DE LUCA HA TACIUTO SU INCHIESTA E PRESSIONI: DODICI GIORNI DI OMERTA’
IL GOVERNATORE SAPEVA MA NON HA DENUNCIATO
Sapeva, ma non ha parlato.
Già il 29 ottobre scorso Vincenzo De Luca era a conoscenza dell’indagine della procura di Roma che lo accusa di concussione.
E’ lo stesso governatore a rivelarlo pubblicando sul sito della Regione Campania la lettera firmata dal suo legale Paolo Carbone e inviata al procuratore Giuseppe Pignatone con la quale chiedeva di essere interrogato dai magistrati. Nonostante questo l’ex sindaco di Salerno non ha ritenuto di denunciare pubblicamente la presunta minaccia che Anna Scognamiglio — uno dei tre giudici del collegio del Tribunale civile di Napoli chiamato a pronunciarsi sul ricorso per la sospensione degli effetti della legge Severino — avrebbe messo in atto insieme ad altre persone nei suoi confronti: una sentenza sfavorevole se non fosse arrivata la nomina di Guglielmo Manna, marito della Scognamiglio, ad un’importante carica dirigenziale nella sanità campana. Non solo.
Come lui stesso ammette indirettamente, il 29 ottobre De Luca sa anche che il capo della sua segreteria Carmelo “Nello” Mastursi è iscritto nel registro degli indagati.
Le sue dimissioni però arrivano solo il 9 novembre e vengono motivate con un generico “troppo lavoro“.
Ma secondo i magistrati, Manna telefona proprio al braccio destro del governatore per chiedere un’assunzione in cambio di un trattamento di favore nella sentenza.
Mastursi oggi ha lasciato anche l’incarico di responsabile dell’organizzazione del Partito democratico campano.
L’indagine comunque non preoccupa il Pd nazionale, che minimizza: “E’ un atto dovuto, si chiarirà ”. Mentre il governatore nella lettera spiega di aver mantenuto la dovuta riservatezza per un procedimento in corso
In tutto gli indagati dalla procura di Roma sono sette.
Il lavoro dei magistrati capitolino nasce da un’inchiesta dell’Antimafia di Napoli sui rapporti tra camorra, politica e gli affari nel settore della sanità .
L’accusa nei confronti di De Luca è di concussione per induzione (non di corruzione come era emerso in un primo momento), articolo 319 quater: induzione indebita a dare o promettere utilità .
L’iscrizione nel registro degli indagati significa che secondo la procura il governatore, invece di denunciare il presunto ricatto, avrebbe dato seguito in qualche modo alle presunte richieste del giudice Scognamiglio (che rigetta le accuse) e del marito.
La vicenda delle presunte minacce viene descritta dettagliatamente nel capo di imputazione allegato ai decreti di perquisizione.
I magistrati capitolini scrivono che gli indagati, con più “azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, Anna Scognamiglio, magistrato presso il tribunale civile di Napoli e giudice relatore nella fase di merito del ricorso intentato da De Luca contro la sospensione dalla carica di presidente della Regione ai sensi della legge Severino, abusando della sua qualità e dei poteri decisionali, in concorso con il coniuge Guglielmo Manna, e con gli intermediari Poziello e Brancaccio, minacciando De Luca, per il tramite di Vetrano e Mastursi, di una decisione a lui sfavorevole da parte del tribunale con conseguente perdita della carica ricoperta, inducevano il medesimo a promettere a Manna la nomina ad una importante carica dirigenziale nella sanità campana”.
“Condotta reiterata — si legge nel decreto di perquisizione — in occasione dell’udienza tenutasi presso il tribunale di Napoli l’11 settembre scorso avente ad oggetto la legittimità del decreto della presidenza del Consiglio dei Ministri che aveva sospeso De Luca dalla carica di presidente della Regione”.
Il procuratore Giuseppe Pignatone precisa che la sentenza del tribunale di Napoli “non è oggetto di esame da parte della procura di Roma”.
Giudice indagato: “Non conosco De Luca”
In conferenza stampa De Luca si è difeso sostenendo di “non essere a conoscenza di nulla, di nulla, di nulla”. “Leggo di questo Manna: io non so chi sia, dove viva, cosa faccia. Nessuno in maniera pubblica nè privata mi ha mai fatto cenno a questa persona” ha assicurato il governatore, che si è dichiarato “parte lesa, io e l’istituzione”.
Anche il giudice Anna Scognamiglio interviene con una dichiarazione diffusa dal suo avvocato Giovanni Battista Vignola. “L’unico elemento indiziante a mio carico è costituito dal fatto che beneficiario della richiesta illecita rivolta al De Luca sarebbe mio marito il che potrebbe comportare, sul piano astratto, il legittimo sospetto di un mio coinvolgimento nei fatti. Nel mio caso — prosegue — però, un siffatto sospetto non ha motivo di essere poichè, da tempo, i rapporti con mio marito si sono fortemente incrinati tanto da indurmi, già tre anni orsono, a presentare in Tribunale un ricorso di separazione“.
“La convivenza — continua Scognamiglio — era solo formale e dovuta alla necessità di salvaguardare l’equilibrio psichico dei nostri due ragazzi ; insomma vivevamo da ‘separati in casa’”.
Il giudice sottolinea di non conoscere “nè De Luca, nè Mastursi, nè Vetrano con i quali non ho mai avuto contatti di alcun genere, nè, quindi, ho loro mai chiesto, nè potuto chiedere, alcun favore nè per me nè per mio marito”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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