CONTAGI E QUARANTENE SVUOTANO GLI OSPEDALI DI MEDICI E INFERMIERI
“TRATTATI COME CARNE DA MACELLO”
“C’è una situazione di grave disagio per gli infermieri che lavorano nelle strutture ospedaliere. I colleghi non sono in grado di garantire la quotidianità della loro attività professionale e lavorano in condizioni pietose. Sono considerati carne da macello”.
A lanciare l’allarme è il presidente del sindacato infermieri Nursing Up, Antonio De Palma, che ad Huffpost racconta le difficoltà di un settore messo a dura prova dall’emergenza pandemica.
Nelle ultime settimane, infatti, sono cresciuti vertiginosamente i contagi da Covid-19 degli operatori sanitari: 6618 solo negli ultimi 30 giorni.
Numeri almeno da triplicare (nella migliore delle ipotesi) se si considerano i colleghi costretti alla quarantena (anche se vaccinati e senza sintomi) perché contatti diretti da positivi.
Tra sanitari infettati costretti all’isolamento fiduciario e contagi in crescita, dunque, sale l’allarme negli ospedali, e diventa sempre più difficile per medici e infermieri gestire i ricoveri ordinari e le terapie intensive.
“Vivevamo già prima una situazione di carenza cronica del personale – spiega De Palma – perché oggi mancano 80mila infermieri nel sistema sanitario nazionale. A questi si aggiungono gli oltre 6mila sanitari infettati nell’ultimo mese, di cui 5mila sono infermieri. La situazione è complicata e si complica di giorno in giorno”.
Il presidente afferma che molti dei sanitari infettati, anche se vaccinati con terza dose, si trovano a fare i conti con un’infezione non sempre lieve e breve, e questo di conseguenza contribuisce ad allungare i tempi di isolamento del personale, gravando sugli ospedali. Ma la situazione rimane complicata anche per gli operatori non infettati, che si trovano comunque a dover lavorare in condizioni molto pressanti. “Doppi turni, infermieri costretti a svolgere attività che non gli competono per sopperire alla carenza di medici, ferie bloccate da un anno e mezzo a questa parte. Gli infermieri e tutti gli operatori sanitari sono stati il motore della sanità italiana, e sulla loro pelle hanno pagato lo scotto di tutto questo. Per loro le ferie non sono un ‘regalo’ di poco conto, ma rappresentano una vera e propria esigenza di ristoro psico-fisico. Tanto più dopo aver lavorato guardando in faccia la morte ogni giorno, anche 20 volte al giorno. Io vorrei che questi politici incompetenti si chiedessero come si sentirebbero se gli venissero negate anche le ferie”.
Di conseguenza, afferma De Palma, anche la qualità del loro lavoro scade, perché “si chiede troppo, si stanno massacrando le persone”.
Il capo di Nursing Up spiega che per tutto il periodo del Covid le assunzioni nel settore sono state fatte “in via temporanea”, con “contratti da precariato”. Per questo molti infermieri hanno rifiutato le proposte di lavoro.
“Chi si presterebbe ad andare in ospedale – aggiunge – dove c’è il Covid in agguato, per sei o nove mesi e poi essere rimandato a casa? ‘Medici e infermieri angeli ed eroi’, dicevano, ma erano solo chiacchiere che devono essere rimandate al mittente. La politica l’ha fatto solo per dare questa immagine alla cittadinanza, ma non ha tutelato davvero questa categoria”.
Il presidente cita l’esempio svizzero. Oltralpe infatti, tre mesi fa, è iniziata una campagna di acquisizione di infermieri italiani, a fronte di una carenza di 11mila operatori sanitari.
“Hanno assoldato delle agenzie e hanno previsto una specie di taglia per chi riesce ad acquisire infermieri italiani, altamente qualificati e che tutto il mondo ci invidia. Circa 6mila euro per ogni nuovo infermiere acquisito. Come ci aspettavamo, molti infermieri in Italia stanno accettando, perché in Svizzera vengono pagati anche 3500 euro al mese. Siamo davvero arrivati a questo punto? Noi abbiamo l’eccellenza infermieristica a livello europeo, e i nostri professionisti se ne stanno andando”.
L’allarme lanciato da De Palma si sposa con quello del presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, che ad Huffpost racconta come anche i medici si stiano trovando ad affrontare una situazione a dir poco pressante.
“La carenza di medici, aggravata dal fatto che il loro processo di formazione è lungo e c’è un limite budget delle assunzioni, quello fissato con il fondo del personale del 2004, sta creando delle difficoltà all’attività lavorativa già sotto stress. Negli ospedali si stanno chiudendo i reparti normali per aprire sempre più reparti Covid, così come le rianimazioni stanno spostando i letti per i pazienti Covid, con uno spostamento di personale. Di conseguenza si riducono i servizi per i pazienti non Covid e si allungano le liste d’attesa.”.
Ma con una situazione pandemica molto diversa rispetto a un anno fa, dal momento che la stragrande maggioranza della popolazione è vaccinata e questo, dati alla mano, fa la differenza, molti esperti stanno suggerendo di ricollocare il personale sanitario sul fronte vaccini, dove le necessità sono più impellenti. L’epidemiologo ed ex assessore alla Sanità della Puglia Pier Luigi Lopalco, per esempio, osserva che “prima della campagna vaccinale tentare di bloccare le catene di contagio era l’unico modo che avevamo per impedire l’intasamento del servizio sanitario. Con una variante che sciama anche fra gli immunizzati dovremmo invece concentrarci per proteggere coloro che da un’infezione possono avere un danno importante, non solo un tampone positivo”.
Per Lopalco, dunque, “la corsa al tampone di questi giorni potrebbe produrre l’effetto paradossale di intasare il sistema di tracciamento, distraendo risorse umane che potrebbero essere usate per accelerare le vaccinazioni e dare a centinaia di migliaia di falsi negativi la patente di andare in giro a contagiare”.
È d’accordo su questo De Palma. Il presidente, tuttavia, lamenta un’organizzazione che dal suo punto di vista ha causato, almeno in parte, gli attuali problemi di gestione della pandemia. “È stato deciso di abilitare alle vaccinazioni i farmacisti, categoria alla quale era prima vietato per legge somministrare – afferma –. Hanno preferito coinvolgere loro chiedendo agli infermieri di spiegargli come si fa, perché loro sono formati per farlo, tanto che il farmacista può somministrare il vaccino solo se ha un certificato di un infermiere. Ma non hanno coinvolto gli infermieri. 450mila professionisti che potevano scendere sul campo a fare le vaccinazioni, e fare tabula rasa di qualsiasi esigenza. Ma per la politica e la burocrazia, evidentemente, è stato più comodo fare accordi con loro”.
(da Huffingtonpost)
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