DA FEDRIGA A FONTANA: LA FRONDA LEGHISTA DEL NORD SI PARLA “IN PRIVATO”
LA BATTAGLIA PER IL SÌ AL GREEN PASS
Si consultano sui problemi delle loro Regioni, discutono della linea (o della “china”) che ha preso il partito e soprattutto decidono insieme le uscite pubbliche. Che non sono casuali perché sono quelle contro il capo, cioè Matteo Salvini.
Ieri il vaccino, oggi il Green pass, domani chissà.
C’è una strategia e un metodo dietro le mosse dei governatori della Lega. La strategia è imporre la linea del Nord, spostare il partito verso il centro più che verso la destra di Giorgia Meloni e un giorno proporre una leadership diversa da quella del segretario passando dai congressi regionali.
Di fatto una corrente interna alla Lega. Il metodo invece è quasi banale: una chat. Il modo più elementare per coordinarsi.
Ce n’è una ufficiale in cui ci sono tutti e sette i governatori della Lega, compresi i salviniani Nino Spirlì (Calabria), il sardo Christian Solinas e l’umbra Donatella Tesei. Ma poi ce n’è almeno un’altra cui partecipano solo i governatori del Nord: Luca Zaia, Massimiliano Fedriga, Attilio Fontana e Maurizio Fugatti.
Si sentono tutti i giorni, condividono le interviste e criticano apertamente l’ala no-Green pass della Lega che si è manifestata la scorsa settimana in Parlamento con i voti con FdI: “La nostra linea non può essere quella di Borghi” è uno dei messaggi degli ultimi giorni. Da qui, la strategia per porre fine alle “sbandate” del segretario e smentirlo pubblicamente.
I fedelissimi di Salvini, che vivono nella costante ossessione della cospirazione contro il capo, parlano di “riunioni carbonare” e si insospettiscono per la sequenza sistematica delle interviste sui giornali dei Presidenti di Regione: “Fanno tutto da soli senza consultare nemmeno Salvini –attacca un big leghista – siccome hanno preso i voti nella loro Regione sono convinti che la Lega sia cosa loro ma non è così. Non possono bypassare Matteo”.
I governatori si sono coordinati spesso nelle ultime settimane: prima hanno deciso di non difendere pubblicamente Claudio Durigon portandolo alle dimissioni, poi a inizio settembre hanno imposto a Salvini il cambio di linea sul Green pass.
Dopo giorni di “no” all’estensione del certificato verde e all’obbligo vaccinale, hanno chiesto al leader una riunione via zoom e il documento che ne è uscito era una concessione totale alla loro linea: sì al pass per i lavoratori pubblici e addirittura sì a “obblighi o costrizioni” in via eccezionale.
La prossima battaglia sarà sull’obbligo del certificato non solo per i dipendenti statali ma anche per i lavoratori del settore privato. Perché questo chiedono ogni giorno gli imprenditori del Nord proprio ai governatori perché “non vogliamo più richiudere”. Anche a costo di imporre l’obbligo del Green pass nelle fabbriche.
E i presidenti, Zaia e Fontana su tutti, devono spiegare loro, con un esercizio di equilibrismo notevole, che la linea della Lega è quella di riaprire in sicurezza e che Salvini “fa così perché deve rincorrere la Meloni ma poi fa il contrario”.
Tant’è che ieri Giancarlo Giorgetti lo ha annunciato dall’Umbria aggiungendo che chi “sta al governo deve assumersi delle responsabilità”.
Poi, dopo le Amministrative, i Presidenti del nord chiederanno i congressi regionali e poi di continuare a sostenere Draghi fino a fine legislatura. A Palazzo Chigi lo sanno che i governatori stanno dalla parte di Draghi. E quindi sfruttano l’occasione per fare terra bruciata intorno a Salvini.
Gli uomini del premier parlano spesso con Fedriga, Zaia e con Giovanni Toti.
Formalmente il triangolo Draghi-Gelmini-Fedriga è istituzionale perché quest’ultimo è il presidente della Conferenza delle Regioni. Ma attraverso di lui, nelle ultime ore, il premier sta tastando il terreno con i governatori del Carroccio per capire cosa ne pensano dell’estensione del pass.
E finora ha ottenuto solo risposte positive . I presidenti di Regione però hanno come punto di riferimento il ministro dello Sviluppo economico Giorgetti, ma anche il responsabile del Turismo, Massimo Garavaglia, che nelle ultime settimane si sta staccando dalla cerchia del segretario. Parlano e poi decidono.
Anche se Salvini non lo sa.
(da Il Fatto Quotidiano)
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