DI MAIO: “CHIEDO SFORZO AI DEM”, MARTINA: “DECIDE LA DIREZIONE IL 3 MAGGIO”
MARTINA: “PASSI AVANTI MA RESTANO DIFFERENZE”… DI MAIO: “ANDIAMO OLTRE LE LOGICHE DI SCHIERAMENTO”
Luigi Di Maio chiede al Pd, ma anche al M5s, di fare un passo avanti per il bene del Paese. Senza rinnegare distanze che, evidentemente, esistono.
Il leader pentastellato propone ai dem non un compromesso, ma un accordo di governo “al rialzo”. E se non si arriverà al risultato, non resterà che tornare alle urne. Con la personale certezza, sottolinea Di Maio, che il M5s crescerà ancora.
Questa la sintesi del pensiero del candidato premier del M5s dopo la seconda consultazione con il presidente della Camera Roberto Fico. A esprimere la posizione del Pd, due ore prima, era stato Martina: “Passi avanti importanti, ma restano differenze. Decideremo in direzione”.
“Dobbiamo abbandonare il vocabolario della prima e seconda Repubblica – esordisce Di Maio – e nella terza Repubblica non ci sono alleanze tra le forze politiche, che fanno un passo indietro. Abbiamo il 32 per cento. Non siamo autonomi e quindi stiamo cercando di portare a casa un buon contratto di governo al rialzo, non al ribasso”.
“Potevamo fare anche noi gli interessi di parte, potevamo fare come la Lega – spiega ancora il leader pentastellato -. Ma io non vedo l’ora di mettermi al lavoro” sui problemi dei giovani, degli anziani, delle famiglie e delle imprese, dice Di Maio. “Credo – insiste – che dal voto del 4 marzo siano uscite delle richieste sui problemi dei pensionati rispetto alla legge Fornero, i problemi del precariato rispetto alle leggi sul lavoro, problemi legati a insegnanti che devono fare mille chilometri per andare a lavorare, problemi sulle grandi opere inutili”.
Quindi, l’invito a fare un passo avanti, guardando non solo al Pd ma anche in “casa”. “Io capisco chi tra i nostri dice ‘mai col Pd’, come capisco chi tra gli elettori del Pd dice ‘mai con il M5s’. Ma qui non si è mai parlato di andare con qualcuno. Qui si sta parlando non di negare differenze anche profonde. Stiamo semplicemente cominciando a ragionare in un’ottica non di schieramento. E’ un’opportunità , questa diciottesima legislatura. Se si riescono a fare le cose bene, altrimenti si torna al voto. E se si torna al voto io sono convinto che il Movimento 5 stelle ne uscirà rafforzato”.
Poi una bella bordata a Silvio Berlusconi, che ieri, 25 aprile, nonostante i continui richiami di Matteo Salvini a finirla con gli insulti, ha paragonato l’ascesa del M5s agli occhi degli italiani a quella di Hitler per gli ebrei, un “pericolo per il Paese”.
Ed ecco la replica di Di Maio: “Bisogna mettere mano a questo continuo conflitto di interesse che c’è in Italia. Penso ad esempio al fatto che Berlusconi usando le sue tv continua a mandare velate minacce a Salvini”.
Un paio di ore prima, Fico e il Pd, atto secondo. Il presidente della Camera e la delegazione dem guidata dal reggente Maurizio Martina, si sono ritrovati questa mattina a 72 ore di distanza dal loro primo incontro.
Tre giorni in cui i vertici del Movimento e quelli del Pd hanno dovuto far fronte soprattutto ai reciproci malumori interni: militanti in rivolta, malumori tra i gruppi dirigenti, accordo sì, accordo no.
Per adesso, a prevalere nel Pd sembra essere la linea del dialogo: una convergenza che potrebbe, a quasi due mesi di distanza dalle elezioni, dare un governo al Paese. Ma le divisioni di fondo nel partito su una alleanza di governo con i 5Stelle restano. Sarà decisiva la direzione del Pd convocata per il 3 maggio.
“Ci sono stati passi avanti”, dice il reggente del Pd alla fine dell’incontro con Fico. Ancora: “In particolare rispetto ad una richiesta fondamentale che avevamo avanzato e ciò che si chiude definitivamente una fase, quella della trattativa tra M5s e Centrodestra”.
Poi parla del lavoro all’ordine del giorno nella prossima direzione del partito: “Abbiamo deciso di convocare la direzione nazionale Pd il 3 maggio prossimo per decidere se e come accedere a questo confronto con i 5s da comunità collettiva. Insieme discutiamo e poi insieme lavoriamo”.
Una chiosa arriva da Andrea Marcucci, capogruppo dem al Senato e vicino a Renzi: “Se il dialogo partisse, la nostra base sarebbe il programma in 100 punti del Pd”.
Centrale sarà il fattore tempo. I Cinque Stelle potrebbero chiedere a Mattarella di allungare il mandato esplorativo affidato al presidente della Camera per poter permettere al Pd di affrontare tutti i passaggi interni che consentano di arrivare a una decisione.
Tempo che i Cinque Stelle potrebbero utilizzare per una sorta di sondaggio lampo tra gli elettori che consenta di valutare, senza l’approssimazione fornita dalle reazioni social, l’indice di gradimento di un accordo di governo con gli ex avversari.
Un percorso che però potrebbe essere complicato proprio dai trascorsi tra i due partiti.
(da agenzie)
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