a tutti.
Nel mondo c’è una grande proliferazione di compagnie militari private, non solo russe. L’epilogo della vicenda della Wagner deve insegnare qualcosa anche alle forze armate occidentali che si avvalgono dei “servizi” dei contractors?
Le compagnie militari di sicurezza sono nate dopo la fine della guerra fredda e ormai sono migliaia. Ci sono quelle russe, certo, ma non vanno dimenticate quelle statunitensi come la Blackwater, che in Iraq si sono comportate in modo efferato uccidendo civili inermi e che per questo era stata disciolta dal governo USA. Ci sono poi decine di compagnie cinesi che vengono impiegate prevalentemente in Africa a tutela degli interessi di Pechino in quel continente. Insomma, l’epilogo della vicenda Wagner ha acceso l’attenzione sullo modalità operative di queste società private.
Lei ha una solida esperienza all’estero, in particolare in Afghanistan. Ha avuto modo di collaborare con queste società di “sicurezza” private?
Per forza, sono numerosissime. Negli ultimi anni i soldati delle PMC erano tanti quanti quelli dell’esercito americano perché le compagnie private hanno maggior libertà di intervento e se subiscono delle vittime non devono renderne conto a nessuno, né all’opinione pubblica né ai familiari dei caduti. Penso quindi che il settore vada regolamentato con attenzione, sebbene sia necessario fare delle distinzioni. Le private military company sono sostanzialmente di quattro tipologie: deployed system contractors; external theater support contractors; internal theater support contractors; deployed securuty contractors. Come è evidente alle società militari private fa capo anche il personale che si occupa della manutenzione degli aerei militari in patria e all’estero. E questo è un problema: quando verranno forniti i caccia F-16 a Kiev, ad esempio, la manutenzione sarà affidata a compagnie private.
C’è il rischio che questi contractors si vendano al “miglior offerente”?
Le Compagnie Militari e di Sicurezza Private (PMSC) sono sotto il controllo dei rispettivi governi secondo normative nazionali. Appare difficile, quindi, che possano comportarsi come compagnie di ventura medioevali e rinascimentali che si “vendevano” al miglior offerente cambiando schieramento conflitto durante. Ciò, anche perché sarebbe difficile trasferire queste formazioni, e relativi mezzi, dal proprio Paese di origine ad un altro senza essere notate.
Indubbiamente l’ammutinamento della Wagner, e il suo conseguente smantellamento, avranno fornito spunti di riflessione per una migliore gestione delle PMSC da parte dei rispettivi governi. Il 17 settembre 2008, a seguito di un’iniziativa avviata dal governo svizzero e dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, è stato redatto il Documento di Montreux. Si tratta di un documento volto a promuovere il rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani e fornisce ai governi un modello per regolamentare le Compagnie Militari e di Sicurezza Private ogniqualvolta operano in scenari conflittuali. Anche se non è giuridicamente vincolante per i Paesi aderenti, il documento contiene una serie di riferimenti legali a livello internazionale e di buone pratiche per la gestione delle PMSC. Ad oggi hanno aderito all’iniziativa 58 Stati dei 193 riconosciuti dalle Nazioni Unite.
(da Fanpage)
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